Mancunian Derby, questione di "buon" vicinato


Da allora, molto più che (semplici) vicini rumorosi: 1-6 in casa loro, all'Old Trafford, il 23 ottobre 2011. Fu quella la svolta. Più ancora che il derby di ritorno, l'1-0 del 30 aprile con cui il capitano Kompany spianò la strada verso il titolo inseguito per 44 anni. Lo ha detto - alla ESPN - David Silva, che in quello storico "set" servì il quinto punto e a Edin Dzeko l'assist per il sesto. Da allora l'universo mancuniano s'è rovesciato. Mai dal ritiro di Sir Alex Ferguson, anno 2013, lo United è finito davanti ai "vicini rumorosi". E intanto di Premier il City ne ha vinte altre due.

Al derby numero 177, ci arrivano in un momento un po' così.
Più fuori che in campo il City, capolista imbattuta come Chelsea e Liverpool ma a +2 su Blues e Reds. E nel mirino dell'inchiesta di Football Leaks per le presunte violazioni al fair play finanziario.
Lo United invece, è il club più ricco al mondo ma in campo, al di là del fortunoso 1-2 di Torino in Champions, è in una crisi di identità, prima ancora che tecnica, più profonda del Mourinho separato in casa con Woodward e bersaglio delle bandiere, da Scholes in giù.

Più che il -9 dal City, a non essere "da United" sono gli stessi punti del Bournemouth: 20 in 11 giornate. Vicini capaci magari di guastarti la festa in casa come lo scorso 7 aprile, ma ormai così lontani da non essere più neanche fastidiosi. Ecco perché il Man Derby deve tornare a essere molto più che una partita. Questione - non solo - di "buon" vicinato.
PER SKY SPORT 24, CHRISTIAN GIORDANO

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