Da Roche a Yates, perché Sappada è Sappada


L’attacco di Sappada. Trentun anni dopo, il Giro tornava sul luogo del delitto, affaire Roche-Visentini. Stavolta nessun tradimento o presunto tale: come nell’87, però, c’è sempre la rosa di mezzo e una 15esima tappa che entra anch’essa nella storia. 

Oggi come allora il più forte parla inglese, non è un dublinese di Dundrum ma un Mancunian di Bury. Si chiama Simon Yates, e ha lo stesso sorriso gentile di chi sa di meritare il Giro ma non lo dice.

L’attacco decisivo, ai -17,3km, la maglia rosa lo sferra tra gli inediti Passo di Sant’Antonio e Costalissoio, terzo e quarto GPM di 176 km da Tolmezzo a Plodn, come in quest’isola linguistica chiamano in dialetto tedesco Sappada che dal dicembre scorso – dopo un secolo e mezzo anni – è tornata provincia friulana: da Belluno a Udine.

Mentre gli altri big litigano fra loro Yates disegna curve perfette e poi chiude con 41” su tutti i più pericolosi: Lopez, Dumoulin (un leone a rientrare nel finale), Pozzovivo, Carapaz e Pinot. 

A 48 ore dalla crono di 34 km da Trento a Rovereto, Yates ha 2’11 su Dumoulin e 4’52” su Froome, che dopo l’impresa sullo Zoncolan ha perso 1’32”. Un vantaggio sì ampio ma ancor più rassicurante per come Yates se l’è costruito. 

Di classifica è invece uscito – stavolta davvero - Fabio Aru, in crisi anche nervosa: 19’31 all’arrivo e 25’14” nella generale sono più che una sentenza. Per un acuto gli restano ancora tre tapponi (Bardonecchia, Prato Nevoso, Cervinia), ma anche per lui, come per Visentini trentun anni fa – Sappada resterà una ferita aperta. Nell'orgoglio. Con o senza tradimenti, o presunti tali.

DA SAPPADA, PER SKY SPORT 24, CHRISTIAN GIORDANO

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