Carube, la vita spericolata del meccanico dei campioni



Una caduta dalla moto gli spezzò il sogno di diventare un ciclista professionista La metamorfosi in tecnico capace di sistemare pedivelle e tubolari a tempo record

di Valter Nieri, IL TIRRENO, 22 ottobre 2015

LUCCA. All'età di 56 anni il lucchese Roberto Lencioni più conosciuto con il soprannome «Carube» è considerato uno fra i meccanici del ciclismo professionistico più competenti a livello nazionale. Il soprannome l'ha ereditato prima dal nonno Roberto e poi dal padre Davide e la corte dove vive a Segromigno si chiama Corte Carube

Figlio di operai per coltivare la sua passione ha dovuto fare sacrifici tralasciando lo studio e dedicandosi ai lavori più umili nei campi e in fabbrica. A 13 anni riuscì a comprarsi una bicicletta nuova e fu allora che Lorenzo Fanini, un "pioniere"del ciclismo lucchese e padre dei famosi fratelli Fanini che hanno trasmesso la passione per il ciclismo a migliaia di giovani, gli chiese di correre per lui. 

«Una tentazione irresistibile - dice «Carube» Lencioni - Mi tesserai con la squadra Fanini nel 1969 e Lorenzo, che era il grande manager del ciclismo lucchese, mi portò a una gara ad Altopascio. Vinsi subito. Avevo buone qualità e feci tutta la trafila giovanile correndo l'ultimo anno (era il 1977) da dilettante di terza serie con la Coppi di Lunata presieduta allora da Dante Rosi. Vinsi la bellezza di 80 corse, la maggior parte delle quali con la maglia Fanini». 

Ma nel momento topico della carriera ecco l’incidente che ti cambia la vita: «Caddi mentre guidavo una moto e mi ruppi una gamba. Mio padre David si arrabbiò e mi mandò a lavorare in manovia in un calzaturificio della zona. Ma quel lavoro durò poco perché io in testa avevo soltanto la bici». 

Fu allora che il team manager lucchese Piero Pieroni lo portò con se sull'ammiraglia della Gis, una squadra che annoverava fra le sue fila grandi campioni, anche se ormai agli ultimi anni di carriera, come Marino Basso e Franco Bitossi, i due azzurri che a Gap '72 giunsero rispettivamente primo e secondo di un mondiale rocambolesco e fra i più spettacolari della storia. Era il 1978 e Carube inizio a studiare la bicicletta come mangiare pane e salame a merenda. Dalle angolature delle pedivelle alle forcelle. Diventava sempre più abile, sorretto da una passione coltivata fin da bambino.

Da corridore a meccanico

Così da corridore mancato si trasformò in un grande meccanico in corsa. Nel 1979 fu assunto dalla San Giacomo diretta da Carlino Menicagli e capitanata da Fausto Bertoglio,vincitore in carriera anche di un Giro d'Italia. Quindi il passaggio alla Selle San Marco e Dromedario sempre con Menicagli fino al 1984 anno in cui aprì il negozio Cicli Carube a Segromigno Piano. Cambiando tubolari, avvitando e bullonando i telai fu assunto dall'Alfa Lum diretta da Primo Franchini per poi lavorare per le più importanti squadre italiane come la Magniflex (1988) sempre con Menicagli, la Jolly Club (1991) con Bartolozzi.

Da meccanico a diesse

La carriera di Carube prosegue da ds della squadra femminile Fanini Sprint, poi Fanini Record Rox presieduta da Brunello Fanini. Dal 1993 al 1995 porta anche al successo del Giro d'Italia (1994) la compianta Michela Fanini. Nel 1996, fortemente voluto da Mario Cipollini torna fra i professionisti a fare il meccanico della Saeco dove rimane sino al 2001. Seguirà Cipollini anche all'Acqua e Sapone, alla Domina Vacanze, alla Naturino, prima di trasferirsi con l'ex campione del mondo lucchese in America al Giro di California con la squadra americana Rock Racing. La sua ultima squadra pro' è stata nel 2007 l'Universal Caffè diretta dal livornese Antonio Salutini.

Il meccanico zelante

Un soprannome affibbiatogli dal giornalista Amedeo Goria nel 1980. «Mi trovavo sull'ammiraglia della San Giacomo con Carlino Menicagli. Per un problema al motore la macchina si fermò in una tappa del Giro d'Italia. In fuga c’erano un gruppo di corridori fra i quali il nostro Roberto Visentini in maglia rosa. Allora scesi con la bici di scorta di Visentini e montai sull'auto del medico di corsa. Era una irregolarità. La Giuria se ne accorse e dopo appena un chilometro mi fece scendere. Montai in sella alla bici e mi attaccai all'ammiraglia di Ferretti della Bianchi. Sulla salita di Campotenese arrivai dietro al gruppo di Visentini in modo da esser pronto a sostituirgli la bici al bisogno».

Gli amici campioni

Gli anni più belli quelli con Mario Cipollini: «A una corsa gli cambiai dall'ammiraglia l'abbigliamento sporgendomi dal finestrino». Carube è stato meccanico di grandi campioni come l'ex iridato Maurizio Fondriest, Roberto Visentini, Martinelli, Freddy Maertens, due volte campione del mondo, l'iridato di Colorado Springs Moreno Argentin, Gotti, Bertoglio, Vandi, Ballerini e tanti altri. 

In attesa di rientrare nel ciclismo professionistico quando troverà la squadra giusta ha il tempo di dedicarsi ai nipoti Matteo di 5 anni, Alice di due e Tommaso di appena 4 mesi. Carube era legatissimo al compianto ex Ct della nazionale Alfredo Martini. Quando morì lui, Carube è stata l'ultima persona, assieme al presidente FCI Renato Di Rocco, ad assistere il feretro prima della chiusura della bara.

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