I delfini del Cannibale

http://www.indiscreto.info/2009/09/i-delfini-del-cannibale.html
22 settembre 2009
 
di Simone Basso

1. Sulla strada nascono le amicizie, si materializzano i nemici, si consumano i tradimenti. Se il ciclismo è teatro shakespeariano, il Mondiale è il Macbeth. Un Bignami delle edizioni più controverse non può che cominciare con i cugini transalpini. Quando la rassegna si disputava in piena estate, fino al 1994, i francesi rimediarono parecchie delusioni. La colpa, tesi esposta anche da Laurent Fignon, era degli estenuanti circuiti a pagamento post-Tour e, soprattutto, dei suoi strascichi polemici. La scena madre di questa teoria fu il Nürburgring ’66, quando Raymond Poulidor e Jacques Anquetil lasciarono fuggire un incredulo Rudi Altig. Quel dì Jacquot mancò la sua grande occasione perché non offrì (…) nulla al suo rivale, reduce dalla beffa di Aimar alla Grande Boucle. Anche Pou Pou perse un’opportunità: quella di vincere (in futuro) il Tour alla Bernard Thevenet ’77, cioè con l’aiuto concreto di mezzo plotone.

2. Se i belgi del periodo aureo avessero corso senza divisioni interne, il Mondiale si sarebbe trasformato in una gara sociale. Invece i vari clan emersero puntualmente quasi ad ogni contesa. Il potere assoluto apparteneva al Cannibale, che più di una volta si preoccupò (?) dei suoi delfini: quando al Montjuich (1973) trionfò Gimondi, chiese all’emergentissimo Maertens di tirargli la volata. Ma,stremato, non la effettuò e Freddy fu beffato dal grande campione bergamasco. Avrebbe vinto per dispersione se solo avesse potuto sprintare per conto suo: la verità è che Felice ed Eddy condividevano lo sponsor della componentistica (la Campagnolo). L’iride alla concorrenza (la Shimano), e per giunta di un connazionale, non entusiasmava il fuoriclasse fiammingo. Che l’anno dopo, a Montreal, si prese la rivincita: Maerten a qualche giro dalla fine era ancora con lui, ma una borraccia al Guttalax lo indusse alla resa. Yvoir 1975, altro serial fiammingo: il più forte era De Vlaeminck, ma venne boicottato scientificamente dai “merckxisti”. Capì tutto un altro fuoriclasse, il tulipano Kuiper, che colse l’attimo e lasciò al gitano un secondo posto beffardo.

3. E gli azzurri? Valkenburg ’48 fu il punto più basso della rivalità tra Coppi e Bartali, un esempio clamoroso di sabotaggio reciproco. Gli anni di Moser e Saronni potrebbero occupare un capitolo a parte, ma l’edizione con il retroscena principe (per far capire l’antifona) rimane Duitama ’95. Una bella fotografia delle rivalità interne di due squadroni. Quel dì, su un percorso cattivo, il capitano era Claudio Chiappucci dopo una serie di disavventure mondiali (Benidorm ’92 su tutte). Quando il Diablo cadde in discesa, Marco Pantani (per consentirgli un recupero più agevole…) ordinò a Piepoli di forzare sulla salita. Morale della favola: il Pirata “ringraziò” il varesino per lo sciopero di Les Deux Alpes al Giro ’94 e rimase da solo contro l’armada spagnola. Toreri, in teoria, tutti per Indurain che fu fregato da uno scatto di Abraham Olano prima dell’ultima ascesa. Al traguardo Miguelon, costretto a proteggere la fuga del connazionale, precedette il Panta con lo sprint più inutile della propria carriera. Olano, con una impeccabile scelta di tempo, l’aveva fregato. (fine seconda parte-continua)
Simone Basso
(in esclusiva per Indiscreto)

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