Giro2015: più completo del Tour

di SIMONE BASSO, Il Giornale del Popolo

Edizione numero 98 del Giro, si parte dalla Riviera dei Fiori per un tracciato quasi interamente tricolore con l'eccezione della tappa di Lugano. Corsa rosa che, rispetto alla concorrenza ASO (Tour e Vuelta, ricchi e poveri), è stata disegnata in maniera più logica e classica. Più chilometri a confronto con la Grande Boucle-sprint di quest'anno, 3482 rispetto ai 3344 della "Festa di Luglio", e adatta dunque ad atleti completi: fondo, passo, salita e crono.

Vegni e Allocchio, gli organizzatori, hanno voluto mettere l'accento - agonistico - su una concezione diversa dello spettacolo ciclistico. Nei cosiddetti tapponi, le salite più impegnative saranno il penultimo ostacolo prima dell'arrivo. Si vuole evitare l'andamento tattico monodico di tante (troppe) frazioni di montagna dell'evo moderno, caratterizzate dall'immancabile fuga di coraggiosi fuori-classifica e dall'attesa, estenuante, dei ras sull'erta conclusiva. Il resto dell'offerta è interessante anche per i cacciatori di soddisfazioni parziali, non mancando il terreno (e il personale) adatto al compito. 

Alberto Contador è il favorito. Sulla strada (...) in passato si è già imposto due volte su due partecipazioni; il madrileno - nel bel mezzo di una stagione controversa per la Tinkoff-Saxo (tre sole vittorie fin qui e l'allontanamento del manager Bjarne Riis) - ha le motivazioni giuste per imporre la sua legge. Sarà affiancato da uno squadrone: Kreuziger, Basso, Rogers, Paulinho, etc.

Sulla carta il matador più autorevole del torero è Richie Porte. Il tasmaniano, che cominciò la sua carriera europea proprio in Italia, in Toscana, è reduce da un incipit trionfale di 2015. Parigi-Nizza, Volta Catalunya e Giro del Trentino vinte in successione; passista-scalatore brillante, eccellente contro il tempo, dovrà farci capire se - compiuti i trent'anni - ha nelle gambe le tre settimane. Lo supporta un Team Sky notevole (Henao, Koenig, Siutsou, Kiryienka...), a confermare l'impressione che questo Giro richieda - per la complessità della sfida - luogotenenti di alto livello.

Le speranze italiane sono riposte soprattutto su Fabio Aru, terzo l'anno scorso e protagonista pure alla Vuelta 2014. L'avvicinamento del sardo è stato problematico, alle prese con una gastroenterite che ne ha ritardato (o forse compromesso...) la preparazione. Il ventiquattrenne di San Gavino Monreale, grimpeur e regolarista di qualità, avrebbe le caratteristiche tecniche per sparigliare le carte nel duello tra Contador e Porte.
Segnaliamo all'Astana, nella penombra del gregariato, le doti di Diego Rosa e Mikel Landa: se Aru non ritrovasse la forma, potrebbero meravigliare gli appassionati.

Il pokerissimo si completa con Rigoberto Uran Uran, abbonato al podio finale, due piazze d'onore nel 2013 e nel 2014, e con l'ambizione e lo chassis richiesti per salire di un gradino. Anche se, al recente Tour de Romandie, salendo verso il lago di Champex, la sua performance ha destato qualche perplessità.

Gli outsider, le maschere, che vorrebbero diventare attori protagonisti?
Innanzi tutto "Pollicino" Pozzovivo, scalatore-mignon che sogna almeno un posto fra i primi cinque della generale. La sua AG2R La Mondiale vive la situazione curiosa di Carlos Betancur: un fenomeno con la testa matta che, dal Marzo 2014, quando fece sua la Parigi-Nizza, ha fatto l'impossibile per buttare alle ortiche il suo talento.

Altri nomi da sottolineare, alcuni doverosi (Van Den Broeck e Hesjedal), altri più o meno sorprendenti (Atapuma, Paterski, Niemiec, Intxausti) col bonus della lente d'ingrandimento su Ilnur Zakarin, fresca maglia gialla al Romandia.

La mancia è una lista qualificata di classicomani (Boonen, Gilbert e Gerrans bastano?), velocisti puri o resistenti (Greipel, Matthews, Mezgec, Hofland, Viviani, Nizzolo...) e personaggi in cerca di riscatto o di una ribalta (il rientrante Ulissi, Cunego, Luis Leon Sanchez, Battaglin...).

Il drappello rossocrociato è ai minimi termini (tre corridori) ma interessante: se Dillier in BMC dovrà aiutare i capitani, il bimbo prodigio Stefan Kueng esordirà senza grandi responsabilità in un Grande Giro. Lecito attendersi poco da un ventunenne, però il soggetto rifugge spesso il concetto di normalità, mentre osserveremo (nella IAM Cycling) l'adattabilità di Reichenbach alle pendenze severe del Giro. 

Che comincia con una cronosquadre sulla (bellissima) pista ciclabile - tutta sulla costa - che porta da San Lorenzo al Mare a Sanremo. La quattro giorni ligure copre l'intera regione, da Ponente a Levante.
Formidabile segno dei tempi del Bel Paese il Giro, la quarta frazione Chiavari-La Spezia - per esempio - vedrà l'intervento del nuovo asfalto solo per i tratti in discesa: i tagli ai bilanci impongono una fantasia tutta italiana.

Abbiamo individuato sei giornate chiave per cullare l'ambizione rosa, con l'asterisco dei pomeriggi che si prestano ai ribaltoni (la Benevento-San Giorgio del Sannio, il 17 Maggio, è una Liegi-Bastogne-Liegi).

Mercoledì 13, La Spezia-Abetone, primo traguardo all'insù, e il 16 la Fiuggi-Campitello Matese, classico approdo in quota molisano, costituiranno un antipasto delle montagne che verranno.

Il sabato successivo, la quattordicesima tappa Treviso-Valdobbiadene, dedicata al grande Nani Pinarello (imprenditore della bici), inaugurerà la fase decisiva della contesa. Trattasi di una cronometro individuale esigente (59,4 chilometri) che metterà in riga i pretendenti al successo.

Il dì dopo (Marostica-Madonna di Campiglio) è già tempo di Dolomiti, col Passo Daone (corto e perfido) che anticipa l'epilogo. Nell'ambito della nostalgia pantaniana, il Giro ripercorre diversi luoghi della sua odissea sportiva: martedì 20 Maggio, la sedicesima tappa Pinzolo-Aprica propone il (suo) Mortirolo, la vetta più dura d'Europa nonchè il momento - nel 1994 - che lo rivelò al pubblico.

Lo sconfinamento in Canton Ticino del giorno seguente, oltre che un'opportunità per le ruote veloci sopravvissute, si lega a un altro ricordo di Pantani, ovvero la crono del 1998 che gli consentì di distanziare definitivamente il rivale Tonkov. Un passaggio fondamentale, quella volta, che Pantanology - la setta di fanatici che ne sfrutta l'immaginario - evita accuratamente di approfondire.

L'uno-due che chiuderà le danze è rappresentato dalla Gravellona Toce-Cervinia, infinita (236 km), e dalla Saint Vincent-Sestriere, l'appuntamento sullo sterrato con gli indiani (e i fantasmi di ventuno giorni di fatiche..) che popoleranno il tremendo Colle delle Finestre.

Sabato 30, dalle parti della Via Lattea, conosceremo chi sfilerà col rosa definitivo per le strade di Milano (Expo gratias), che torna a essere il gran finale dopo tre anni (di incomprensioni e disamoramento). 

I Giri col cinque, dal dopoguerra in poi, ci conducono sulla giostra dell'amarcord.
Vent'anni fa l'ultima affermazione elvetica, in un'epoca esagerata, cyberpunk, con Tony Rominger. Il tre volte vincitore della Vuelta dominò un Giro massacrante, durissimo, comandando (lui e una super Mapei) dalla seconda semitappa della vernice (la Foligno-Assisi contro il tempo) fino alla chiusura meneghina.

Malgrado le differenze temporali, il 2005 e il 1975 paiono edizioni gemelle. Caratterizzate infatti da coup de théatre sorprendenti, con i predestinati alla vittoria (Ivan Basso e Giovanni Battaglin) che crollarono favorendo, indirettamente, Savoldelli e Bertoglio. Che si salvarono per una manciata di secondi, in un braccio di ferro appassionante, dagli attacchi à bloc degli avversari: Simoni, lungo il Finestre, e Galdos, scalando lo Stelvio.

L'85, sceneggiatura moseriana di Vincenzo Torriani, rimane uno dei Giri più brutti di sempre; con la beffa (meritata) del terzo sigillo di Bernard Hinault. Abbuoni generosi, agonismo sopito e gipiemme addolciti: il ritratto di un movimento italiano, provinciale, a quei tempi in pieno Medioevo.

Se nel 1965 si vide il miglior Vittorio Adorni di sempre, con l'assolo irresistibile nella Saas Fee-Madesimo, il '55 è un pezzo di storia. L'ultimo volo della generazione d'oro del ciclismo italiano. Quando il giovane Nencini, con le insegne del comando e a un passo dal trionfo, forò sulla ghiaia (...) che portava a San Pellegrino Terme, i vecchi dioscuri Magni e Coppi si coalizzarono per un leggendario putsch. A Fausto andò la frazione, a Fiorenzo la classifica e a Gastone, in lacrime, un pugno di mosche e il futuro.

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