CILE 2015 - En tu cancha

Christian Giordano
Copa América: cento anni di fútbol latino
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«El Corazón del Fútbol». Questo lo slogan ufficiale che la Federación de Fútbol de Chile sceglie per il lancio ufficiale, mercoledì 2 aprile 2014, della 44esima edizione che il paese andino ospiterà dall’11 giugno al 4 luglio dell’anno successivo. È la settima volta che la FFCH ospita la Copa, il trofeo per nazionali più antico al mondo. Solo l’Argentina, con nove, ne ha organizzate di più.

L’Uruguay detentore esce nei quarti perdendo 1-0 contro i padroni di casa, futuri campioni battendo in finale, 4-1 ai rigori, i blanquicelestes dell’altra sponda del Rio Plata. E così, da eterna seconda (1955, 1956, 1979 e 1987), la cenerentola Roja si trasforma per la prima volta in regina del subcontinente.

L’Argentina di Lionel Messi invece mancava la finale dal 2007, e il mancato quindicesimo titolo nella competizione non fa che alimentare la maledizione della Pulga “perdente” con la Selección. Perlomeno quella maggiore.

Eh sì, perché in pochi ne ricordano il titolo mondiale giovanile vinto in Olanda nel 2005 da Pallone e Scarpa d’oro (6 gol) con doppietta su rigore alla Nigeria in finale. E l’oro olimpico di Pechino 2008, firmato con l’assist maradonesco (simile a quello del Diez per Burruchaga nel 3-2 sulla Germania Ovest a Messico 86) per Ángel Di María, in finale ancora contro la Nigeria. 

Quanto alla Albiceleste che inciampa sul più bello, seconda, e ben più clamorosa, sconfitta consecutiva all’ultimo atto dopo il mondiale perso l’anno prima, al 113’, contro la Germania del match-winner Mario Götze su assist di André Schürrle. Due entrati dalla panchina. 

Si conferma sul podio il Perù, che superando 2-0 il Paraguay nella finale per il terzo posto ripete il piazzamento centrato nel 2011. 

In quanto campione del Sud America il Cile rappresenterà la Conmebol alla Confederations Cup del 2017 che si disputerà in Russia, come da tradizione una sorta di prova generale del mondiale che il paese organizzatore ospiterà l’anno seguente. 

La generazione d’oro del calcio cileno sa di trovarsi davanti l’occasione per fare la storia, e la squadra di Jorge Sampaoli – terzo argentino consecutivo dopo Marcelo Bielsa e l’anno di interregno di Claudio Borghi – la coglie con merito cui non rende giustizia l’epilogo ai rigori. Claudio Bravo miglior portiere, Eduardo Vargas co-capocannoniere (4 gol) col peruviano Paolo Guerrero e Jorge Valdivia miglior assistman (3) con Messi ne sono una parziale ma indicativa conferma. Più ancora dei 5 cileni nella Top 11 del torneo eletta dal Grupo de Estudio Técnico de la Conmebol e ovviamente “allenata” dal Ct campione, quel Jorge Sampaoli, l’anno dopo tentato dalla Lazio: Claudio Bravo in porta, Medel dietro, Marcelo Diaz e Vidal nel mezzo, Edu Vargas davanti.

Nel Gruppo A i padroni di casa battono 2-0 l’Ecuador, impattano 3-3 col Messico e travolgono 5-0 la Bolivia. La Roja passa come prima a quota 7 punti, davanti alla Bolivia (4), mentre Ecuador e Messico se ne tornano a casa.

L’1-0 all’Uruguay nei quarti lo firma l’ex Udinese e meteora juventina Isla a dieci dalla fine. In semifinale, nel sofferto 2-1 sul Perù fanno tutto altri due cileni “italiani”: l’ex napoletano Edu Vargas la doppietta, l’interista Medel l’autogol. 

In finale, non bastano i 120’ a spezzare lo 0-0. E dal dischetto Fernández, lo juventino Vidal, Aranguiz e “el Niño Maravilla” Sánchez scrivono la storia, mentre il totem del Napoli Gonzalo Higuaín e il futuro interista Éver Banega ci entrano dalla parte sbagliata assieme a Messi, l’unico argentino a non sbagliare il rigore.

Siccome non sarebbe Sud America senza una storia sudamericana, il paese intero è scosso dal caso Vidal. In campo nonostante l’infortunio al ginocchio che lo condizionerà per tutto il torneo, Arturo ne combina – con l’incedente in auto – un’altra delle sue. 

Nel giorno libero, trascorsa con la moglie Maria Teresa Matus una serata di svago al Monticello Grand Casinò, a una quarantina di chilometri da Santiago, lungo la Rio Maipo la “Tarántula” sfascia contro un altro veicolo la sua Ferrari 458. Ricoverato per accertamenti all’ospedale San Luis de Buin della capitale, il centrocampista ha rischiato l’arresto per guida in stato di ebbrezza, visto il tasso alcolico (1,2 grammi) superiore al consentito (0,8). Il giocatore della Juventus, che quella stessa estate sarebbe passato al Bayern Monaco, comparirà in tribunale accolto da una fola di tifosi accorsi per inneggiarlo, preoccupati per la possibile condanna dai 60 ai 540 giorni di carcere per lesioni e danni. 

Il Ct Sampaoli e il presidente federale Sergio Jadue alla fine decidono di non escluderlo dalla Roja, che pur senza il miglior Vidal – discolpatosi via-web con un video in cui asseriva che l’incidente non fosse avvenuto per colpa sua – sarà per la prima volta campione sudamericano. 

Alla Juventus però la recidività di re Arturo non passerà in cavalleria. Il resto lo metteranno i tedeschi all’ultimo anno con in panca Pep Guardiola: 37 milioni di euro più eventuali 3 di bonus. Arriveranno Bundesliga e Coppa di Germania, ma non la Champions League: out in semifinale contro l’Atlético Madrid poi sconfitto ai rigori dal Real Madrid a Milano. Ma quello è il futuro prossimo. Il presente, eterno, è – finalmente – quella primera Copa. 
En tu cancha.

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