Kristoff non s’è fermato a Sanremo



Un anno fa la Classicissima l’ha lanciato, oggi il velocista norvegese è un campione: «Tifo Juve, ho amato Del Piero» 

Ciro Scognamiglio, La Gazzetta dello Sport
cscognamiglio@gazzetta.it twitter@cirogazzetta

Una buona parte del mondo, ciclistico e no, ha scoperto Alexander Kristoff alla Milano-Sanremo di un anno fa. Thor Hushovd, no. Lui ne aveva fatto la conoscenza sette anni prima e si era incavolato di brutto. Era andata così: campionato norvegese in linea 2007, Hushovd già campione affermato (tre anni dopo avrebbe vestito la maglia iridata), Kristoff imberbe sbarbatello di neppure 20 anni. Ri- sultato: Hushovd secondo e sverniciato in volata, Kristoff primo e in paradiso. Ah, la premiazione cominciò in ritardo. Non trovavano Hushovd, che di salire sul palco non aveva alcuna voglia.

SCENA 
Adesso la Sanremo è lì che aspetta di nuovo Kristoff. Dorsale numero 1, riflettori accesi. Il bis consecutivo non riesce da Zabel 2000-2001. E negli ultimi 7 anni la Classicissima si è concessa a 7 spasimanti diversi. Ma il norvegese si cura poco di tutto questo. Anche alla recente Parigi-Nizza ha timbrato il cartellino della vittoria, dopo aver spremuto 4 successi a febbraio tra Qatar e Oman. Il compagno Luca Paolini — esperienza di Sanremo, in una scala da uno a dieci, 11 — giura: «Nessu- no come lui in gruppo mi ricorda il miglior Petacchi. Potente, resistente, veloce». E allora... 

LEADER 
Le responsabilità non spaventano Kristoff. Il Tour de France 2014 vale da fulgido esempio. Il norvegese si presentò a Leeds, per la grande partenza inglese, sofferente per una tendinite. All’esterno non lo sapeva nessuno. La Katusha è una squadra russa e tra i compagni di squadra, a scalpitare, c’era Alexander Porsev, fresco di titolo nazionale e catapultato con ambizioni sulla ribalta più importante al mondo. «In queste prime tappe devi darci garanzie — era stato il discorso del team a Kristoff —, altrimenti sarà Porsev il nostro leader nelle volate». Il norvegese strinse i denti, non vinse subito ma dimostrò di esserci. Morale: è arrivato a Parigi con 2 vittorie di tappa e il 2° posto nella classifica a punti

La biografia in pillole della sua vita saltò inevitabilmente fuori dopo aver sbancato Sanremo lo scorso anno: mamma medico, papà commentatore televisivo, i rapporti tra di loro non vanno bene, si separano, ed è questa la causa indiretta dell’essere ciclista di Kristoff, visto che fu il patrigno a metterlo in bici (e che lo segue ancora come allenatore). Da allora è passato un anno, una classica-monumento ti regala l’immortalità ciclistica e un bel po’ di quattrini ma Kristoff non è cambiato e soprattutto non ha voluto lasciare la sua Stavanger, dove vive con moglie e figlio. Non la lascerà mai e ci ha spiegato perché: «Ho tutto lì, c’è la mia vita. Non c’è neve e fa freddo in inverno, certo, ma non più del Belgio. Magari non è molto famosa Stavanger, ma ci sono dei bei panorami, a maggio un bel festival internazionale di jazz, nel 2008 è stata capitale europea della cultura».

TIFO 
Chi frequenta le strade del Tour de France avrà notato negli ultimi anni la crescita esponenziale dei tifosi norvegesi a bordo strada. «Prima il ciclismo non era così diffuso. Siamo stati fortunati. Prima Hushovd, poi Boasson Hagen, ora io. Anche in tv nel mio Paese il nostro sport si vede tanto. Ci sono molte più nazioni competitive rispetto a prima, così è più bello». Sempre in tema di sport, fra le sue passioni c’è il calcio. E spunta un beniamino a sorpresa. «Mi piace guardare il calcio soprattutto dal vivo. E ho simpatia per la Juventus perché amavo Del Piero. Che fuoriclasse! Una volta sono pure andato allo stadio, a Torino, a vedere una partita dal vivo. Nella Juve giocava anche Ibrahimovic. Che coppia quei due!». 

CARRIERA 
È lungo i quasi 300 chilometri da Milano a Sanremo che la carriera di Kristoff ha svoltato. Quasi a scoppio ritardato si è «scoperto» che prima aveva vinto un bronzo olimpico (a Londra 2012), che era arrivato quarto al Giro delle Fiandre e nono alla Parigi-Roubaix. L’effetto sorpresa adesso è svanito. Ma non la forza del norvegese. Che annusa l’aria delle strade che lo hanno consacrato e sorride sottotraccia. Ha una voglia matta di rifarlo. E togliere magari definitivamente ogni dubbio a chi pensava fosse un plebeo che poco ci azzeccava con la cristallina nobiltà della Classicissima.

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