Così Ibra è diventato leggenda

di Aldo Fittante
SportWeek, sabato 5 novembre 2016

Il ragazzo Zlatan. Così recita il titolo originale del film dedicato a uno dei più amati (e “detestati”) calciatori del nostro tempo, nelle sale italiane solo per due giorni, lunedì 14 e martedì 15 novembre. Già presentato, negli ultimi mesi, in una dozzina di festival in tutto il mondo, il documentario si concentra sugli anni decisivi di Ibra, raccontati attraverso rare immagini d’archivio nelle quali il giovane Zlatan parla della sua vita e delle sue sfide. La cinepresa lo segue nel debutto con il Malmö FF (1999), durante gli anni conflittuali nell’Ajax di Amsterdam (2001-04), fino all’esplosione nella Juve del ’05. 
Un lavoro ben congegnato che cattura il viaggio complesso di un giovane, non poco problematico, (pre)destinato a divenire una superstar del calcio. La storia, in sostanza, di un talento costantemente sotto pressione: alal Malmö i compagni lo reputano troppo egoista (pensano giochi solo per se stesso); gli autoritari manager dell’Ajax lo lasciano in panchina (e qui, colpo di scena, Zlatan perde autostima); e suo padre, che al 18enne dice: «Non sei nulla, non avrai nientedi speciale fino a quando non avrai successo internazionale». 
Nel suo viaggio Zlatan rimane fedele ai suoi princìpi e non si scompone. E quando infine toccherà con mano (in Italia) la fama, diventerà molto riservato. Una superstar enigmatica e scontrosa, che – di sfuggita – mostra per la prima volta piccoli rivoli privati, celati dietro la maschera da duro. Intervengono in molti, da Capello a Van Basten, Beenhakker, Koeman, Mido, Moggi e – dulcis in fundo – Mino Raiola. Per i fan, certo. Ma anche per chi lo ha sempre temuto.

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