Kristian Sbaragli, l'africano

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TuttoBici, Numero 3 - Anno 2013

di Giulia De Maio

Qhubeka in Zulu significa “resistere”, “progredire”, “andare avanti”. La squadra MTN-Qhubeka promoted by Samsung è il primo team africano della storia registrato con licenza Pro­fessional dall’UCI e nutre la grande ambizione di far crescere il ciclismo in questo magnifico continente, ma non solo.
Il suo progetto infatti prevede anche di aiutare le comunità rurali a crescere fornendo al maggior numero di bambini delle biciclette permettendo loro così di studiare e, successivamente, lavorare per migliorare il loro am­biente e la loro società. Gli atleti diretti da Douglas Ryder e Brent Copeland, pedalando con le loro maglie giallo-nere, rappresenteranno da questa stagione in avanti un mezzo di promozione delle iniziative di Qhubeka e una fonte di ispirazione per potenziali nuovi atleti provenienti dalla terra che aiuteranno con le loro gesta.

Kristian Sbaragli è l’unico italiano della formazione sudafricana: ha 22 anni e vive a Castel Fio­ren­tino, vicino Empoli, con papà Fabio e mam­ma Lucia. È diplomato al liceo scientifico, ama viaggiare ed è fidanzato da alcuni anni con Camilla, ammira Philippe Gilbert. Se non fosse diventato un ciclista professionista, avrebbe studiato legge o avrebbe tentato la strada della Formula 1. Corridore veloce, tie­ne bene sulle salite brevi, le sue misure sono 175 cm per 72 kg. Segno particolare? È uno dei talenti italiani più interessanti che quest’anno sbarca al professionismo. A lui ab­bia­mo chiesto di svelarci le ambizioni di que­sto interessante team e le sue personali, al debutto nella massima categoria.

- A che età hai iniziato a correre?
«A 6 anni, da G1, grazie a mio nonno Ar­duino, che purtroppo è mancato nel 2006. Mi ha lasciato in eredità la sua grande passione per il ciclismo. Da bambino ho praticato vari sport, sono cresciuto giocando a calcio, nuotando in piscina e andando in bici. A 10 anni, tra tutte le attività ho scelto il ciclismo perché era quella che mi divertiva di più. La mia prima bici era una Simoncini, in ferro, viola». 

- Come sei arrivato in questa squadra?
«Lo scorso anno, dopo il terzo anno tra i di­let­tanti, dovevo passare professionista con la Garmin poi le trattative sono andate per le lunghe e l’accordo non è andato in porto, così mi sono ritrovato a trascorrere un altro anno tra gli under 23. Nel corso della stagione mi sono messo in mostra in gare internazionali importanti, classificandomi per esempio 3° al Giro delle Fiandre, ho ricevuto una proposta dalla AG2R ma anche in questo caso si è risolta in un nulla di fatto. A fine luglio mi ha contattato la MTN-Qhu­beka che, nonostante sia al suo primo anno di attività nel ciclismo che conta, è davvero ben strutturata visto che gran parte dello staff (direttore tecnico, di­ret­tore sportivo, massaggiatori...) è quello del team Cervelo del 2009. Non conoscendola be­ne, mi sono informato e mi è stata consigliata perché è molto solida sia dal punto di vista economico che tecnico, insomma senza farla troppo lunga questa bella realtà mi ha convinto, quindi ho deciso di non aspettare oltre e ai primi di agosto ho firmato con loro».

- La base di questa formazione, apparentemente così lontana dal nostro paese, si trova a Lucca.
«Sì, la sede europea è a 50 chilometri da casa mia, a Guamo, in provincia di Lucca. Lì abbiamo il ritiro, i magazzi­ni, tutto il materiale che serve ai meccanici e la casetta dove stanno i corridori africani, ma anche tutti gli altri quando ci riuniamo per allenarci insieme, come è accaduto prima dell’inizio della stagione. La sede principale è a Johannesburg, ca­poluogo della provincia di Gauteng (è la città più popolosa del Sud Africa e la seconda più popolosa dell’Africa, ndr): ci siamo stati a di­cembre per dieci giorni prima di Natale. Non era la prima volta che andavo in questo paese perché c’ero già stato in occasione dei mondiali di Cape Town nel 2008, ma è stata una bellissima esperienza. Insieme ai miei venti nuo­vi compagni di squadra ci siamo allenati per bene al caldo e abbiamo avuto modo di scoprire una terra in cui il ciclismo non è diffusissimo ma è davvero in grande crescita. In Africa lo sport nazionale è il cricket, ma negli ultimi cinque anni la bici è diventata molto più popolare. In quei giorni, vedendo come eravamo al centro dell’attenzione, ho capito che questa squadra vale moltissimo in termini di ritorno di immagine e valore simbolico, per questo viene promossa molto dagli enti e dagli sponsor nazionali. Pensate che in un paese così grande siamo praticamente l’unica squadra di ciclismo in assoluto perché esistono sì delle realtà dilettantistiche, ma sostanzialmente svolgono tutta la loro attività tramite la nazionale».

- Che cosa significa per te arrivare al professionismo?
«Firmare il contratto con la MTN-Qhubeka è sta­to il momento più importante della mia carriera finora, perché grazie a questo team ho realizzato il sogno di correre con i mi­glio­ri ciclisti del mondo. È un primo obiettivo raggiunto, molto importante, ma anche un punto di partenza perché tra i professionisti inizia la vera avventura. Negli ultimi anni, soprattutto dopo aver concluso gli studi, la bici è diventata la mia priorità ma senza troppi assilli. Ora invece il ciclismo diventa un lavoro vero e proprio, per questo devo metterci ancora più concentrazione e impegno, fatica e giorni fuori casa. Il debutto avvenuto al Trofeo Laigue­glia è stato molto emozionante, alla prima corsa italiana sono seguite due corse in Belgio come la Omloop Het Nieuwsblad e Le Samyn. Ai primi di marzo sarò impegnato alla Driedaagse van West-Vlaanderen e poi a due appuntamenti importanti come la Tirreno-Adriatico e la Milano-Sanremo. Es­sendo l’unico italiano del gruppo, mi è stato concesso abbastanza spazio per le corse che disputeremo in Italia».

- Cosa ti aspetti da questo primo anno tra i big?
«Chiaramente spero di far bene, ma non mi sono posto limiti e obiettivi precisi, se non quello di accumulare esperienza. La squadra mi ha permesso di scegliere se iniziare la stagione andando in Malesia, a Taiwan e in Cina per ricercare risultati in prima persona o partecipare fin da subito a gare più importanti mettendomi al servizio di compagni più competitivi, come Gerald Ciolek, nelle cor­se che contano. Ho deciso per un calendario più im­pegnativo, di qualità perchè credo sia la strada migliore per crescere. Non ho fretta di vincere, posso far vedere quanto valgo lavorando e imparando a correre da professionista».

- La tua squadra promuove un progetto im­portante: ti va di illustrarcelo?
«Molto volentieri! Visto che la maggior par­te della popolazione rurale in Africa non ha ac­ces­so al trasporto e deve percorrere lunghe distanze per accedere all’istruzione, alla sa­nità, ai negozi e a ogni altro servizio, l’associazione no profit Qhubeka, attraverso i suoi volontari e le donazioni che riceve, ha l’obiettivo di regalare alle famiglie più bisognose delle biciclette, che costituiscono la soluzione più efficace ed economica per af­frontare questo problema in tempi rapidi. Quando siamo stati a Johannesburg abbiamo trascorso una giornata a distribuire queste bici (40.000 quelle consegnate dal 2004, ndr) in alcuni villaggi fuori città, in cui c’è davvero molta po­ver­tà e due ruote possono realmente fare la differenza. Pensate che in Sudafrica dei 16 milioni di bambini che vanno a scuola, 12 mi­lioni ci vanno a piedi e di questi 500.000 im­piegano quattro ore per andare e tornare da scuola, ogni giorno. Questi ragazzini rientrano a casa, oltre che stanchi, a un orario per cui è già buio e non potendo contare sull’elettricità non hanno modo di leggere, studiare o svolgere qualsiasi altra attività utile. Grazie a questo bel progetto, donando loro una bicicletta (non servono cifre esagerate, le bici hanno un costo industriale che si aggira sui 170-180 dollari l’una e sono mol­to resistenti, quindi possono durare anni e an­ni) potranno ottimizzare i tempi e aumentare la mobilità. Anche i padri, costretti a percorrere ogni giorno 20 o 30 km a piedi per raggiungere il loro posto di lavoro, pedalando potranno impiegare meno tempo. Anche con solo un SMS al 44447 si può aiutare queste persone (informazioni disponibili su www.qhubeka.org). Ve lo consiglio».

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