E se Visentini non dorme più?


Un anno fa, alla fine del Tour, Guimard disse che l'unico corridore italiano degno d'essere pilotato verso la conquista della maglia gialla era Roberto. ma fino a questo momento il "bel tenebroso" del nostro ciclismo ha fallito i bersagli più importanti e forse ha anche cercato troppe scuse. Perché? Lui dice che gli altri (a cominciare da Moser l'anno scorso) sono stati favoriti. Boifava replica che con un bel bagno d'umiltà il suo capitano può ancora puntare al grande successo a tappe

di BEPPE CONTI
Bicisport n. 3, marzo 1985

Quando il Tour de France di Fignon, lo scorso luglio, stava volgendo al termine, quando la corsa più non offriva la minima emozione, chiedemmo a Cyrille Guimard, santone, stregone, mago del ciclismo di oggi, quale italiano avrebbe scelto per condurlo alla maglia gialla. Guimard, di Tour de France, ne ha già vinti con persino troppi corridori, da Hinault a Fignon a Van Impe.
E senza esitazione, dopo aver sbeffeggiato per l'ennesima volta tutto il nostro movimento ciclistico a causa della sconfitta del suo Fignon al Giro, disse: «L'unico dei vostri è Visentini. Va forte in salita, va forte a cronometro, è il prototipo del corridore da corse a tappe».

E numerosi altri tecnici stranieri la pensavano e la pensano come Guimard. Ma allora perché il bel Roberto ottiene così scarsi risultati e così poca considerazione in Italia?

Viviamo un ciclismo povero di campioni per le gare a tappe. Siamo ben lontani dai tempi in cui Balmamion s'aggiudicava due Giri d'Italia consecutivi senza vincere neppure una frazione. Adesso possediamo tanti vincitori di tappe, adesso siamo bravi nelle classiche, Contini ha pur sempre vinto una Liegi-Bastogne-Liegi e Beccia una Freccia Vallone e Argentin in tal campo non si discute, ma nelle prove di più giorni, soprattutto all'estero siamo ben poca cosa. E Visentini che sarebbe il prototipo, come dice Guimard, stenta e fa fatica, delude ed impreca. 

- Come mai Roberto?

«Finora non ho avuto troppa fortuna dopo gli anni felici della gioventù, quando diventai addirittura campione del mondo juniores. Non è facile spiegare il perché. Forse mi è mancata la necessaria maturità, quella che contraddistingue i campioni anche se ancora ragazzini. Ogni tanto mi bloccavo, mi capitava la giornata di crisi pur essendo completo su tutti i terreni. Una questione psicologica che con gli anni ho saputo vincere. Ma poi? Cosa è successo? Se dovessi, se sapessi di ripetere il Giro d'Italia dell'84 piuttosto starei a letto a dormire».

- Visentini passa all'attacco o si fa polemico?

«Io posso dire di non aver mai ricevuto favori da nessuno. Invece gli altri, i campioni... Prima che partissimo da Lucca già si capiva che il Giro avrebbe dovuto vincerlo Moser, grande campione, ci mancherebbe, protagonista di una grossa impresa in Messico e per questo favorito in tutti i modi. Ma non è giusto. E l'anno prima. Senza gli abbuoni, quegli assurdi abbuoni di 30" ad ogni vincitore di tappa il Giro l'avrei vinto io e non Saronni. Basta fare i conti. Assurdi perché con le poche difficoltà che c'erano non era proprio il caso di favorire così gli sprinter. Se li avessero messi negli anni '60 e '70 prima di Merckx abbuoni così sostanziosi sarebbe cambiato tutto l'albo d'oro del Giro. E certi velocisti figurerebbero in classifica. Ma non è giusto. In quanto al tour avete visto quanta sfortuna ho avuto al debutto. Senza quella caduta sarei stato tra i protagonisti nel gran finale dietro a Fignon e a Hinault». 

- Dunque, per l'85 prometti di esserci, ad alto livello, sia al Giro sia al Tour.

«Certo. Ed anche in tutte l altre gare a tappe minori, a partire dalla Tirreno-Adriatico. Nella speranza ce tutto sia regolare. Ho sentito tra l'altro che nelle gare a tappe non si potranno più usare le ruote lenticolari a cronometro. Sarebbe un bel colpo, perché non sono uguali per tutti. Quelle di Moser sono diverse dalle altre, ve lo posso garantire. Comunque per quel che riguarda il Giro credo che finiranno per decidere davvero le cronometro. E che i favoriti siano Hinault e Kelly. Moser non ripeterà l'84. Dei nostri l'unico può essere Saronni se tornerà quello di un tempo. E naturalmente Visentini».

Ma lo sfogo dello scorso anno a Merano, la crisi salendo a Selva di Val Gardena, quei propositi di abbandonare il ciclismo? Acqua passata, Visentini preferisce non parlarne più. Ci torna su invece Davide Boifava, dice che nonostante tutto continua a credere in Roberto, uno dei leader della rafforzata Carrera-Inoxpran. 

«Roberto deve ancora maturare sotto il profilo psicologico. Ci vuole un bagno d'umiltà ch spero abbia fatto dopo la vicenda del Giro '84. Gli sono stato vicino anche quest'inverno, mi ha garantito d'essere finalmente maturato, d'aver voglia di cambiare, di diventare quel corridore che in potenza già è. Io gli ho dato fiducia, vedremo alle prime difficoltà se veramente avrà avuto voglia di modificare certe storture del suo fragile carattere. 

Lui sa cosa rischia nell'85 se ripeterà certi errori. Rischia il posto, l'ingaggio e lo stipendio. Perché l'immagine della Carrera-Inoxpran va salvaguardata. E Visentini deve ricordarsi che nl ciclismo come nella vita si può aver bisogno di tutti. E che prima di far polemica, di contestare, di protestare, anche se si è nel giusto bisogna fare i risultati, bisogna vincere. Allora la gente ti ascolta e capisce i tuoi problemi. Ma se sbraiti, minacci, poi scendi di bici e torni indietro e dici di volere abbandonare allora è finita».

Parole che rivelano l'abilità e la bravura d'un tecnico tra i più apprezzati oggi nel mondo. E se Visentini trae davvero il giusto insegnamento forse ci siamo. Forse ha ragione Guimard, forse vale la pena di tornare al Tour.
BEPPE CONTI

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