Lo Stelvio di Bertoglio: «Così conquistai il Giro»


Bresciaoggi, 26 maggio 2012


Ventidue anni dopo l'impresa del Campionissimo Fausto Coppi sullo Stelvio, che gli consentì di detronizzare Hugo Koblet e vincere il suo quinto Giro d'Italia, un altro Fausto entusiasmò il popolo italiano legato al ciclismo: Bertoglio da San Vigilio di Concesio, leader della Jollj Ceramica. 

Il 7 giugno 1975 il passista-scalatore bresciano, cresciuto con l'Audaces Nave e al Pedale Bresciano prima di passare alla Domus di Pedrengo, entrò nella storia del ciclismo mondiale classificandosi secondo nell'ultima tappa del Giro d'Italia numero 58 alle spalle dello spagnolo Francisco Galdos, ma gli bastò concludere con lui per siglare la prima vittoria di un bresciano alla corsa rosa. 

Un trionfo inatteso ma meritatissimo, dopo aver vinto al Ciocco e scalzato dal vertice della classifica il suo capitano Giovanni Battaglin. Per la prima volta il Giro si concluse a quota 2.757 della Cima Coppi e proprio il corridore di San Vigilio ebbe l'onore di trionfare. 

«RICORDO come fosse ieri quel Giro e quella tappa in particolare - afferma Bertoglio mentre sta fissando una moltiplica su una "spicciola" - Eravamo partiti da Alleghe dopo un tappone dolomitico per un altro che si annunciava terribile: dovevamo scalare Pordoi, Marmolada Malga Ciapela e Stelvio, uno dietro l'altro». 

Bertoglio era in rosa con 41 secondi su Galdos. Un duello che si concluse in quota: «Fu una corsa a eliminazione. Ultimi a cedere Panizza e a tre chilometri dall'arrivo Perletto. Poi il braccio di ferro tra me e Galdos. Non mi sembrava vero di poter vincere il Giro. Dovevo e volevo arrivare in cima: ci riuscii alla grande». 

A tanti anni di distanza non ha il rammarico di aver concesso la vittoria di tappa all'avversario?

«Qualche volta ci penso, però a quattrocento metri dall'arrivo ci siamo messi d'accordo: a lui la tappa, a me il Giro. Avrei anche potuto staccarlo, soprattutto nell'ultimo chilometro, ma non avendo vicino il mio direttore sportivo Marino Fontana, che pensava esclusivamente a Giovanni Battaglin, non sapevo che fare. Era la soluzione migliore, ma vincere allo Stelvio sarebbe stato super». 

QUELLA VOLTA lo Stelvio venne affrontato dal versante più duro.

«Vero, lo scalammo dal versante di Trafoi, dove a un certo punto le pendenze raggiungono percentuali incredibili - conferma Bertoglio - Quel giorno nessuno, ma proprio nessuno sarebbe riuscito a battermi, ero pronto a tutto pur di portare a casa la maglia rosa». 

Non fu l'unica scalata dello Stelvio.

«Ricordo la tappa del 5 giugno 1980 quando la corsa scattò da Cles per terminare a Sondrio. Ero in corsa con la Sanson di Francesco Moser, ma non ero più il vero Bertoglio. Mi limitai a collaborare con Francesco e nulla di più. Passai in vetta intorno alla decimo posto, in discesa non rischiai nulla. Ero all'ultimo anno di attività, non volevo rimetterci la pelle». Alla fine fu 24° con 15'31" di distacco mentre Roberto Visentini concluse 27° con lo stesso tempo. La tappa la vinse Bernaudeau, il Giro lo conquistò Hinault. Visentini si classificò sesto.

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