Chiappucci ora deve fare i conti con Roche


A trentadue anni, dopo aver gironzolato con poca fortuna per mezza Europa, Stephen Roche ritorna alla Carrera. Quel famoso '87 è solo un ricordo. Il campione dagli occhi dolci ritrova il suo vecchio amico Chiappucci. la situazione però è cambiata. Claudio adesso è il leader della squadra. Che cosa può succedere?

di Beppe Conti
Bicisport n.1, gennaio 1992

Stephen Roche confidenziale e ammiccante, sorridente e fiero. Sì, come se il tempo si fosse fermato a quel magico, incredibile, storico ’87. Non è neppure invecchiato più di tanto, i tatti del volto son sempre quelli, dolci e gentili. L'87, Giro, Tour, campionato del mondo. Come se fosse Eddy Merckx, certo in un'altra maniera, con quel tradimento sfacciato a Visentini qul giorno a Sappada, sfruttando gli eventi, il caso sulla collina austriaca di Villach. Ricordate? Attaccò il danese Rolf Soerensen all'ultimo chilometro, lunga rincorsa, quasi a favorire il contropiede di Stephen. Ma soprattutto a impedire la rincorsa di Argentin, fallita d'un soffio. Già, il tempo che s'è fermato. Roche è qui, è tornato in Italia, indossa la maglia della Carrera, posa per le fotografie di rito, stringe la mano a Claudio Chiappucci, promette e ricorda. 

Roche confidenziale: «Ho 32 anni, non posso, non voglio chiudere una carriera così, nell'anonimato. Ho 32 anni ma mi sento molto più giovane fisicamente e nello spirito, ho tanto da dire ancora, non penso di correre sino a 40 anni, però non mi pongo limiti, proprio perché non sento vecchio. Da dove vogliamo cominciare?».

- Da Visentini. Ti va? Gli hai telefonato? Lo andrai a trovare? Se vai ad abitare sul lago di Garda sarete vicini di casa.

«Visentini. Andrò a prendere il caffè a casa sua, nessun rancore.».

- Non pensiamo che ti inviti. Forse è meglio che cerchi di offrirglielo tu il caffè.

«Volentieri. Con Visentini tutto era cominciato già prima del Giro. Sa cosa andava a dire lui nell’ambiente? Roche viene in Italia, mi aiuta a vincere il Giro, poi va al Tour e io vado in vacanza. Eh no, così non va. Però quel giorno di Sappada io non ho fatto che seguire gli altri che attaccavano, stando in prima fila. Non mi sono mosso per primo».

- Lasciamo stare, Roche, non addentriamoci troppo nei dettagli di quell’operazione. Che cosa è accaduto dopo quel magico ’87? Perché sei sparito così?

«Tanti problemi, tante storie, è facile dire adesso che ho sbagliato qui, che ho sbagliato là. Ma io non ho mica sbagliato tanto, sai».

- Quando accadono queste cose nel ciclismo, inevitabilmente qualcuno tira fuori il doping. Non si può essere Merckx un anno, almeno per la statistica e poi sparire di brutto. Lo sai che hanno parlato anche di doping nei tuoi confronti?

«Lo so, lo so. Ma la cosa non m riguarda. Mi fa sorridere. Ho certi principi, per me la bicicletta è tanto ma non è tutto. Voglio vivere alla grande dopo la carriera, con la mia famiglia, con gli amici. Voglio esser sano, star bene, possibilmente diventar vecchio in salute. Quindi state certi che io alcune medicine non le prenderò mai qualunque risultato debba ottenere».

- E allora che cosa è accaduto in questi quattro anni?

«Intanto mi hanno operato per ben tre volte al ginocchio. E francamente non è poco. Alla Fagor mi sarei trovato bene ma è stato a causa di quelle operazioni che son nate incomprensioni e poi grossi problemi. Dopo la Fagor ho sbagliato io, andando alla Histor, andando alla Tonton. La facciata mi sembrava quella giusta, la Histor è un grosso nome, ma in realtà in quegli ambienti nulla funziona. Mi facevan correre quando serviva a loro perché racimolassi dei punti utili alla squadra. Mandandomi spesso allo sbaraglio. Ed è per questo motivo che son tornato alla Carrera. Altre squadre mi offrivano più soldi, ma io temevo di sbagliare di nuovo. Così ho preferito scegliere un ambiente che conosco bene, accettare un contratto vincolato al rendimento, proprio perché credo ancora parecchio in me stesso».

- Anche per questo motivo hai accettato di venir solo, senza portare neppure tuo fratello?

«Esatto. Non posso lasciare il ciclismo così, Roche non è finito, Roche non è vecchio. Ve ne accorgerete».

- Bei propositi. Ma lo sai che Chiappucci pensa di aver trovato una spalla? Questi sono discorsi da leader, da capitano.

«Chiappucci può star tranquillo. Ho tanto rispetto per lui».

- Insomma, niente a che vedere con Visentini.

«Direi proprio di no. Rinuncerei anche alla vittoria in un Tour de France e tu sai quanto ci tengo, pur di non rompere l’amicizia con Chiappucci. Però è chiaro che non sono qui solo per aiutare Chiappucci. Sono un leader, come lui, come Abdujaparov, come Bontempi. La Carrera è una grande squadra, non può essere legata a un solo personaggio dalla primavera all’autunno. Chiaro però che io ho bisogno di vincere. Al più presto. Appena si ricomincia».

- Fin qui nessun problema, Chiappucci pensa soprattutto a Giro d’Italia e Tour de France.

«Ci penso anch’io, soprattutto al Tour. Però voglio vincere subito. Peso cinque chili in meno degli altri anni a dicembre. Solo due chili in più della stagione delle corse. Ho un gran morale».

- Certo devi far dimenticare quell’assurdo gesto della crono a squadre al Tour, quando sei arrivato in ritardo alla partenza. 

«Non farmi più pensare a quel giorno. Però mi è servito, mi sono definitivamente svegliato. Neanche un bambino commette certi errori. Una settimana dopo mi scoprivo intento a piangere, proprio come un bambino. E a quel punto è scattata la molla. Roche non deve lasciare il ciclismo così. No. Deve tornare quello dell’87, almeno sul piano del rendimento, se non dei risultati». 

- A fine stagione però non hai ottenuto risultati troppo brillanti.

«A Montreal per la Coppa del mondo andavo forte, alla vigilia sono caduto mentre rientravo in albergo dopo la kermesse e non sono potuto nemmeno partire. Ero pronto per un buon Lombardia, ma la squadra qualche giorno prima ha deciso di non partecipare. E allora ho disputato anche le Sei Giorni per non star fermo, per mantenere un buon ritmo. E il 28 novembre ho brindato ai miei 32 anni, firmando per la Carrera, convinto che sia finito un incubo».

- Troverai nel ’92 un ciclismo diverso da quello dell’87.

«Non tanto, non credo. LeMond, Fignon, Delgado non hanno di certo esaurito la loro recita. Come Roche. Bugno e Chiappucci. Indurain e Breukink posseggono maggior freschezza, è logico. Ma noi tanta esperienza in più. E vedrete quanto servirà».

- Chiappucci è in grado di vincere il Tour?

«Direi di sì. Giro e Tour. È diventato molto più forte di un tempo, ha dimostarto l’estate scorsa che il secondo posto al Tour del ’90 non è stato un caso».

- E Roche, sinceramente, nel ’92 che cosa vorrebbe vincere?

«Una grande classica. Lascio scegliere a te, punto alla Sanremo, un grande Giro. Ma lì se potessi scegliere io, sceglierei il Tour de France».

- E quando smetterà di correre, Roche che cosa farà?

«E chissà. Io non smetterò mica tanto presto. Ho corso poco, ho ancora tante rivincite da prendermi, l’età anagrafica per me non dice nulla. Che cosa farò? Magari andrò a vendere jeans. Questa volta la Carrera io non la lascio mica più. Certi errori li commetto una volta soltanto. E non parliamo più del passato per favore. Parliamo, vi prego, del futuro che attende Stephen Roche».
Beppe Conti


Pro’ da undici anni

Stephen Roche è nato a Dublino, in Irlanda, il 28 novembre 1959. Professionista dal 1981 è un atleta completo e un corridore abile e risoluto. All’esordio vinse subito la Parigi-Nizza, dimostrando una certa predisposizione per le corse a tappe. La sua stagione milgiore è stata l’87, anno in cui ottenne quanto era riuscito solo al grande Eddy Merckx: Giro, Tour e Campionato del mondo.

Dopo quei trionfi però è cominciato un periodo buio. Roche ha cambiato squadra tre volte. Prima alla spagnola Fagor, poi in Belgio alla Histor e infine alla Tonton Tapis. Gi ultimi quattro anni sono stato contrassegnati da malanni fisici che ne hanno condizionato il rendimento. Roche però ha avuto anche molti problemi di convivenza, ultimo dei quali con il direttore sportivo della Tonton, Roger De Vlaeminck.

Nella scors sagine aveva cominciato bene vincendo la Settimana Catalana e il Criterium Intenazionle. Ma poi è incorso nella “leggerezza” del Tour quando è arrivato fuori tempo massimo nella cronosquadre Bron-Chassieu per aver preso la partenza in ritardo. Il manager della Carrera, Boifava, ha confemato che quest’anno Roche correrà due grandi corse a tappe e una sarà il Tour.

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