Non è l’anno di Rooney

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Che cosa succede al capitano dello United: sta trovando poco spazio con Mourinho, è chiuso da altri giocatori e da un modulo che non lo valorizza.

di Indro Pajaro
RIVISTA UNDICI

Il 26 febbraio 2017 il Manchester United vinceva a Wembley la League Cup, la quinta nella sua storia, battendo in finale il Southampton per 3-2. A sollevare il trofeo c’era Wayne Rooney, nonostante non avesse nemmeno preso parte alla partita. Avrebbe dovuto entrare negli ultimi 5 minuti, con il risultato ancora bloccato sul 2-2, ma il gol di Ibrahimovic ha spinto Mourinho a rivedere le sue scelte: niente Rooney, ma Fellaini al posto di Martial per difendersi dagli attacchi finali dei Saints. «Non mi interessa chi alza la coppa», aveva detto il manager alla vigilia, «voglio solo vincere la partita. Rooney rimane sempre il nostro capitano, sia che parta titolare, resti in panchina o entri a gara in corso».

La dichiarazione è emblematica del cambio di percezione assunto da Rooney all’interno della rosa: un giocatore ancora utile e importante per il carisma e la professionalità, ma non più fondamentale come una volta. È troppo ingombrante la presenza di Ibrahimovic, elettosi fin da subito uomo-spogliatoio in grado di calamitare su di sé le attenzioni di compagni, allenatore e stampa. Pensando al Manchester United di questa stagione, è probabilmente lui il primo nome che viene in mente: merito del suo background e della capacità di spostare gli equilibri di qualsiasi squadra, ma anche della spettacolarizzazione con cui è stato gestito il suo ingaggio. In estate è stato proprio Ibra, sul suo account Twitter, a rivelare per primo la nuova destinazione.

La sua centralità è stata poi trasferita sul campo di gioco, proprio a discapito di Rooney, che si è visto chiuso il ruolo di centravanti titolare nel 4-2-3-1 che da anni forma l’ossatura dei Red Devils. Dal 2004, quando venne prelevato dall’Everton all’età di 19 anni, Rooney è sopravvissuto agli addii di Scholes, Ferdinand e Cristiano Ronaldo, ha resistito alla concorrenza di Robin van Persie e alle voci che nel 2013 lo davano al Chelsea; stavolta però è diverso, e non solo per una questione di età, considerato che Rooney ha 31 anni, quattro in meno di Ibrahimovic. Le ragioni partono da lontano e sono collegate a una posizione sul campo più arretrata rispetto a prima, voluta già ai tempi di van Gaal, che nel biennio alla guida dello United era rimasto insoddisfatto dalle sue prestazioni come centravanti, preferendogli Falcao e spostandolo nel ruolo di trequartista. A sostegno della scelta, van Gaal aveva dichiarato che era stata fatta per «garantire il giusto equilibrio alla squadra».

Rooney è stato uno dei giocatori più duttili della Premier League, capace di introdurre già una decina di anni fa, insieme a Dirk Kuyt, un timido prototipo di gegenpressing, pressando alto il portatore di palla e trasformandosi nel primo difensore per riconquistare l’immediato possesso. La sua versatilità gli ha giocato spesso a favore, ma al tempo stesso lo ha costretto ad adattarsi per lasciare spazio ai talenti della rosa: laddove prima c’erano Hernandez e Welbeck, adesso ci sono Martial e Lingard. L’unica certezza, là davanti, è Ibrahimovic, arrivato a 15 gol in 25 presenze di campionato. Gli ultimi 20 metri di campo sono casa sua, sua proprietà, suo salotto.

Questo ha comportato l’abbassamento di Rooney come trequartista in caso di 4-2-3-1 e l’allargamento sull’esterno in un 4-3-3. Due situazioni tatticamente diverse, ma ugualmente cariche di criticità ai fini della costruzione del gioco e della fluidità della manovra. Nel primo caso, la naturale tendenza a spostarsi a centrocampo per ricevere il pallone ha generato l’effetto contrario di quello sperato, portando a una mancata ricerca della profondità e alla conseguente perdita di pericolosità offensiva. Ryan Baldi di FourFourTwo ha definito questo atteggiamento di Rooney «un’indisciplina posizionale», scrivendo che nel ruolo di trequartista sono preferibili nomi come quelli di Mata e Mkhitaryan. Lo spagnolo non ha mai avuto un rapporto idilliaco con Mourinho, che ne avallò la cessione dal Chelsea ai Red Devils nel 2014, eppure rappresenta uno dei giocatori più impiegati in campionato, con 21 presenze, 6 gol, 2 assist e una precisione passaggi del 90%, migliore di qualsiasi altro centrocampista. L’armeno, invece, è diventato la causa complementare dell’accantonamento di Rooney, rivelandosi un giocatore con più ritmo nelle gambe e una maggiore propensione all’attacco. Nelle 15 presenze finora ottenute da Mkhitaryan, lo United ha registrato una percentuale di vittoria del 60%, con un incremento nel numero di gol segnati e una diminuzione di quelli subiti.

Ma Rooney si è ritrovato bloccato anche come attaccante esterno. “Colpa”, in questo caso, ancora di Ibrahimovic e della sua predisposizione a giocare a tutto campo. L’aveva messa in mostra già ai tempi del PSG, a discapito stavolta di Cavani: il Matador aveva dovuto rinunciare al ruolo naturale di centravanti e allargarsi, ma alla lunga era stato ugualmente limitato dalla presenza dello svedese sul fronte d’attacco.

Rooney ha perso il posto da titolare a settembre, totalizzando fino a oggi 18 presenze in Premier League. Quello che manca, soprattutto, sono i gol. Ne ha segnati appena due: il primo contro il Bournemouth ad agosto, alla prima giornata di campionato; il secondo a gennaio, sul campo dello Stoke. Partito dalla panchina, ha giocato gli ultimi 23 minuti da trequartista ed è diventato con 250 gol il miglior marcatore di sempre del Manchester United. Mourinho lo ha gestito con lo stesso pragmatismo che ha dimostrato in carriera: il fine è sempre e solo quello di ottenere il successo, anche a costo di remare contro i veterani della rosa. Non ha fatto sconti in passato con Bastian Schweinsteiger, Iker Casillas e Ashley Cole.

Uno scenario plausibile per aumentare il minutaggio sarebbe riproporre Rooney nel formato centrocampista, come fatto da van Gaal. Le sue prestazioni in quella parte del campo, tuttavia, non sono mai state particolarmente brillanti – nelle 6 partite giocate in questa posizione nel 2015 Rooney non ha mai tirato in porta – anche se c’è un precedente positivo. È la semifinale di Fa Cup vinta per 1-2 contro l’Everton dell’aprile 2016, probabilmente l’esempio più fortunato dell’efficacia di questa scelta. Lo United era disposto con un 4-1-4-1.

Rooney agiva come interno di sinistra, a destra c’era Fellaini, mentre i ruoli di ala erano coperti da Martial e Lingard. Tutti interpreti dalle spiccate doti offensive che, insieme all’unica punta Rashford, portavano la difesa dei Toffees a schiacciarsi e abbassare il baricentro. L’intuizione di van Gaal pagò: Rooney ebbe la libertà di sfruttare ampie porzioni di campo per i suoi inserimenti con e senza palla, dando profondità al gioco e aumentando la presenza di giocatori nella trequarti campo avversaria. La Bbc lo elesse man of the match, elogiando «la vasta gamma di passaggi finalizzati a far girare la squadra e creare occasioni, mostrando anche grande dedizione nel ripiegare in fase difensiva». Proprio queste sue abilità avevano portato Danny Higginbotham, ex difensore e attualmente giornalista dell’Independent, a scrivere «che Rooney dovrebbe continuare a fare il centrocampista».

Una possibilità, tuttavia, subito smentita da Mourinho alla prima conferenza stampa da allenatore, quando disse: «Probabilmente non è il classico numero 9, ma con me non giocherà mai a centrocampo, a 50 metri dalla porta». È stato di parola: nelle 27 apparizioni stagionali, Rooney ha giocato 12 volte da seconda punta, 6 da trequartista, 5 da centravanti e 4 da ala sinistra. Di fronte a così tanti cambiamenti, la percezione è quella di un giocatore perfetto da schierare in ogni zona del campo, ma non necessariamente il migliore per sfruttarne al massimo le potenzialità.

Il dilemma su quale potrebbe essere il suo ruolo ideale ha aperto i più disparati scenari: dall’accettazione di uno status da comprimario e non più da leader, alle voci di un ritorno all’Everton, fino alla cessione in Cina, smentita dallo stesso giocatore. Il contratto, da 300mila sterline a settimana, scade nel 2019, quando Rooney avrà 33 anni. All’indomani del pareggio interno contro il Bournemouth, Jack Austin ha scritto sull’Independent «Wayne Rooney’s time is up».

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