E infine vedremo se Roche risorge
Che cosa farà il misterioso campione che a detta dei corridori un anno va forte e un anno sparisce? Due anni fa ha sbaragliato il campo con Giro, Tour e mondiale. Questa volta torna alla grande con ambizioni grosse e una formazione a dire il vero non fortissima. Il Tour è al centro del suo programma
Bicisport n. 3, marzo 1989
Nella sua Dublino, Stephen Roche non è tranquillo. Era prevedibile che il maledetto 1988 lasciasse delle tracce nella sua carriera e nel suo carattere. Il ricordo del personaggio furbo e vincente del 1987 è via via svanito, trasformandosi in una realtà di ciclista della mutua. In ansia per il responso di un medico. In corsa per ultimare analisi che non finiscono mai. In apprensione per ogni piccolo dolore che può diventare il primo segnale di ricaduta. E quando tutto sembra risolto, regna la paura, l'insicurezza: «E se in bicicletta non saprò più esprimermi come prima?».
Nel difficile inverno, Roche ha avuto a fianco il fratello, Laurence, che debutterà quest’anno nel professionismo con la Carrera. Stephen ha voluto a tutti i costi che il suo più giovane fratello facesse parte della squadra di Boifava. Un atto di stima nei confronti del suo vecchio direttore sportivo che pure, a suo tempo, non aveva esitato a calpestare.
Ora però Roche, che sta uscendo dalla problematica legata alla sua salute, che tanto lo aveva occupato per il 1988, si scopre alle prese con tante altre difficoltà. Per un ciclista la salute è tutto; ma rappresenta, e l’irlandese lo sta scoprendo adesso, solo un punto di partenza.
Ad esempio, Roche ha grossi problemi a smaltire qualche chilo di troppo. Lui ha sempre avuto facilità nel ritrovare la condizione migliore. Questa difficoltà può essere provocata dal periodo di inattività: Roche è fuori mischia dal settembre 1987, quando a Villach si aggiudicò il campionato del mondo. Quindici mesi di sosta, per un atleta di alto livello, non si cancellano con un colpo di spugna.
Proprio per cercare di forzare un po’ i tempi del suo recupero fisico, Roche ha voluto partecipare al Giro delle Americhe. Sperando, con il caldo dei tropici, di ritrovare quella condizione che, nella sua fredda Irlanda, gli era sembrata ancora lontana.
Roche si è ritrovato anche in una squadra che non “sente” più sua. Forte dei suoi trionfali successi, Roche aveva imposto alla Fagor tutto quanto lui aveva voluto. Patrick Valcke, suo meccanico, era diventato direttore sportivo. Philippe Crepel, suo amico, era diventato general manager. Eddy Schepers, suo fedele gregario, lo aveva seguito con i gradi di luogotenente. Aveva preteso rinforzi adeguati al ruolo che avrebbe dovuto recitare nel panorama mondiale. Dirigenti e corridori.
Ma quella struttura si è smantellata man mano che il suo forfait si allungava. E tutto quando Mondragon aveva dovuto subire prima, veniva pian piano rigettato.
Crepel era licenziato ancor prima che iniziasse la stagione. Valcke riceveva il benservito prima delle classiche di primavera. I contratti con gli anglosassoni da lui voluti, Millar, Yates, Elliot, non sono stati rinnovati. Bagot, Berard, Muñoz, Gomez, Bernaudeau, Lemarchand non sono stati ritenuti indispensabili in una squadra che, in rapporto ai risultati che ha conseguito, era costata una follia. La “vendetta” di Mondragon insomma è arrivata puntuale. Ora Roche non può più dettare condizioni e deve accettare il gioco impostogli dal gruppo sportivo.
In verità, l’irlandese aveva provato a scinderlo. Non è nuovo a queste cose. Quando Boifava lo aveva prelevato dalla Peugeot, la Carrera aveva già voluto andare incontro a sacrifici da un regolare contratto.
La conseguenza di questa fragilità del gruppo, Roche la paga soprattutto nelle corse a tappe. Non potrà fare il Giro d’Italia. Ha paura infatti che la squadra si sciolga ancor prima che parta il Tour, che resta al centro del suo programma. Un collaudo prima del Tour era indispensabile dopo un così lungo periodo di inattività. Ma questa volta, forse per la prima volta nella sua vita di corridore, il banco non spetta a lui. Ma chissà, anche questo può essere uno stimolo per tornare in cima alla scala. In bocca al lupo…
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