FOOTBALL PORTRAITS - O’Neymaradona



di CHRISTIAN GIORDANO ©
Guerin Sportivo © n. 6, 2011

E se esistesse già l’erede di Messi? Col gemello diverso Ganso, il ragazzo di San Paolo è il nuovo craque della Seleção. Per Pelé può diventare «più forte di me». Ma il Balotelli brasiliano deve imparare a controllarsi, soprattutto in campo. Scopriamo il campione che tutto il mondo vuole

Per dirla col Jovanotti spensierato: no, Santos, io non ci casco. Non dopo Robinho. Nel 2005 era lui l’ennesimo Pelezinho delle escolinhas santistas. Ora tocca a Neymar da Silva Santos Júnior. «Può diventare più forte di me» giura O rei. Per ora è il prossimo Million Dollar Baby, un Balotelli più in campo che fuori diventato adulto troppo in fretta. Senza i no che aiutano a crescere. 

PREDESTINATO

Le somiglianze e le analogie con Robinho sono impressionanti. Scoperti nel futsal a 6 anni da Betinho, che mandò Robinho al Beira-Mar e Neymar al Tumiaru. Stessi ruolo, colpi, dribbling ad alta velocità e doppi passi in serie, le celeberrime pedaladas su cui la Nike ha montato l’ennesimo spot farlocco. Neymar però la porta la vede. Già 60 gol in 119 presenze col Santos: 19 in 38 nel Paulistão, 27 in 64 nel Brasileirão, 12 in 11 in Copa do Brasil e 2 in 6 fra Libertadores e Sudamericana. Alla sua età solo Pelé e Ronaldo hanno segnato di più: 107 gol in 84 partite la Perla nera (1,27 di media nel Santos 1957-58), 65 in 66 O Fenômeno (0,98 nel Cruzeiro 1993-94), 56 in 108 Neymar (0,52 nel Santos 2009-10). 

ORIGINI

Robinho è di Beira-Mar, caotico centro nella zona commerciale di São Vicente, periferia di Santos, stato di San Paolo. Anche Neymar è di São Vicente, quartiere di Catiapoã, ma è nato (il 5 febbraio 1992) a Mogi das Cruzes, 400 mila anime a 40 km a est della capitale, São Paulo. Ed è cresciuto «giocando e scherzando per strada, senza problemi». Adroaldo Ricardo, primo coordinatore di Robinho nel futsal, ricorda che «la madre mi diceva: “Questo deve diventare un calciatore. Salverà la famiglia”». Neymar Jr, al più, dovrà salvare se stesso. Perché se il padre di Robinho amava la bottiglia, Neymar da Silva Santos Sr – ex ala destra di Mogi Mirim e Coritiba, ritiratosi nel 1999 – è un evangelista rigoroso e il figlio può permettersi di versare alla chiesa battista Peniel il 10% dei guadagni. Non aspettatevi però un figlio della buona borghesia alla Kaká, tutt’altro. Juninho, come lo chiamano in casa, per anni ha affinato la tecnica sul terrazzo della nonna paterna Berenice, che lo ha tenuto lontano dalla droga ma non dalle insidie di un talento innato e precoce. A cominciare dagli studi, abbandonati alla terza liceo. «In genere non lavoro mai con giocatori così giovani – dice l’agente Wagner Ribeiro – ma non avevo scelta. Era un diamante puro». Che a 14 anni saluta mamma Nadine e vola col padre a Madrid: «Siamo rimasti 20 giorni, il Real gli ha offerto un contratto. Ma aveva nostalgia di casa, gli mancavano la sorellina Rafaela e il Brasile», ricorda papà. E così i merengue hanno perso il loro Messi. 

FENOMENO

Neymaradona e cavadinha. Sono gli estremi, gli eccessi, di Neymar. L’iperbole è degli inviati brasiliani in Perù per il poker con rissa, il 18 gennaio, nel 4-2 al Paraguay, esordio nel Sudamericano U20, stravinto da top scorer con 9 gol in 7 partite. Lo scavetto su rigore è forse il più irriverente fra i tanti marchi di fabbrica che gli hanno dato meritata fama di bulletto del quartierino. Gli è andata bene col Ferroviária, 3-0 in amichevole ad Araraquara (San Paolo) il 4 luglio. Ma nello stesso mese, il 28, fallirà al Vila Belmiro quello nella finale di andata di Copa do Brasil, 2-0 con un gol sul Vitória da Bahía. Figuraccia mandata in cavalleria dal trofeo (ininfluente l’1-2 nel ritorno il 4 agosto) vinto da capocannoniere con 11 gol, ma tormentone su web e tv col mito flamenguista Leo Júnior, ex Torino e Pescara, che a Globo Esporte detta le dosi della lucida follia: 11% irreverência, 36% irresponsabilidade 21 frieza (freddezza), 32% locura. Non a caso Neymar stravede per el Loco Abreu: a Sudafrica 2010 cavadinha mancina all’Olanda nei quarti; col Botafogo nel torneo Carioca a febbraio, sotto 2-1 a Rio col Fluminense, palla in bocca a Diego Cavalieri. Tre minuti dopo altro rigore, altra cavadinha. L’ex cesenate non ci crede e si butta, gol. «Folle sarebbe tirare un pugno all’arbitro, il mio è solo coraggio», il mantra dell’uruguaiano. E per coraggio, sfacciataggine e insolenza, anche Neymar non scherza. 

INNOCENZA PERDUTA

Dopo il flop mondiale di Dunga, la nuova Seleção di Mano Menezes nasce attorno a Neymar. Prima convocazione, primo gol, primi guai. L’11 agosto, nella concitazione che accompagna il rientro all’aeroporto di São Paulo all’indomani del 2-0 sugli Stati Uniti, emerge tra la folla la cresta irochese del nuovo re. Al suo passaggio, media e tifosi diventano isterici. Nonostante la ravvicinata protezione di cani di grossa taglia, fatica a farsi strada fino a sparire nel mini-van che lo aspetta fuori. Partito ragazzino di belle speranze pochi giorni prima, torna a casa da idolo. In una partita, per di più amichevole, aveva ricordato al mondo che la Seleção ha uno stile, una tradizione: quelli del futebol arte. Valori che il difensivismo spinto di Dunga aveva, se non rinnegato, subordinato al risultato. E chissà se l’avrebbe ottenuto portandosi in Sudafrica quel talento che un posto fra i 23 lo meritava. Se la storia vi ricorda l’esclusione del 17enne Maradona dall’Argentina di Menotti per Baires 78, avete buona memoria. Neymar però non ha pianto e ha subito voltato pagina. Pochi giorni prima dell’amichevole del Meadowlands Stadium di East Rutherford, New Jersey, col Santos aveva vinto da protagonista un campionato statale sempre difficile come il Paulistão e la Copa do Brasil. Ai primi di giugno, dopo un mese di Brasileirão pieno di asterischi per via del Mondiale, il Peixe veniva da un 2010 con 27 vittorie in 39 gare e 123 gol segnati. Tre gol a partita per un attacco a quattro stelle: Robinho (tornato in prestito dal Manchester City), più Ganso, André (poi ceduto per 9 milioni alla Dynamo Kyiv e oggi in prestito al Bordeaux) e Neymar, il novellino da 27 gol in 29 partite. Non male per uno che centravanti non è. Ma non abbastanza per Dunga, che 14 mila brasiliani (tra cui Pelé e Romário) avevano provato a convincere firmando una petizione. «Gran talento, ma ha poca esperienza internazionale» la risposta del Cucciolo. Dimentico del Sudamericano deciso da solo e delle magie con l’interista Coutinho nella Seleção Under 15. 

FUTURO IN BLUES?

Dopo la doppietta alla Scozia che lo ha messo sulla mappa del calcio globale (se ne è accorta persino l’Italia, ma solo perché all’Emirates c’era il DS juventino Fabio Paratici) è andato a cena a casa dell’agente Pini Zahavi. E Londra è rimasto un giorno in più con la famiglia, certo non per musei e shopping. Ex uomo di Kia Joorabchian alla Media Sports Investments, condannata per riciclaggio e prima responsabile del quasi fallimento del Corinthians nel 2007, Zahavi è vicino a Roman Abramovich e il futuro del Menino de Ouro, più che roseo, è Blue Chelsea. Stesso copione di Lucas Piazón, un ‘94 che dopo Caselle e Vinovo ha visto Heathrow e Cobham e senza neanche esordire col São Paulo ha scelto di conseguenza. Neymar guadagna 2 milioni l’anno, il suo cartellino è diviso fra Santos (50%), l’agenzia Delcir Ide Sonda (45%) e l’entourage del giocatore (5%) e come Ganso è vincolato fino al 2015. D’accordo con l’agente Wagner Ribeiro e Guilherme Miranda, a.d. della DIS, il presidente del Santos, Álvaro Ribeiro, ha abbassato la clausola rescissoria da 45 a 35 milioni e in estate ha respinto i 30 (più 3,5 di ingaggio) offerti dal Chelsea per Neymar. In aprile invece ha presentato alla FIFA un esposto contro Milan e Inter per aver contattato Ganso, anche lui a scadenza 2015, bypassando il club. Difficile che entrambi i gioielli restino fino alle Olimpiadi di Londra 2012, figuriamoci per il mondiale di Brasile 2014. 

GENIO RIBELLE

Neymar è un attaccante completo, che dà il meglio da seconda punta partendo da sinistra. Ambidestro, straordinariamente tecnico, agile e veloce nel dribbling stretto e prolungato, calcia benissimo in controtempo rientrando specie sul destro (primo gol alla Scozia docet). Vede il gioco ma adora solo la palla e muscolarmente è tutto da definire. Limiti quasi fisiologici, come l’immaturità. Se lo provocano reagisce (vedi Kléber del Palmeiras o Chicão del Corinthians), e spesso ci mette del suo. Libertadores 2011, già ammonito, segna il golaço del 3-0 sul Colo Colo e viene espulso per una maschera (col suo volto) raccolta a bordo campo, e distribuita allo stadio da uno sponsor. Finirà in rissa, In tribuna Muricy Ramalho, dall’indomani neoallenatore. Brasileirão 2010, 22ª giornata: sotto di due gol in casa con l’Atlético Goianiense mette sulla testa di capitan Edu Dracena la punizione-assist dell’1-2 e a 7’ dalla fine si procura il rigore del definitivo 4-2. Dorival Júnior lo fa tirare a Marcel. Neymar smette di passare la palla e manda tutti a quel paese. L’allenatore lo tiene fuori nello 0-0 esterno col Guaraní e vorrebbe bissare col Corinthians, ma viene esonerato. La doppietta Paulistão-Copa do Brasil? Dimenticata. 

ALLENATORI

Appena 19 anni, solo due da professionista e già sette allenatori, un paio dei quali li ha fatti saltare lui. Vágner Mancini che lo lanciò a inizio 2009, Vanderlei Luxemburgo («É um filé de borboleta», è un filino farfallone, il giudizio di Luxa), Serginho Chulapa, Dorival Júnior, i traghettatori Marcelo Martelotte e Adílson Batista e ora Muricy Ramalho, Ct mancato del dopo-Dunga. Sarà lui a svezzare il galletto d’oro. «Nella mia lunga carriera non ho mai visto un giocatore più maleducato e irrispettoso. Attenti, stiamo creando un mostro», l’allarme di René Simões, allenatore dell’Atlético Goianiense che la mala educación di Neymar l’ha vista dalla panchina. Abramovich, o chi per lui: cercasi tutor.

CHRISTIAN GIORDANO ©
Guerin Sportivo © n. 6, giugno 2011


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