CHAVES E YATES, LA VOLATA DELLA LEALTÀ


di PAOLO MARABINI
La Gazzetta dello Sport, 11 maggio 2018

Quando a 550 metri dall’arrivo sull’Etna, primo traguardo in salita del Giro d’Italia numero 101, il britannico Simon Yates è piombato sul colombiano Esteban Chaves, ultimo superstite della maxi-fuga di giornata, la domanda è uscita spontanea: «Lascerà la tappa al compagno di squadra o non si lascerà scappare l’occasione per firmare la sua vittoria più importante e, soprattutto, per intascare 4 secondi di abbuono in più?». La risposta l’ha data la strada, di lì a pochi attimi. Già sicuro di strappare il primato in classifica a Rohan Dennis, Yates – pur avendo nelle gambe la possibilità di centrare la tappa, nei confronti di un Chaves ormai in apnea – si è accontentato. Si è fatto affiancare e poi superare da «mister sorriso», servendogli l’assist di una gioia che il piccolo scalatore sudamericano aveva già assaporato due anni fa a Corvara, in quel Giro che gli regalò anche un giorno in maglia rosa e l’illusione di poter addirittura tenerla sino alla fine, prima che un super Nibali gliela sfilasse all’ultima occasione.

La fotografia di entrambi che sul traguardo alzano le braccia al cielo, separati da una manciata di centimetri, sarà una delle immagini-simbolo di questo Giro, «comunque andrà a finire» fra 17 giorni a Roma. «Comunque andrà a finire», per esempio, significa che la Mitchelton-Scott, quando la corsa entrerà nei giorni del giudizio, potrebbe anche non aver deciso le gerarchie fra Yates e Chaves, uomini-classifica partiti da Gerusalemme con eguali galloni. E, a quel punto, il finale di ieri potrebbe aiutare a sciogliere il nodo dell’uomo su cui puntare in chiave-classifica. Lealtà per lealtà, Yates potrebbe passare all’incasso nei confronti del compagno. Pensando in grande, cioè alla maglia rosa finale – per nulla vietata al venticinquenne inglese – bene ha fatto, quindi, a rinunciare a quei 4” e al successo di tappa. E a giustificare quel gesto con la più semplice delle frasi: «Esteban lo meritava». Del resto non saranno 4” a pesare sull’economia della classifica finale. Ed è lo stesso pensiero che sarà passato nella testa di Yates.

E' anche vero che la storia del Giro annovera sgarbi, sgambetti, tradimenti clamorosi tra compagni, più o meno approvati dall’ammiraglia. Pensiamo a Cunego-Simoni nel Giro 2004, a Visentini-Roche dell’87, a Moser-Baronchelli dell'86: giusto per fermarci agli ultimi trent'anni. Magari Esteban e Simon ci scriveranno un’altra storia. E la fotografia di ieri sarà la copertina.

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