Le donne, vere eroine del ciclismo
Numero 9 - Anno 1996
di Gino Sala
Non ho mai posseduto un’automobile e tantomeno la patente. In compenso ho viaggiato molto grazie al giornale (L’Unità) che per tanti anni mi ha spedito al seguito di migliaia di corse con macchina e pilota. Adesso sono un pensionato attivo che si accomoda sulle vetturette di Massimo Chiodini e Andrea Viola, due dei miei nipoti già grandicelli. Il terzo, pardon la terza, è una graziosa femminuccia di nome Arianna e sorella di Andrea, diciannovenne non ancora abilitata per mettersi al volante, pedalatrice come il vecchio cronista che a giorni alterni si avvale di una bici da donna targata Fondriest.
Sono confidenze che non interessano il lettore, ma per completare un quadro per così dire familiare, lasciatemi aggiungere che in opposizione al dilagare dei computer, mi avvalgo di tre portatili, tre macchinette che non mi hanno mai tradito, una di marca tedesca, le altre due italiane. Le mie preferenze sono per un’Olivetti lettera 22 ampiamente fuori commercio, ma agilissima, con tasti delicati, prontissima nel raccogliere le mie riflessioni anche se un pochino sgangherata, col davanti tenuto fermo da un lungo cerotto che blocca le traballanti fessure. Ebbene, con mia somma soddisfazione il congegno a me caro è servito a più di un collega che non sapeva a quale santo votarsi per il computer in dissesto.
Uno di questi è Pier Augusto Stagi, direttore di TuttoBici, un ragazzo che ho conosciuto (e incoraggiato) agli albori della carriera giornalistica, quando faticava per vedersi pubblicato qualche articoletto. Pessimo ciclista, corridore giunto una volta secondo nelle gare su pista perché gli altri concorrenti erano caduti e bravo scrittore del nostro sport. Bravissimo direi se non vedessi in lui alcuni dei miei “difetti”. Per esempio quello di essere ancorato alla memoria dei grandi del passato, moderno, in linea con i tempi, ma innamorato del ciclismo antico che a suo (e mio) parere per certi versi dovrebbe essere presente anche nel pedalare di oggi.
Intendiamoci: preferico Pier Augusto ad alcuni giovani che trattano il ciclismo, da lontano, senza vedere di persona una salita, senza conoscere il profumo o la puzza di un paesaggio, giovinastri che poco più in là del tocco di mezzodì raggiungono un ristorante nel punto in cui passerà la carovana, così i corridori avranno modo di indispettirsi nel vedere le vetture e le targhe dei giornali vuote e gli addetti ai lavori occupati da risotti e pastasciutte. Ho sempre agito diversamente, ho sempre rispettato le fatiche degli atleti, soffro di reumatismi e di acciacchi dovuti alla professione, non so quanti panini mi hanno procurato mal di testa e voltastomaci, ma non sono per niente dispiaciuto. Anche in questo Stagi mi assomiglia e quando avrà la mia età che lui maldestramente sottolinea in calce ad ogni pezzo, probabilmente sarà un brontolone della mia specie.
Mi piace comunque sottolineare la passione, la massima attenzione, il sostegno che distingue Stagi quando si parla di ciclismo femminile. Anch’io, quando Pier Augusto era ancora un bambino, sono stato vicino a un settore maltrattato da sciocchezze e fesserie, dalle cretinerie che trovavano corpo anche tra i dirigenti federali portati a gloriarsi quando le donne portavano medaglie nel rendiconto stagionale, ma volutamente staccati dalle necessità della categoria.
Il settore femminile è cresciuto perché le donne sanno combattere meglio degli uomini, perché determinate e intelligenti nelle loro conquiste. E così ho gioito vedendo Topolino Imelda Chiappa con l’argento delle corse olimpiche di Atlanta '96, così mi sono commosso nel momento in cui Antonella Bellutti volava verso l’oro dell’inseguimento. Così oggi voglio assegnare un premio simbolico a Stagi che tanto si è adoperato e si adopera per la crescita del movimento. Già, gli uomini deludono, gli uomini perdono il Giro d’Italia, perdono il Tour perdono tutto e le Topoline sferrano magnifici colpi di coda a dispetto dei denigratori che ancora esistono e che non smetteranno di guardare alle cicliste in gonnella con l’occhio del maschio che esprime scemenze.
Caro Pier Augusto Stagi: una volta tanto mi sono permesso di «giocare» in casa con la certezza che a nessuno verrà in mente di giudicare queste mie note come piaggeria. Siamo in buona parte uguali e per forza di cose un po’ diversi. Fermo restando che la mia portatile Lettera 22 merita fedeltà assoluta. Ho cortesemente rinunciato all’offerta di un dirigente del giornale che voleva munirmi di un computer e sono disponibile a soccorrere chi rimane vittima del progresso. Hai visto cosa capita al nostro ciclismo miliardario, sempre più raffinato e sempre meno efficiente? Si è fermato, si è rotto, è inciampato in meccanismi troppo vanitosi per essere durevoli.
Gino Sala, 71anni, vogherese pungente articolista de “L’Unità”
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