FOOTBALL PORTRAITS - L'altro Ronaldo, l’impero Cristiano (2007)


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Erede dei grandi numeri sette del Man U, il 22enne neocapitano del Portogallo vive un momento d’oro. Ha velocità, talento e immagine da vendere, grandi club e multinazionali lo corteggiano. Il mondo è suo, ma per afferrarlo dovrà crescere

di Christian Giordano, Guerin Sportivo (2007)

Ci sono due giocate, in questa sua strepitosa metà stagione, che contengono molti degli ultimi limiti rimasti a Cristiano Ronaldo. Una risale all’85’ della gara di andata con l’Arsenal in campionato, il 17 settembre. L’altra al turno di FA Cup del 18 febbraio. 

La prima. Quando tutto fa pensare che il big-match finisca 0-0 il portoghese azzarda una giocata rischiosa, specie in mediana, Fabregas gli sradica il pallone e se la fila in contropiede per sfornare il magico assist (dopo un rimpallo) per il gol-vittoria di Adebayor. Fra Red Devils e Gunners, quel giorno, la differenza era tutta lì, nei piedi e nella testa dei due fulgidi e precosissimi talenti. L’uno giocava per sé e, magari, per la platea. L’altro per la squadra. 

La seconda. Sull’out di destra, colpo di tacco e palla che viene fatta rimbalzare sull’altro piede a mo’ di sponda per aprire lungolinea. La carambola però ha troppa profondità e il pallone esce sul fondo. Fosse stata data col piatto, il compagno che era andato in sovrapposizione avrebbe potuto crossarla facilmente. Ma non avrebbe scosso lo stadio, non sarebbe finita negli highlight e, soprattutto, non sarebe stata “da Cristiano Ronaldo”. 

Appannati Henry e Kaká, appesantiti Ronaldo e Ronaldinho, reduce da infortuni Messi, è il lui il giocatore più eccitante nel pianeta. Nel suo piccolo, lo è sempre stato sin dai primi calci nel quartiere Santo Antonio della città di Funchal, isole Madeiras, dove è nato il 5 febbraio 1985. “Kluivert” lo chiamano quando a dieci anni – mentre il titolare del cognome chiudeva a Vienna il ciclo milanista degli Invincibili – si trova al centro del suo primo “caso” di mercato. Il figlio di Maria Dolores dos Santos e José Dinis Aveiro, gioca nelle giovanili dell’Andorinha, piccola società di cui il papà è magazziniere e guardiano degli spogliatoi. A contenderselo sono il Marítimo, la maggiore squadra madeirana, e il Nacional, che la spunta perché gli altri mancano un cruciale appuntamento con l’allenatore Rui Santos. E forse un concorso di merito ce l’ha la fornitura di mute nuove di cui subito dopo faranno sfoggio i ragazzini dell’Andorinha. 

Cristiano cresce in famiglia, completata dal fratello Hugo e dalle sorelle Elma e Katia, e due anni dopo, vinto il campionato, su consiglio del genitore, al posto del Benfica, squadra per cui tifa da bambino, allo Sporting Lisbona, convinto da tre giorni di provini. Nelle strutture dell’Alcochete sono cresciuti Paulo Jorge Futre, João Pinto, Figo, Ricardo Quaresma e Hugo Viana: una garanzia secondo il papà, cui Cristiano deve il secondo nome, da sempre fan dell’allora presidente statunitense Ronald Reagan non perché affascinato dalla iperliberista deregulation economica di quella Amministrazione, la famigerata Reaganomics, bensì per le qualità di mediocre attore nei western d’antan. 

Il volo era spiccato. Doppietta (all’Atlético, club di seconda divisione) al debutto in prima squadra, allenata da Laszlo Bölöni, esordio con gol in campionato nel 3-0 al Moreirense, Europeo con la Under 17, il Liverpool di Houllier che lo segue ma non lo prende perché ha solo 16 anni. Nell’agosto 2003 la svolta: l’amichevole di Lisbona contro il Manchester United, battuto 3-1 nell’inaugurazione dello stadio Alvalade XXI. Cristiano va via sulle fasce che è un piacere. Gli avversari ne restano così impressionati da parlarne a Sir Alex Ferguson in aereo al ritorno e nei giorni successivi. Caso vuole che i Red Devils lo seguissero già da un anno e che, spaventati da Real Madrid e Juventus, abbiano scucito 17,5 milioni di sterline per il giovane più pagato nel Regno, nuovo record dopo quello di Hugo Viana dell’anno prima. La maglia numero sette già di Best, Robson, Cantona e Beckham sarebbe stata su buone spalle.

«È il Michael Jordan del calcio – ha sparato Carlos Queiroz, che lo allena da quasi tre anni come secondo di Ferguson – Ha un talento divino. Nei prossimi dieci anni sarà per il calcio europeo ciò che Jordan è stato per la NBA. Mai visto un giovane con un simile livello di talento. Tecnica, fisico (1.84 x 78 kg, ndr), atletismo, giusta mentalità in allenamento e in partita sono incredibili». Jordan però viveva per vincere e le analogie si fermano lì, a parte la voglia di emergere, l’aver perso presto l’amata figura paterna (a 30 anni MJ, a 20 Cristiano, che volle essere in campo contro la Russia nelle qualificazioni mondiali il giorno dopo il decesso, avvenuto il 7 settembre 2005), il segno zodiacale (acquario) e il naturale appeal, ricambiato, per il mondo della pubblicità. 

Capelli ingellati e viso glabro, look pulito eppure ribelle, da perfetto metrosexual, ne fanno il testimonial ideale e un idolo trasversale, dalle ragazzine ai gay agli esteti del calcio. Incantati dalle rabone e dai doppi passi eseguiti a velocità supersonica, non guardano i troppi palloni persi o mai passati, gol mancati. Tanto piu adesso che si è messo a segnare come una punta: 17 (tre rigori) in Premier League, di cui è leader dei marcatori. E poi gli accessori: cerchietto (ora abbandonato), calzettoni neri tirati su oltre il ginocchio, scarpe bianchissime, cerottini sugli orecchini. Secondo uno studio universitario è il giocatore il cui valore commerciale è cresciuto di più negli ultimi sei mesi: dalla 20esima alla quinta posizione. Glissando sulle doti di simulatore che tante critiche gli hanno attirato dala stampa britannica, il quotidiano portoghese A Bola lo ha eletto Sportivo nazionale del 2006, davanti al campione uscente Nuno Gomes del Benfica e a José Mourinho, tecnico del Chelsea, vincitore due anni prima.

Adesso viene il difficile. E non riguarderà il campo, dove ha la fortuna di apprendere da un maestro. Ma fuori. Finché ha potuto Ferguson gli ha somministrato la “cura Giggs”: in sostanza la versione scozzese del mazzoniano «Regazzì, vate a fa’ la doccia» urlato a Totti per proteggerlo da giornalisti e maneggioni. Con il gallese, una decina di anni fa, funzionò. Arrivato in Inghilterra, Ronaldo è andato a vivere – assieme alla madre in una viletta del Chesire – lontano dal centro di Manchester e dalle tentazioni. Ha avuto difficoltà di ambientamento allo stile di vita britannico e un guaio con la giustizia. A fine 2005 fu fermato dalla polizia in un’indagine per stupro su denuncia di due francesi conosciute in un bar con suo cugino, tempo un mese e fu prosciolto. Ma allora non era ancora tra i primi venti idoli dei bambini inglesi (in compagnia di Ronaldinho, il cantante Bob Geldof e il fallito dei cartoni Bart Simpson), oggi è una superstar. Che tutti vogliono.

All’Emirates Stadium, per la sua prima da capitano della Selecção, contro il Brasile, il suo procuratore Jorge Mendes, lo stesso di Deco, compagno di nazionale e trequartista del Barcellona, sedeva accanto al diesse blaugrana “Txiki” Beguiristain, ex ala del club. Improbabile abbiano parlato solo del tempo. Anche perché socio in affari del presidente Joan Laporta è lo sceicco Mansour Al-Balaw, proprietario del Al-Hittihad che ha già preso Figo per sé e stanziato oltre 30 milioni di sterline per aiutare Laporta. E a metterci il carico è stato il Ct del Portogallo, Felipe Scolari, che lo ha fatto esordire in rossoverde (Portogallo-Kazakhstan 1-0, il 20-8-2003): «Sarebbe complementare a Ronaldinho».

I Red Devils sono disposti al raddoppio dell’ingaggio e al prolungamento per altre due stagioni del quinquennale firmato nel 2003 e rinnovato nel 2005: dalle 20 mila poi diventate 50 mila sterline la settimana si passerebbe a 100 mila (7,5 milioni di euro l’anno) fino al 2012. Stipendio che hanno solo Wayne Rooney e Rio Ferdinand. Il giocatore pare ne voglia 160 mila la settimana, cioè 12 milioni annui. 

Potrebbe prenderli in Spagna o in Italia. Del Barça sé detto. Il Real Madrid, inutilmente fissato con Kaká, secondo AS ha pronti 50 milioni di euro per lanciare in orbita “Rocket” Ronaldo, il razzo, come terzo galàctico più costoso di sempre dietro Zidane e Figo. E dire che poteva prenderlo per due soldi a 18 anni, visto che alla Ciudad Deportiva stava completando il cursus honorum da tecnico il suo scopritore allo Sporting, Luis Martins: «I contatti erano avviati, poi non ho idea del perché l’affare non andò in porto». Da noi, Moggi si vanta di averlo preso quattro anni fa per la Juve, ma Marcelo Salas rifiutò il trasferimento allo Sporting e l’affare saltò. L’Inter metterebbe sul piatto l’argentino Samuel, centrale da affiancare a Ferdinand, per un’operazione da 125 milioni: 50 per il cartellino, 75 di ingaggio quinquennale. Forse stavolta ha ragione Queiroz: «Il Manchester United per lui è l’ideale. Non ha ragione di lasciarlo, sa che è il miglior club al mondo. Io al Real Madrid ho allenato (dieci mesi nel 2003-04, ndr) e ne conosco la realtà. Cristiano fa parte della famiglia dello United e se resterà diventerà un simbolo del club. Questo è il miglior United degli ultimi anni e siamo dove volevamo essere, a un passo dal diventare campioni». 

Ferguson sarà anche di parte («Il ragazzo sta bene qui. Va tutto bene, non ci sono problemi») ma vagli a dar torto quando dice che «i 76.000 che hai qui ogni settimana non li trovi da nessun’altra parte. Real Madrid, Barcellona e Milan nelle partite importanti riempiono lo stadio senza problemi. Ma non ogni settimana». 

Anche Figo, suo idolo d’infanzia ed ex compagno di nazionale, lo ha messo in guardia: è il calciatore portoghese dal miglior futuro nel mercato europeo. Può arrivare molto lontano, ma dovrà stare attento nello scegliere il club per cui giocare. Sul piano individuale può vincere tutto, i mezzi per riuscirci li ha. Ma dipenderà anche dal club se saprà mantenersi ai suoi standard». Roberto Baggio, per fare un nome illustre, ha spesso sbagliato i tempi, più che le squadre. Cristiano sembra al posto e nel momento giusti. Deve solo aver fede.
Christian Giordano, Guerin Sportivo (2007)


LA SCHEDA
Nome: Cristiano Ronaldo dos Santos Aveiro
Nato: Funchal (isole Madeiras, Portogallo), 5 febbraio 1985
Nazionalità: portoghese
Statura e peso: 1.84 x 78 kg
Ruolo: ala
Giovanili: Andorinha (1993-95), CD Nacional (1995-97), Sporting Lisbona (1997-2002)
Club da pro: Sporting Lisbona (2002-03), Manchester United (Inghilterra, 2003-)
Numero di maglia: 7
Soprannomi: Ronnie, Rocket Ronaldo, CR7, il playboy
Esordio nello Sporting Lisbona: Sporting-Atlético Moreirense 3-0 (2 gol, 15-8-2001)
Esordio nel Manchester United: Man U-Bolton (16-8-2003)
Esordio in Champions League: Sporting-Inter (III turno preliminare 2002-03)
Esordio in Nazionale: Portogallo-Kazakhstan 1-0 (Chaves, 20-8-2003)
Presenze (reti) in Nazionale: 44 (15) 
Presenze (reti) nel Manchester United: 170 (43) 
Palmarès: FA Cup 2004, League Cup 2006
Costo del trasferimento: 17,5 mln euro (13 agosto 2003) 
Riconoscimenti: Sir Matt Busby Player 2004, Sportivo portoghese del 2006
Scadenza contratto: giugno 2010



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