HOOPS MEMORIES - Punto di non ritorno
di CHRISTIAN GIORDANO
Tante storie narrano di talentuosi liceali reclutati da dozzine di college che offrono loro borse di studio e molto (troppo) altro. Ma nessuno di questi prospetti ha saputo suscitare tanta attenzione come quella ricevuta, e a volte subita, dal giovanissimo Moses Malone di Petersburg, in Virginia, nel 1974. All’epoca già 2.09, Malone aveva chiuso il suo anno da senior di high school alla media di 35.8 punti, 25 rimbalzi e 12 stoppate. La sua squadra aveva vinto il titolo statale per il secondo anno consecutivo, e lo aveva fatto infilandoci anche cinquanta vittorie in fila.
I reclutatori dei college invasero letteralmente la modesta casetta dei Malone, costringendo periodicamente Moses, giovanotto ai tempi piuttosto chiuso e riservato, a darsi alla macchia. La gran parte della posta a lui indirizzata rimaneva sigillata e quando il campanello suonava, Moses cercava di occultare sotto il letto la sua gigantesca mole, con risultati facilmente immaginabili. Per strappargli un incontro, uno dei coach di New Mexico alloggiò in un motel di Petersburg per due mesi. E Malone stesso ammise poi che almeno otto o dieci atenei gli avevano fatto offerte illegali.
Il coach di Washington State George Raveling espresse quelle che erano un po’ le sensazioni di tutti quando, giocando sul biblico nome di battesimo del giovane talento, dichiarò: “Moses riscriverà i Dieci comandamenti del basket”. Da quanto trapelò, Oral Roberts in persona andò a trovare la madre di Malone, Mary, per dirle che le avrebbe guarito l’ulcera se Moses avesse frequentato la Oral Roberts University.
Mary aveva cresciuto Moses da sola sin da quando il piccolo aveva due anni, e lavorava nel reparto di stoccaggio della carne in un negozio di alimentari, a 100 dollari la settimana. La sua non era stata una vita facile, ma da lì in poi sarebbe di sicuro migliorata se assieme a suo figlio avesse preso la decisione giusta.
In un modo o nell’altro, ad essere il più persuasivo fu il coach di Maryland, Lefty Driesell, e in giugno Moses firmò una lettera d’intenti per la University of Maryland. Nel giro di due mesi, i Terrapins fecero il tutto esaurito di abbonati al Cole Fieldhouse. Ma quegli appassionatissimi tifosi non videro mai Malone con la divisa di Maryland.
Gli Utah Stars della ABA lo avevano scelto al terzo giro del draft, ma non si dannarono l’anima per firmarlo subito. Poi, immediatamente prima che Malone stesse per cominciare le lezioni, il nuovo proprietario degli Stars Jim Collier fece a Malone un’offerta, e Moses si rivolse a un procuratore, Donald Dell (il futuro principale dell’onnipotente David Falk, l’agente di Michael Jordan, nda), perché lo rappresentasse nella trattativa. Driesell intanto cercava disperatamente di convincere Malone ad onorare l’impegno preso con Maryland, spiegandogli che se avesse giocato là un anno, avrebbe potuto richiedere di essere eleggibile al draft della NBA in virtù del suo status di indigenza. Ma i soldi di Utah erano tanti e pronti lì da prendere, e Malone non poté rifiutare un contratto pluriennale che gli garantiva una cifra (ufficiale) di 1.28 milioni di dollari più incentivi.
Mentre molti coach universitari dalla pancia evidentemente più piena condannarono in toto la decisione di Malone, Moses la mise giù semplice. “Mi prenderò cura di mia madre”, disse. Secondo un servizio pubblicato su Sports Illustrated, Malone aveva detto a Dell di aver avuto come modello Spencer Haywood, passato professionista dopo appena un anno di college, e che fin da quando aveva quattordici anni si era ripromesso di ripercorrerne le orme.
Molti fra gli esperti più schietti, tra cui il coach dei Celtics Tom Heinsohn, dubitavano che Malone fosse pronto per il basket pro. Altri, come lo scout NBA Marty Blake, non erano d’accordo. E nella sua prima gara pro, Malone dimostrò che da che parte stava la ragione. Partendo titolare all’ala contro i New York Nets di Julius Erving, Malone segnò 19 punti e prese 11 rimbalzi. Appena diciannovenne, dopo la partita Malone si ritrovò assediato dai cronisti che gli chiedevano quali fossero le differenze tra il gioco di high school e quello dei pro. Pronta la replica: “Al liceo sei più giovane, nei pro sei più vecchio”. Degna del miglior Catalano.
Nel frattempo, al campus di Maryland l’articolo più gettonato erano le T-shirt con su scritto “Moses who?”. Chissà perché.
Moses Eugene Malone
Nato: 23 marzo 1955, Petersburg (Virginia)
Statura e peso: 2.07 per 120 kg
Ruolo: centro
High School: Petersburg (Virginia)
College: -
Carriera: ABA, 1974-76; NBA, 1976-1995
Squadre: ABA: Utah Stars (1974-75), St. Louis (1975-76); Buffalo-Houston (1976-82), Philadelphia 76ers (1982-86); Washington Bullets (1986-88), Atlanta Hawks (1988-91), Milwaukee Bucks (1991-93), Philadelphia 76ers(1993-94), San Antonio Spurs (1994-95)
Medie in carriera: 20.6 PPG, 12.2 RPG, 1.4 APG (regular season); 22.1 PPG, 13.8 RPG, 1.4 APG (playoff)
Riconoscimenti: 1 titolo NBA (1983); 3 MVP NBA (1979, 1982, 1983); 1 MVP delle Finali (1983); 12 volte All-Star; eletto nella Hall of Fame (1997)
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