Capelli lunghi e passaggi corti, i Beatles del calcio
Attaccavano nella propria area e difendevano in quella avversaria. Tenevano conferenze stampa multilingue (olandese, tedesco, inglese, spagnolo). Indossavano divise mai viste prima. In ritiro si portavano mogli e fidanzate. Il mito dell’Ajax non è stato solo Cruijff, e tantomeno Michels o Kovacs. È stato un modo nuovo di concepire il calcio. In campo e fuori.
Un calcio fatto di grandissima preparazione fisica e atletica, di tecnica superiore, di elevato senso tattico (difesa in linea e a zona, pressing e fuorigioco), di intercambiabilità di ruoli e posizioni. Terzini che facevano le ali, attaccanti che rientravano in difesa, squadra “corta” ma capace di coprire l’intero campo e, come si dice oggi con la supponenza di chi ha scoperto l’acqua calda, di «attaccare gli spazi». Un calcio straordinario, quello olandese della prima metà degli anni Settanta, che avrebbe meritato maggior fortuna a livello di Nazionale, visto come l’«Arancia Meccanica» ha raggiunto il secondo posto mondiale a Monaco ’74 (contro la Germania) e a Baires ’78 (contro l’Argentina) e il terzo agli Europei di Belgrado ’76 (eliminazione in semifinale ai supplementari con la sorprendente Cecoslovacchia campione).
Quella biancorossa, prima, e arancione, poi, è stata un’autentica «rivoluzione culturale». Tutti hanno cercato di imitarla, nessuno c’è riuscito. L’errore, ancora oggi diffuso, si annidava nella convinzione che il Calcio Totale potesse assurgere a «scuola», che il modulo (4-3-3) fosse la causa anziché l’effetto. In realtà di Totale c’era la classe, unica e non riproducibile, di una generazione di fenomeni. Come calciatori e come atleti. Che stavano al calcio come i Beatles alla musica. Il Grande Ajax, la Beat Generation del pallone. O, come ha scritto qualcuno con una ferita nel cuore, l’unico Sessantotto riuscito.
I trofei del Grande Ajax
· 6 campionati (1966-68, 1970, 1972-73)
· 4 Coppe d’Olanda (1967, 1970-72)
· 3 Coppe dei Campioni (1971-73)
· 1 Supercoppa d’Europa (1972)
· 1 Coppa Intercontinentale (1972)
La formazione-tipo (4-3-3)
Stuy
Suurbier – Vasovic (Blankenburg) – Hulshoff – Krol
Haan – Neeskens – G. Muhren
Swart (Rep) – Cruijff – Keizer
Generazione di fenomeni
Non c’è solo Cruijff, fuoriclasse straordinario, nel Grande Ajax della prima metà degli anni Settanta. Alcuni sono campioni veri, altri quasi. In ogni caso, atleti straordinari. Eccoli.
Heinz Stuy (portiere, 6-2-1945) – Non un fenomeno tra i pali, scalza il più «tradizionale» Gerrit (Gert) Bals, perché sa stazionare al limite dell’area dove svolge le funzioni di libero aggiunto. Alto e prestante (1,88 m per 85 kg), è l’unico «ajacide» dell’epoca a non vestire mai l’arancione.
Wim Suurbier (terzino destro, 16-1-1945) – Nelle giovanili era nato ala sinistra, poi retrocede a terzino e, con l’esplosione di Krol, cambia fascia. Sa fare tutto: difende, imposta, crossa e segna.
Velibor Vasovic (libero, 3-10-1939) – Dà ordine alla difesa ed è infallibile dal dischetto. Fortissima personalità, a Wembley alza da capitano la Coppa dei Campioni del ’71.
Barry Hulshoff (difensore centrale, 30-9-1946) – Una montagna d’uomo (1,92 m per 82 kg), domina di testa e non è male coi piedi. Incontrista temibile e generoso, incappa spesso in infortuni. In Nazionale, 14 presenze e 6 reti. Tante per un attaccante, incredibili per un centrale difensivo.
Ruud Krol (terzino sinistro, 24-3-49) – La classe fatta difensore. Come Suurbier dall’altra parte, sa fare bene tutto. A fine carriera, si ricicla da libero con risultati straordinari. È l’ultimo a lasciare l’Ajax. Poi sverna nella Nasl, al Napoli e ai francesi del Cannes.
Arie Haan (centrocampista, 16-11-1948) – Lento di passo, ha la «castagna» da fuori e buon senso tattico. A Monaco ’74 Michels lo impiega addirittura da libero. 35 partite e 6 gol in Nazionale.
Johan Neeskens (centrocampista, 15-9-1951) – Il calciatore totale per antonomasia. Nella categoria, l’unico superiore a Tardelli. Falcata e tiro irresistibili, fondo, grinta, senso del gol. Da ragazzino, furoreggia nel baseball. Nel ’74-75 raggiunge al Barcellona il «gemello» Cruijff.
Gerrie Muhren (interno sinistro, 2-2-1946) – Mancino, buona tecnica, sa cucire il gioco e interdire. Per motivi personali, un figlio malato, salta il mondiale del ’74. In arancione, 10 gettoni.
Johnny Rep (centravanti/ala, 25-11-1951) – Attaccante completo, per la foga e l’incredibile mole di lavoro, talvolta spreca troppo. Carattere pepatino e lingua lunga, «digerisce» a fatica l’ingombrante personalità di Cruijff. 12 gol in 42 partite coi Tulipani.
Johan Cruijff (attaccante, 25-4-1947) – Grandissimo in campo e in panchina. Con entrambi i club della sua vita, l’Ajax e il Barcellona. La tecnica sposata alla velocità. Profondo conoscitore del gioco, ha il difetto di ritenersi infallibile. Alza da capitano la Coppa dei Campioni ’72-73.
Piet Keizer (ala sinistra, 14-6-1943) – Bandiera dell’Ajax, mancino puro, grande realizzatore (146 reti in 365 gare di Eredivisie). Due gravissimi infortuni e una certa incompatibilità caratteriale con Cruijff ne condizionano una carriera comunque di altissimo livello. Capitano a Rotterdam ’72.
Nico Rijnders (difensore/centrocampista, 30-7-1947) – Mediano difensivo, 8 volte nazionale. Inesauribile incontrista, trasferitosi al Bruges, morirà durante una partita, colto da un infarto.
Horst Blankenburg (difensore centrale, 10-7-1947) – Tedesco arrivato nel ’70 dal Monaco 1860, in patria rischia una lunga squalifica per una storia mai chiarita di partite truccate. Nasce mediano, poi Kovacs ne fa l’erede di Vasovic. È suo il cross per il gol di Rep che condanna la Juve nel ’73.
Sjaak Swart (ala destra, 3-7-1938) – Idolo dei tifosi per le funamboliche giocate sull’«out» di destra, sotto rete non perdona: 165 gol in 463 gare di campionato con l’Ajax, 10 su 31 in Nazionale.
Dick van Dijk (centravanti, 15-2-1946) – Ariete un po’ grezzo sul piano tecnico, segna il gol che sblocca il risultato a Wembley nel ’71. In Nazionale, 7 presenze e una rete.
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