I 44 giorni di Brian Clough al Leeds


31 luglio - 12 settembre 1974, e il calcio inglese non fu più lo stesso. Con l'Inghilterra per la prima volta fuori dai mondiali, Don Revie dopo 13 anni lascia il Leeds United per la nazionale. E al club oggi di Cellino arriva Brian Clough, l'odiato rivale di sempre. Quarant'anni dopo, quel “Maledetto United” ancora fa discutere

di Christian Giordano ©
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Cover story. Ancora oggi, 40 anni dopo. Per sempre. Merito, o colpa, anche del film Il maledetto United (2009), tratto dall'omonimo romanzo factional di David Peace (2006). L'importante però è saperlo. La specifica di narrativa nella prima edizione non c'era, e il neologismo – da fictional, immaginario, ma basato su facts, fatti realmente accaduti – ancora non era di moda. C'è voluta una causa del «fottuto irlandese», come Brian Clough chiamava John Giles, il cervello di quel mai suo “Dirty” Leeds e uno dei pochi ancora in vita, per obbligare l'editore Faber and Faber a rivisitare il testo e ad apporla in copertina, quella parolina. Romanzo. Maledettamente verosimile, ma molto, molto fictional.

MALEDETTAMENTE POCO VERO

Ma perché ancora tanto clamore sulla rivalità fra due grandi manager scomparsi però da decenni, Don Revie (1989) e Brian Cough (2004)? Per un club inglese di provincia, per quanto storico, che dal 1º febbraio 2014 è al 75% di proprietà – tramite la Eleonora Sport Ltd. – dell'ex patron del Cagliari, Massimo Cellino, uno che nel 2010 ci aveva già provato col West Ham United? E per un libro che l'autore stesso vorrebbe «non aver mai scritto»? Perché Il maledetto United è molto più che Cenerentola (non) invitata al gran ballo, o il brutto anatroccolo che si tramuta in cigno. Perché Peace su carta e Tom Hooper per immagini, sulla sceneggiatura di Peter Morgan raccontano l'eterna lotta tra il Bene e il Male, ascesa e caduta, fedeltà e tradimenti, perdizione e redenzione, passione e amicizia. In tre parole, Cloughie contro Revie. E se vi sembra roba affascinante ma lontana, pensate all'Allegri post-Conte, al Mourinho post-Mancini, al Benítez post-Mou prima e post-Mazzarri poi, al Moyes post-Ferguson, al Guardiola post-Heynckes. O anche solo all'inimicizia – feroce – tra gli stessi Mou e Pep.

COSÌ VICINI, COSÌ LONTANI

Nati nello stesso quartiere di Middlesbrough, vicino all'Ayresome Park – il vecchio stadio del Boro e di Italia-Nord Corea '66 – Brian Howard Clough (1935-2004) e Donald George Revie (1927-1989). Stesse umili origini e la medesima, quasi insana – specie per l'epoca – passione per il calcio. 

Sesto dei nove figli di Joe, negoziante di dolciumi alla Garnetts Factory sulla Valley Road, Brian lascia la scuola a 15 anni. E prima del Middlesbrough, su consiglio di mamma Sally entra alla ICI, all'inizio come operaio e poi come impiegato nel cementificio di Casebourne. Lasciato il Boro nel '61, dopo 204 gol in 222 partite, passa al Sunderland per 45.000 sterline, ripagate con 63 reti in 74 gare e il ginocchio destro saltato per sempre. A 29 anni. 

Persa a 12 anni la madre Margaret malata di cancro, Don era invece cresciuto in povertà col padre, Donald Sr, lavoratore a giornata. E al Middlesbrough Swifts sotto la guida di Bill Sanderson, il suo primo allenatore. I rudimenti del gioco però li aveva appresi giocando con una palla di stracci nel cortiletto dietro casa. Nessuno, e tantomeno Revie, già apprendista muratore, pensava potesse farne la sua professione. Nemmeno quando, nell'agosto '44, firma per il Leicester City, dove un compagno, Sep Smith, diventa il suo secondo mentore. Il primo a spiegargli i veri precetti del mestiere: il senso della posizione; mai dribblare l'avversario se puoi saltarlo più facilmente con un passaggio; non è il portatore di palla il pericolo, ma chi è in posizione per riceverla; e lo scopo è avere sempre un compagno libero da servire sulla corsa. Così tutto diventava semplice, nel calcio la cosa più difficile. Nel '49 è il capitano ma la finale di FA Cup, persa 3-1 a Wembley contro i Wolves, l'ascolta per radio in d'ospedale per un'epistassi vecchia di una settimana e così grave da metterlo in pericolo di vita, poi spezzata a 61 anni dalla SLA. 

IL MAI PLACIDO DON

Revie giocherà fino al 1962, l'anno nero di Clough. Nel 1949 lascia per mancanza di ambizioni societarie il Leicester City e per 20.000 sterline e tanto sentimento scende in Secnd Division, all'Hull City di Raich Carter, suo idolo d'infanzia. Due anni dopo, per 25.000, risale in First firmando per il Manchester City, con cui conquista le sue uniche 6 caps (con 2 gol) nell'Inghilterra, prima di chiudere con due stagioni al Sunderland (per 22.000 pounds) e quattro al Leeds United (12.000), il club della sua seconda vita. Nel 1958, al suo ultimo trasferimento, le 79 mila sterline spese in totale per il suo cartellino sono un record nel calcio inglese. 

THE REVIE PLAN

Ma più che per le cifre, il Player of the Year 1955 viene ricordato per il Revie Plan, il ruolo di centravanti arretrato che Les McDowall gli cuce intorno. Per illustrarlo, Revie impiega venti pagine della sua autobiografia, Soccer's Happy Wanderer (“Il felice vagabondo del calcio”). Mai mezze misure con lui: uno dei più geniali strateghi del football britannico, o il padre del cinismo moderno. Falso nueve prima ancora che lo inventassero, anche se meno spettacolare dell'originale, Nándor Hidegkuti, il centravanti tattico della grande Ungheria anni '50. Oppure «allenatore geniale, ma attanagliato dalla paura», secondo Gary Sprake, suo ex portiere-saponetta al Leeds. 

SFIDA A DISTANZA
È seguendo da lontano l'ascesa di Revie che in Cloughie matura il livore di cui si nutre il mito de Il maledetto United. Compiuto l'apprendistato nello staff tecnico del Sunderland, nell'ottobre 1965 accetta la panchina dell'Hartlepools United, Quarta divisione. Cme vice chiama l'unico amico mai avuto, Peter Taylor, suo ex secondo portiere al Boro che all'epoca allena nei dilettanti, al Burton Albion in South League, per un triennale da 41 sterline la settimana. Una più di Clough, che può offrirgliene solo 24, ma 200 gliele mette Brian di tasca sua. «Vengo. Ma solo perché sei tu». 

Clough gira ogni circolo di minatori e tutti i pub della città per raccogliere fondi, .usa la moglie per battere a macchina, xxxxxx. E dopo un 18º e un ottavo posto, più il tetto di una tribuna nuovo, riflettori moderni e bilanci in ordine, nel 1967 la coppia fa il grande salto al Derby County, modesto club di bassa Second Division: a Brian vanno 5000 sterline, a Pete 2.500; più 70.000 da spendere in nuovi giocatori. Il primo anno altro 18esimo posto, una posizione peggio di quella costata la panchina a Tim Ward e due più sotto di quanto promesso da Clough davanti a taccuini, microfoni e telecamere al Rotary Club. E tutto questo mentre l'Hartlepools di Angus (Gus) McLean torna in Terza Divisione, anche se poi ci resterà solo una stagione e come Hartlepool AFC (senza s), in seguito alla fusione tra i quartieri Hartlepool e West Hartlepool.

Il secondo anno – con gli innesti di Roy McFarland, Archie Gemmill, Colin Todd, David Nish e John O'Hare – i Rams però vincono il campionato e tornano in First Division dopo 16 anni, con 7 punti sul Crystal Palace secondo e un'imbattibilità di 22 partite. 

INCONTRO-SCONTRO

La vera svolta, però, c'era già stata il 27 gennaio: III turno di FA Cup, contro il Leeds United di Don Revie. Uno dei 17 falsi storici conclamati de Il maledetto United, anche se per Pat Murphy, il più attento biografo di Clough, «sono così tanti da averne perso il conto». Nel film, il presidente Sam Longson già gongola per il potenziale incasso con una big al Baseball Ground, e saputo del sorteggio offre per telefono la cena a Brian, Peter e famiglie. In realtà quel turno si giocò all'Elland Road, mentre a Derby il Leeds aveva sì giocato, ma dieci giorni giorni prima e in Coppa di Lega. La certosina sistemazione di campo, spogliatoi, uffici e stadio imposta da Clough per fare bella figura contro i «campioni» risale quindi a quella semifinale di andata. Solo che campione d'Inghilterra quel Leeds lo sarà 18 mesi dopo, stagione 1968-69.

CLOUGHIE NON DIMENTICA

Risale al primo di quei tre scontri diretti in 22 giorni (dal 17 gennaio al 7 febbraio) anche la presunta mancanza di rispetto di Revie, che nel suo consueto rituale scaramantico da trasferta di coppa – squadra fatta scendere dal pullman a 500 metri dallo stadio e “passeggiata” a piedi tra i tifosi avversari – finge di non riconoscere Clough, non gli stringe la mano (lo fa solo con Taylor e col preparatore atletico Jimmy Gordon) e a fine partita lo snobba saltando il tradizionale drink nell'ufficio dell'allenatore ospitante. Da lì in poi Cloughie vivrà come in una bolla l'ossessione vendicativa verso il Dirty Leeds di Revie e quel loro gioco “sporco”, fatto di simulazioni, colpi bassi, pressioni su arbitro e media e altri mezzucci meschini, come il fingere di avere problemi ai tacchetti per avvicinarsi alla panchina e chiedere consigli tattici. Per questo e molto altro nessuno avrebbe mai pensato a Clough per il dopo-Revie. Nessuno tranne il presidente Manny Cussins: «Io l'ho voluta perché la ritengo il miglior giovane allenatore d'Inghilterra». «Veramente, io sono il migliore anche degli anziani». Special One, se mai ne è esistito uno.

«CHEATING BASTARDS»
Nella Coppa Campioni '72-73 il piccolo Derby elimina Benfica e Spartak Trnava e arriva addirittura in semifinale, contro la Juventus. E quella, non gliel'ha mai perdonata, Cloughie: alla Juve e all'arbitro tedesco Gerhard Schulenburg, che Taylor ha beccato confabulare in spogliatoio all'intervallo col connazionale bianconero Helmut Haller. Per i severi, secondo lui mirati, gialli ai diffidati Roy McFarland e Archie Gemmill, e invece risparmiati sui duri tackle degli juventini. Il rifiuto poi di parlare ai giornalisti italiani con quel «cheating bastards», ladri bastardi, ha fatto storia. E continua a farla.

PETE NON LO SA

Lì però finisce quella d'amore tra Sam Longson, lo Zio Sam come lo chiamava Cloughie, il figlio che il presidente non aveva avuto, il prediletto. Quello per cui faceva differenze, e che pure ripudierà.

Nel consiglio Clough e Taylor hanno sempre avuto nemici influenti: Bradley, Payne, Turner, Bob Kirkland. Ma l'ultima parola spettava sempre allo Zio Sam. E anche se Pete non lo sa, il consiglio offre nuovo contratto e aumento di stipendio a 15.000 sterline l'anno solo a Cloughi. Il doppio di quanto prende l'Arcivescovo di Canterbury. «Io posso solo dire che lo stadio di Derby è pieno, e le chiese vuote».

Ma mentre la serpe in seno, il nuovo segretario Stuart Webb – che Clough stesso ha nominato – fa il doppio gioco e spiffera tutto a Pete, che poi reclamerà la propria «fetta di torta», l'ultima goccia per Longson è il trasferimento-record di 225.000 sterline per David Nish, prelevato dal Leicester City senza consultare i dirigenti. Come fatto per l'offerta, poi declinata, per l'icona Bobby Moore del West Ham United. Come non bastasse, ecco l'intemerata di Cloughie contro i suoi stessi tifosi dopo lo storico 2-1 sul Liverpool del 1972: «Hanno cominciato a cantare solo verso la fine, quando eravamo avanti di un gol. Io voglio sentirli cantare quando stiamo perdendo. Sono vergognosi». Se vi viene in mente il Mourinho post 2-1 del suo Chelsea sul QPR del 1º novembre 2014, non siete fuori strada: «È difficile per noi giocare in casa, perché è come giocare in uno stadio vuoto. Invece era pieno, ed è questo che è frustrante».

Cloughie annusa che la festa è finita. I dirigenti pretendono che ogni sua ospitata in tv e le sue rubriche siano preventivamente autorizzate dal consiglio del Derby. E lo Zio Sam gli chiude i rubinetti: niente più chiavi dell'auto, delle case di villeggiatura e dell'armadietto degli alcolici del presidente, niente più portafogli e cassaforte. O noi o loro, il senso della lettera di dimissioni di Clough e Taylor. Il presidente scelse «loro», i membri del consiglio. I tifosi firmarono in migliaia una petizione ed esposero striscioni come lo storico «Clough In, Directors Out». La squadra minacciò di scioperare e scrissero una lettera affinché il consiglio li faccia riassumere. Non la firmò Mackay, ma perché – a differenza di quanto raccontato nel film – lui nel Derby campione non c'era. Dopo la promozione, era stato allenatore-giocatore allo Swindon Town nel 1971-72 e l'anno dopo allenava il Nottingham Forest. E lì restò fino all'ottobre '73, quando tornò al Derby. Nessun tradimento da parte di Mackay, quindi. Ma perché rovinare una bella storia con la verità? Perché, senza, sarebbe un'altra storia. Anche perché il Derby non aveva alcuna intenzione di riprenderli, Clough e Taylor, già accasati in Terza Divisione, al Brighton & Hove Albion del munifico presidente Mike Bamber e del suo vice, Harry Bloom. Venti percento in più del loro vecchio ingaggio al derby più 7.000 sterline di bonus alla firma. 

«Stipendi da prima divisione», nicchia Clough. 
«È dove vogliamo portare questo club», affonda Bamber. 
«Lei è sicuro di poterseli permettere?». 
«Lei è sicuro di valerli?».
«Cheeky sod» (“Stronzo”). 
Sorrisi, strette di mano. Firme. Ma la mente di Cloughie è sempre là, al Leeds United. Il maledetto United, che però adesso non è più di Revie. Pete invece no, aveva dato la parola e Pete resta là, al mare, in Terza Divisione.
«Costruiamo qualcosa insieme, qualcosa di nostro», gli dice.
«Il tuo problema è che non hai ambizione», ringhia Cloughie. 
«E sai qual è il tuo, è che tu ne hai troppa».
«Senza di me saresti niente. Non farai mai la storia, Peter Taylor». Invece la faranno insieme. Due volte. Al Derby e poi al Nottingham Forest, portato dalla II divisione a due Coppe dei Campioni in fila.

STANNO ARRIVANDO

Cloughie a Derby come Revie a Leeds. Al loro arrivo non c'era tradizione, e se c'era era preistoria. Derby città di cricket, Leeds di rugby. Dopo quei due, di calcio. Al Baseball Ground, Cloughie trovo solo ricordi sbiaditi e fece sparire anche quelli: via le foto di Jack Nicholas, Raich Carter (sì, l'idolo di Revie) e Peter Doherty che nel '46 vinsero la FA Cup. All'Elland Road, farà lo stesso: via tutto ciò che “era” Revie; anche se la scena della scrivania fatta a pezzi con l'ascia e bruciata è puro fictional. E se vi sembra roba affascinante ma lontana, pensate al Benítez che fa tirar giù le icone del triplete.

Per Clough un allenatore non è mai così forte come nelle prime tre settimane nel nuovo club. Scadute quelle, al Derby licenzia 16 giocatori, il capo degli scout, 4 addetti alla manutenzione, segretaria e vicesegretaria, un paio di impiegati e le signore del tè (perché colte a ridere dopo una sconfitta). Il lavoro sporco, del resto, era roba sua. Pete aveva occhi e orecchi, ma stomaco e attributi li aveva Brian. 

L'anno dopo, tiene gente come Kevin Hector e Alan Durban, ma prende John O'Hare, Roy McFarland e Alan Hinton e il Derby County ritrova la First Division inseguita dal 1953. A fare la differenza però è la più grande intuizione di Taylor, la mente tattica di Clough. L'uomo che gira in incognito il paese per studiare avversari e setaccia le serie minori per scovare talenti sconosciuti e quindi poco costosi o veterani in cerca di un'altra chance. 

Il suo colpo del secolo, per 5.000 sterline, si chiama Dave Mackay. Sì, quel Mackay della celebre foto del 20 agosto 1966 in cui, al White Hart Lane in maglia Tottenham, prende per il colletto Billy Bremner del Leeds. Sì, quel Bremner che Revie considerava un secondo figlio e che per Don si sarebbe buttato nel fuoco. Una vita da mediano sinistro agli Spurs, Mackay aveva un presente da commerciante di cravatte a Londra e un futuro prossimo, sottoscritto al 99%, da giocatore-allenatore degli Hearts, il suo primo club in Scozia. Su quell'1% scommettono Cloughie & Pete, che senza avvertire lo Zio Sam (Longson) si fiondano a casa Mackay per farlo firmare coi Rams. Da libero sarà, con John McGovern (che Clough aveva fatto debuttare all'Hartlepool da liceale, a 16 anni e 205 giorni, tuttora un record del club) e John O'Hare, la spina dorsale nell'anno della promozione. «Per me era ovvio: Mackay in difesa, McGovern a centrocampo e O'Hare in attacco. Sono come lo spiedo che regge lo shish kebab», la battutona di Pete. Il Derby di Clough neopromosso e il Leeds di Revie campione d'Inghilterra finalmente insieme in First Division. Lo showdown, la resa dei conti.

SECONDO ROUND

Davanti ai 45.000 di Elland Road, il 25 ottobre 1969, eccoli i campioni d'Inghilterra e del gioco sporco: Sprake; Reaney, Madeley; Bremner, Charlton, Hunter; Lorimer, Clarke, Jones, Bates, Eddie Gray. Vincono con due marchi di fabbrica del Dirty Leeds di Revie: l'1-0 di Clarke col guardalinee che sbandiera invano una rimessa in gioco fallosa del capitano Bremner; e il raddoppio, tre minuti dopo, quando Bates serve in avanti Clarke, che è in fuorigioco di almeno due o tre metri. La bandierina sta giù e la palla va dentro. Il Leeds non la vede mai per tutto il secondo tempo, ma finisce così: Derby 0, Leeds 2. Nel tunnel Revie stringe la mano a Clough: «Siete stati sfortunati». «La fortuna non esiste, Don». 

Esisteva eccome, invece, per Revie, che faceva di tutto per ingraziarsela. Dal vestito blu al cappotto consunto (come il primo Mou), fedeli talismani in panchina, alle passeggiate intorno ai più vicini semafori in ritiro; dalla scatola di banconote tenuta nel cassetti dell'ufficio fino ai leggendari dossier su arbitri e avversari, quei faldoni «Top Secret» redatti col suo vice, Maurice Landley, in duplice copia su quaderni neri che tante critiche e crudeli derisioni gli attireranno da Ct.

REVIE CT

Sì, perché è a lui che la Football Association affida la nazionale dopo la mancata qualificazione ai Mondiali '74. La prima dell'Inghilterra. Quell'1-1 a Wembley con la Polonia, il 17 ottobre 1973, costò l'esonero a Sir Alf Ramsey, il Ct campione del mondo '66. Decisive le prodigiose parate di Jan Tomaszewski, il «clown» in precedenza deriso in tv dall'opinionista Clough, il miglior allenatore che l'Inghilterra non abbia mai avuto. Questione di lingua mai a posto, di modi mai giusti.

Revie si era già promesso all'Everton. Don sapeva che al Leeds il gruppo di nuovo campione era al capolinea. Solo in otto avevano ancora il contratto, e non se la sarebbe sentita di rompere quella che con lui, dopo 13 anni insieme, era una «famiglia felice». Ma poi si era fatta viva la federazione, e a quell'incarico – per il quale Clough sbavava e che invece non lo vide mai in corsa – non si poteva dire di no. Revie Ct e Clough, il suo rivale storico, al Leeds. Nemmeno uno sceneggiatore geniale come Peter Morgan – quello di The Queen, Frost/Nixon, Rush e ovviamente de Il maledetto United – ci avrebbe mai pensato. Lo fecero invece il presidente Manny Cussins e il consiglio del Leeds: Sam Bolton, consigliere federale e vicepresidente di Lega, Bob Roberts, Sydney Simon e il membro anziano Percy Woodward. Metà gentili, metà ebrei. Israeliti dello Yorkshire, e fieri di essersi fatti da soli.

COME NIXON VS KENNEDY
Storico il loro dibattito televisivo in diretta nella puntata speciale di Calendar, condotta da Austin Mitchell, negli studi di Yorkshire Tv. Sembra il primo Nixon vs Kennedy alle presidenziali USA del 1960, la madre di tutte le Tribuna politica a venire. Il democratico Kennedy, 43 anni, era fresco e diretto mentre il repubblicano Nixon, che pure aveva solo 4 anni in più, sembrava suo zio. Nel suo completo grigio chiaro, camicia viola, Brian appare giovane, bello e rilassato. Nel suo spezzato – blazer blu, pantalone beige – Don sembra anziano, rigido e goffo. E non è un caso che la parte di Clough sia stata interpretata da uno stellare Michael Sheen, già il Tony Blair di The Queen e il giornalista David Frost di Frost/Nixon, entrambi scritti da Morgan. «Il Leeds ha vinto il campionato – azzanna Cloughie – Ma non l'ha vinto bene. Poteva essere più amato, più simpatico, ed è questo che voglio cambiare. Voglio portare più calore, più onestà e un po' più di me». 

Anche il secondo telematch farà epoca. Seduto a sorpresa accanto a Revie, Cloughie stavolta è un uomo sconfitto. E ancora più solo. Esonerato dopo 44 giorni dalla squadra che non sarà mai sua, che non giocherà mai per lui. Il Dirty Leeds di Don Revie. E qui Morgan si esalta e autocita, perché la telefonata notturna a Revie di un Clough allo sbando sembra quella di Nixon a Frost.

IL FANTASMA DI REVIE

Certo, Cough ci aveva messo del suo. Sin dall'inizio. Ospite alla premiazione della sua futura ala destra Peter Lorimer come Sportivo dell'anno dello Yorkshire, si era presentato in ritardo e ubriaco. E dopo aver essersi fatto aspettare ancora un po' «per andare a pisciare» aveva attaccato il discorso accusando Lorimer di non meritarlo perché in campo era un simulatore, uno che protestava contro gli arbitri, e via insultando. 

Ma quello era ancora niente rispetto al discorso tenuto alla squadra nell'allenamento del venerdì 2 agosto, il terzo dei suoi 44 giorni al Maledetto United. A Eddy Gray, fermo per una serie infinita di infortuni, dice: «Se lei fosse un cavallo da corsa, le avrebbero già sparato da un pezzo». Gray, in lacrime, non si capacita: «Ma la sua carriera non è finita per un infortunio? Allora lei dovrebbe capire come mi sento».

Con Johnny Giles – indicato da Revie ai dirigenti come ideale successore più del capitano Bremner, che pure ambiva all'incarico – Clough va giù altrettanto duro: «Lei, irlandese, ha una reputazione schifosa. Dio le ha dato intelligenza, tecnica, agilità e il miglior talento nei passaggi che ci sia in circolazione. Quello che Dio non le ha dato sono quei sei tacchetti per timbrare le ginocchia altrui. E si ricordi: non è colpa mia se non ha avuto il posto». Cloughie non sa che Giles quel posto lo aveva già rifiutato appena saputo che anche Bremner lo voleva. E Clough certo non poteva immaginare che proprio Giles e Bremner gli avrebbero compromesso, con l'esordio ufficiale, anche la sua intera avventura al Leeds United. Il maledetto United ancora del fantasma di Revie.

SALONICCO MI CI FICCO

A Salonicco '73, c'è invece il mezzo scippo della Coppa delle Coppe, 1-0 per il Milan con gol di Luciano Chiarugi al 5'. L'arbitro Christos Michas, primo greco a dirigere una finale europea, fu poi radiato dall'UEFA. Per la nona vota in nove anni il Leeds è secondo in una delle maggiori competizioni; 5 in campionato e 2 in FA Cup. La stagione dopo, nuovo record di 29 partite senza sconfitte e secondo titolo di campioni d'Inghilterra. Il canto del cigno di Revie e di una generazione di campioni orgogliosi, duri e fieri. Non un manipolo di sconosciuti che Clough poteva permettersi di maltrattare e forgiare. 

CHARITY SHAME

Cloughie è al suo 11º giorno al Leeds. Il 10 agosto si gioca il Charity Shield, il primo a Wembley. Dall'altoparlante lo speaker annuncia: «The twin towers of Wembley Stadium, the cathedral of English football on a glorious late-summer's day... good afternoon everyone, it's the Charity Shield, the opening Saturday of the 1974 season, and a first chance to get a look at Brian Clough's Leeds...». È la prima uscita ufficiale del Leeds di Clough. L'ultima del Liverpool di Bill Shankly, che a sorpresa ha deciso di ritirarsi. L'immagine dei due allenatori che sfilano in testa alle rispettive squadre sul prato del vecchio Imperial Stadium è l'icona della fine di un'epoca.

Da giocatore, Cloughie quel tempio pagano lo aveva calcato solo una volta: 28 ottobre 1959, Inghilterra-Svezia 2-3. Una traversa e l'assist per John Connelly, poi basta. Incredibile ma vero per uno da 251 gol in 274 gare da titolare in campionato, tutti tranne uno in Seconda divisione. Un record. Quell'uno è l'ultimo, col Sunderland in casa del Leeds United e la palla che passa sotto le gambe di Jackie Charlton.

Stavolta sono in 67.000 per il primo Leeds di Cloughie o forse l'ultimo di Revie, che adesso è in tribuna in veste di Ct. A fare il tifo per i suoi vecchi ragazzi: Harvey; Reaney, Cherry; Bremner, McQueen, Hunter, Lorimer, Clarke, Jordan, Giles, Eddie Gray. Contro il Liverpool detentore della FA Cup: Clemence; Smith Lindsay; Phil Thompson, Cormack, Hughes; Keegan, Hall, Hieghway, Boersma, Callaghan. 

Il finimondo lo innesca, manco a dirlo, Giles che dopo aver subito un calcio da tergo rifila un cazzotto a Keegan, ma l'arbitro Bob Matthewson lo grazia. Poi, al 60', è la volta di Bremner a colpire ai reni KKK, che stavolta reagisce con un pugno. Rosso diretto che scatena una sceneggiata mai vista nel calcio: sia Bremner sia Keegan gettano via la maglia ed escono a petto nudo. Apriti cielo: 500 sterline di multa a testa e squalifica fino a tutto settembre, cioè 11 partite. Dopo l'1-1 (vantaggio reds con Phil Boersma, pari di Trevor Cherry) si va ai rigori. I due portieri si accordano per tirare loro il primo a oltranza, David Harvey centra la traversa ma il Liverpool, barando, per l'ultimo non manda Ray Clemence ma Ian Callaghan, che fa 6-5 e regala lo scudo al Dirty Liverpool di Bill Shankly. Tra infortuni e altre squalifiche, il Leeds di Clough finisce lì. Senza davvero incominciare.

ETERNI SECONDI
Eterno piazzato quel Leeds. La maledizione del detenere la FA Cup si era invece abbattuta prima sull'Arsenal e poi sul Leeds: nel '72 i Gunners perdono la finale davanti ai 100 mila di Wembley con gol di Allan “Sniffer” Clarke, detto il Segugio per il suo fiuto del gol. L'anno dopo ecco lo “Schock of the Century”. Il Sunderland, squadretta di Seconda Divisione, batte i campioni d'Inghilterra con gol di Ian Porterfield. È il Sunderland di Bob Stokoe, che al triplice fischio balza dalla panchina come impazzito. Lo stesso Stokoe che in quel nefasto Boxing Day del '62, da centromediano del Bury, diceva all'arbitro «Andiamo, fa solo scena, è Clough»; e a Brian di rialzarsi dopo l'impatto con la spalla del portiere Chris Harker che, coi legamenti crociato e mediale, infranse sogni e carriera di Cloughie. 

Lo stesso Stokoe che anni dopo accuserà Revie di avergli offerto, in quella Second Division 1961-62, 500 sterline affinché il Bury ci andasse piano contro il Leeds che lottava per salvarsi. E che dirà di essersi infuriato quando Revie, vistosi respinto, gli chiese: «In questo caso, posso rivolgermi ai tuoi giocatori?».

La macchina del fango colpirà Revie anche nel maggio '72, per il rush finale nella corsa al titolo, nel. Il Daily Mirror e il Sunday People lo accusarono di aver tentato di aggiustare il risultato contro i Wolves, subito ribattezzati “Don Redies”. Anche lì, nulla fu provato, il Leeds perse partita e campionato, chiuso dietro il Derby di Clough, già con la squadra al mare a Maiorca perché ormai nessuno ci credeva più. Secondo i due giornali erano stati Danny Hegan, centrocampista del Wolverhampton, e l'ex portiere del Leeds, Gary Sprake, a indicare in Bremner, il capitano di Revie, come l'uomo deputato per la combine. Accuse che Hegan e Sprake rifiutarono di confermare sotto giuramento. Bremner vinse la causa e ottenne 100 mila sterline di risarcimento più le spese legali. Anche Revie la spuntò in tribunale, ma la macchia rimase. Dirty Leeds. Persino con lui il solito, maledetto United.

Christian Giordano ©
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