Basso torna in bici: "Mai paura"
di CHRISTIAN GIORDANO, 17 agosto 2015
LIVIGNO (So) - Una banale caduta alla quinta tappa del Tour de France, una botta proprio là, contro la sella. Succede, ai corridori. Solo che stavolta il dolore non passa. Persiste. Dopo nove tappe, il primo riposo. A Pau c'è un centro urologico di massimo livello, Ivan Basso fa un controllo. Poi altri: tumore maligno al testicolo sinistro. È il 13 luglio, il 15 lo opera al San Raffaele di Milano l'équipe del professor Francesco Montorsi. Il 17 agosto, nella sua Livigno, il 37enne corridore della Tinkoff-Saxo torna in bici. E pedala.
- Trentasei giorni, li ho contati. Sensazioni?
“Molto buone perché in questi ultimi giorni la convalescenza è migliorata molto. Mi hanno dato l’OK per pedalare e questo è già un segnale importante; non per allenarmi, però tornare in bici vuol dire che la salute è buona. E questo è un passo avanti importante”.
- L’altro passo avanti importante sarà il primo settembre.
“Sì, il primo settembre ci sarà il controllo, con la TACe con i marker. E questo è un bivio importante per la malattia. Speriamo che tutto proceda bene ma non ci sono segnali perché non debba essere così. Fiducioso è il professore (Montorsi, ndr), fiducioso sono io. E questo è un po’ lo scenario che ci aspettiamo tra qualche settimana”.
- Tu dici, e twitti, “io sorrido sempre. Tua moglie Micaela dice “sistemiamo anche questa”. È sistemata?
“Sì, io da subito ho cercato di mantenere il sorriso e di non pensare che potesse capitare qualcosa di veramente brutto. Sono stato fortunato perché prendere questa malattia in tempo, essere subito operato e anche lo scenario post-operazione subito positivo, quindi questo sicuramente ha aiutato molto anche il fatto di poter mantenere questo ottimismo. Però l’atteggiamento e l’affetto della gente è stato poi quello che ha fatto la differenza insieme ovviamente all’operazione e alle cure”.
- Il 26 novembre saranno 38, hai ancora un anno di contratto e la piena fiducia della Tinkoff-Saxo. Oggi hai fatto solo una pedalata, poi comincerai ad allenarti. Il tuo futuro?
“Il futuro lo decideremo nelle prossime settimane, perché in questo momento la possibilità di tornare a pedalare è ovviamente un passo avanti importante, però nella valutazione del futuro agonistico bisogna tener conto di quello che è stato l’ultimo periodo, per me, prima della malattia e ovviamente quello che la malattia può lasciare. A seconda di queste valutazioni e con grande onestà, principalmente con me stesso e con la mia squadra, con i miei tifosi, deciderò qual è la cosa migliore. Poter tornare in bicicletta mi può aiutare a prendere la decisione giusta e questo avverrà nelle prossime settimane”.
- Tu sei un corridore amatissimo dalla gente. Sei stato e sei un grande campione, hai fatto due podi al Tour hai vinto due Giri d’Italia; 45 giorni in altura forse sono stati troppi, hai detto, ma tu sei soddisfatto del tuo rendimento in questa prima metà di stagione?
“Non posso essere soddisfatto perché la mia aspettativa era sicuramente quella di essere più presente nei finali di corsa. Quello che però mi solleva da questa mancanza di prestazioni è quella di aver dato come sempre il massimo impegno e poi molto spesso capita che un atleta investe molto e raccoglie meno di quello che si aspetta. Questa lealtà professionale non è percepita solo dai miei compagni ma da tutti gli affezionati e i miei tifosi. Questo ovviamente mi dà grande fiducia, però le corse in bicicletta bisogna farle in altro modo. Nella valutazione mia per il futuro c’è anche il mio rendimento nell’ultimo periodo, va sicuramente preso in considerazione per la decisione di quello che può essere il mio futuro. Quello che è certo è che la bici farà comunque parte del mio futuro. Quello che non può mancare a uno sportivo che per anni ha vissuto con l’adrenalina, con la competizione, questo non può mancare. Sarà una decisione serena e onesta, sotto tutti i punti di vista. E sono felice di poterla prendere in salute, quindi pedalando. La bici mi ha sempre aiutato a prendere delle decisioni giuste, nei momenti belli e anche nei momenti meno belli che ho passato nella mia carriera. E sarà così anche questa volta”.
- Hai parlato di bici e di ciclismo che sono la tua vita, la tua “famiglia” come l’hai chiamata tu. Quindi, pensando anche al di là del tuo eventuale futuro da corridore, tu come ti vedi nel ciclismo? Ti vedi come direttore sportivo, in ammiraglia? Come?
“Non lo so, non lo so... È una valutazione che voglio prendere con calma. Non bisogna correre troppo. In queste ultime settimane ci sono stati degli scenari che sono cambiati troppo velocemente, dall’essere al tour a trovarti in ospedale, le cure. Non bisogna correre il rischio di prendere delle decisioni affrettate e non con una lucidità che invece in questi casi, quando nella tua vita c’è un cambiamento importante, devi essere lucido e sicuro di quello che fai, perché poi non c’è margine di ritorno. Quindi voglio prenderla da solo, quindi decidere io e sono fortunato perché ho un sostegno totale da parte della Tinkoff-Saxo, il nostro grande capo (Oleg) Tinkov, l’amministratore (Stefano) Feltrin”, i compagni, lo staff. Quindi ho un consenso da parte di tutti e la libertà di decidere la cosa migliore. Lo faccio con calma e con tutta la serenità possibile”.
- Tu eri in gruppo, come hai vissuto il Tour da dentro? Che cosa ne pensi di quanti dubbi sono stati - forse ingiustamente – sollevati su Chris Froome?
“Ho cercato di vedere il Tour da sportivo e da tifoso e non da critico e soprattutto senza una critica non costruttiva ma distruttiva che a mio parere non serve, nel ciclismo, principalmente perché non c’era alcuna motivazione per farla. Froome ha costruito la vittoria del Tour nella prima parte, poi nella seconda è stato molto bravo ad amministrare il vantaggio. Le corse a tappe durano tre settimane, c’è chi è regolare, chi è più bravo nella prima parte, chi esce nella seconda. Questo fa parte del bello del ciclismo, dell’incertezza che una grande corsa può lasciare. Per me è stato un Tour molto bello, con tutti i campioni che hanno lottato. Tutti i top rider che c’erano alla partenza sono stati molto bravi a lottare fi no all’ultimo e avete visto che comunque fino all’ultima tappa di montagna c’è stata non dico l’incertezza sul vincitore, però c’è stato parecchio agonismo e questo ha reso il Tour molto bello”.
- La Vuelta?
“In queste ultime settimane non ho seguito da vicino però a quanto pare di tutti i corridori più forti manca il nostro capitano (Alberto) Contador, che ha già corso Giro e Tour, però tutti gli altri ci sono. Ci saranno alcuni che hanno corso il Giro quindi avranno una freschezza migliore, alcuni hanno fatto il Tour, sarà sempre una lotta tra gli stessi. Son sempre quelli, no? Quindi è difficile prevedere un favorito perché i più forti arrivano dal Tour, alcuni hanno una freschezza maggiore però è una corsa che sarà tra quei quattro, cinque nomi soliti”.
- Tu sei professionista dal ’99, hai attraversato tutte le epoche recenti del ciclismo: è davvero cambiato questo ciclismo?
“Il ciclismo è uno degli sport che ha investito maggiormente nella lotta al doping, dalle istituzioni ad arrivare proprio all’interno delle squadre, quindi il ciclismo ha cercato di ritrovare la credibilità con i fatti e lo dimostra l’affetto che la gente dà ai ciclisti sulle strade. Non ne vedo di meno, anzi ne vedo sempre di più”.
- Aldo Sassi diceva: “Mai paura”.
“Mai paura”.
- L’altro passo avanti importante sarà il primo settembre.
“Sì, il primo settembre ci sarà il controllo, con la TACe con i marker. E questo è un bivio importante per la malattia. Speriamo che tutto proceda bene ma non ci sono segnali perché non debba essere così. Fiducioso è il professore (Montorsi, ndr), fiducioso sono io. E questo è un po’ lo scenario che ci aspettiamo tra qualche settimana”.
- Tu dici, e twitti, “io sorrido sempre. Tua moglie Micaela dice “sistemiamo anche questa”. È sistemata?
“Sì, io da subito ho cercato di mantenere il sorriso e di non pensare che potesse capitare qualcosa di veramente brutto. Sono stato fortunato perché prendere questa malattia in tempo, essere subito operato e anche lo scenario post-operazione subito positivo, quindi questo sicuramente ha aiutato molto anche il fatto di poter mantenere questo ottimismo. Però l’atteggiamento e l’affetto della gente è stato poi quello che ha fatto la differenza insieme ovviamente all’operazione e alle cure”.
- Il 26 novembre saranno 38, hai ancora un anno di contratto e la piena fiducia della Tinkoff-Saxo. Oggi hai fatto solo una pedalata, poi comincerai ad allenarti. Il tuo futuro?
“Il futuro lo decideremo nelle prossime settimane, perché in questo momento la possibilità di tornare a pedalare è ovviamente un passo avanti importante, però nella valutazione del futuro agonistico bisogna tener conto di quello che è stato l’ultimo periodo, per me, prima della malattia e ovviamente quello che la malattia può lasciare. A seconda di queste valutazioni e con grande onestà, principalmente con me stesso e con la mia squadra, con i miei tifosi, deciderò qual è la cosa migliore. Poter tornare in bicicletta mi può aiutare a prendere la decisione giusta e questo avverrà nelle prossime settimane”.
- Tu sei un corridore amatissimo dalla gente. Sei stato e sei un grande campione, hai fatto due podi al Tour hai vinto due Giri d’Italia; 45 giorni in altura forse sono stati troppi, hai detto, ma tu sei soddisfatto del tuo rendimento in questa prima metà di stagione?
“Non posso essere soddisfatto perché la mia aspettativa era sicuramente quella di essere più presente nei finali di corsa. Quello che però mi solleva da questa mancanza di prestazioni è quella di aver dato come sempre il massimo impegno e poi molto spesso capita che un atleta investe molto e raccoglie meno di quello che si aspetta. Questa lealtà professionale non è percepita solo dai miei compagni ma da tutti gli affezionati e i miei tifosi. Questo ovviamente mi dà grande fiducia, però le corse in bicicletta bisogna farle in altro modo. Nella valutazione mia per il futuro c’è anche il mio rendimento nell’ultimo periodo, va sicuramente preso in considerazione per la decisione di quello che può essere il mio futuro. Quello che è certo è che la bici farà comunque parte del mio futuro. Quello che non può mancare a uno sportivo che per anni ha vissuto con l’adrenalina, con la competizione, questo non può mancare. Sarà una decisione serena e onesta, sotto tutti i punti di vista. E sono felice di poterla prendere in salute, quindi pedalando. La bici mi ha sempre aiutato a prendere delle decisioni giuste, nei momenti belli e anche nei momenti meno belli che ho passato nella mia carriera. E sarà così anche questa volta”.
- Hai parlato di bici e di ciclismo che sono la tua vita, la tua “famiglia” come l’hai chiamata tu. Quindi, pensando anche al di là del tuo eventuale futuro da corridore, tu come ti vedi nel ciclismo? Ti vedi come direttore sportivo, in ammiraglia? Come?
“Non lo so, non lo so... È una valutazione che voglio prendere con calma. Non bisogna correre troppo. In queste ultime settimane ci sono stati degli scenari che sono cambiati troppo velocemente, dall’essere al tour a trovarti in ospedale, le cure. Non bisogna correre il rischio di prendere delle decisioni affrettate e non con una lucidità che invece in questi casi, quando nella tua vita c’è un cambiamento importante, devi essere lucido e sicuro di quello che fai, perché poi non c’è margine di ritorno. Quindi voglio prenderla da solo, quindi decidere io e sono fortunato perché ho un sostegno totale da parte della Tinkoff-Saxo, il nostro grande capo (Oleg) Tinkov, l’amministratore (Stefano) Feltrin”, i compagni, lo staff. Quindi ho un consenso da parte di tutti e la libertà di decidere la cosa migliore. Lo faccio con calma e con tutta la serenità possibile”.
- Tu eri in gruppo, come hai vissuto il Tour da dentro? Che cosa ne pensi di quanti dubbi sono stati - forse ingiustamente – sollevati su Chris Froome?
“Ho cercato di vedere il Tour da sportivo e da tifoso e non da critico e soprattutto senza una critica non costruttiva ma distruttiva che a mio parere non serve, nel ciclismo, principalmente perché non c’era alcuna motivazione per farla. Froome ha costruito la vittoria del Tour nella prima parte, poi nella seconda è stato molto bravo ad amministrare il vantaggio. Le corse a tappe durano tre settimane, c’è chi è regolare, chi è più bravo nella prima parte, chi esce nella seconda. Questo fa parte del bello del ciclismo, dell’incertezza che una grande corsa può lasciare. Per me è stato un Tour molto bello, con tutti i campioni che hanno lottato. Tutti i top rider che c’erano alla partenza sono stati molto bravi a lottare fi no all’ultimo e avete visto che comunque fino all’ultima tappa di montagna c’è stata non dico l’incertezza sul vincitore, però c’è stato parecchio agonismo e questo ha reso il Tour molto bello”.
- La Vuelta?
“In queste ultime settimane non ho seguito da vicino però a quanto pare di tutti i corridori più forti manca il nostro capitano (Alberto) Contador, che ha già corso Giro e Tour, però tutti gli altri ci sono. Ci saranno alcuni che hanno corso il Giro quindi avranno una freschezza migliore, alcuni hanno fatto il Tour, sarà sempre una lotta tra gli stessi. Son sempre quelli, no? Quindi è difficile prevedere un favorito perché i più forti arrivano dal Tour, alcuni hanno una freschezza maggiore però è una corsa che sarà tra quei quattro, cinque nomi soliti”.
- Tu sei professionista dal ’99, hai attraversato tutte le epoche recenti del ciclismo: è davvero cambiato questo ciclismo?
“Il ciclismo è uno degli sport che ha investito maggiormente nella lotta al doping, dalle istituzioni ad arrivare proprio all’interno delle squadre, quindi il ciclismo ha cercato di ritrovare la credibilità con i fatti e lo dimostra l’affetto che la gente dà ai ciclisti sulle strade. Non ne vedo di meno, anzi ne vedo sempre di più”.
- Aldo Sassi diceva: “Mai paura”.
“Mai paura”.
CHRISTIAN GIORDANO
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