IN FUGA DAGLI SCERIFFI - La pandemia del Pantanismo e altre storie
Simone Basso
IN FUGA DAGLI SCERIFFI
Oltre Moser e Saronni: il ciclismo negli anni Ottanta
Prefazione di Herbie Sykes
ESTRATTO dalla Prefazione
di Herbie Sykes
Incontrai Simone Basso la prima volta al Giro d’Italia 1999.
Si presentò indossando una vecchia maglia della Système U in onore di Laurent Fignon, e vedeva il Pantanismo per ciò che fu.
Simone, che raramente dimentica qualcosa, ha scordato di ciclismo più di quanto io potrei mai saperne, si rifiutava – solo soletto – di aderire a questa pandemia di religiosa idiozia.
Eravamo nell’età dell’EPO e Pantani, scalatore meraviglioso comunque, aveva un tasso naturale di ematocrito molto basso.
Era un corridore straordinario ma, nella sostanza, nient'altro che un giullare.
Non aveva la testa, una corazza emotiva, per fronteggiare il circo che gli avevano costruito intorno, e come avrebbe potuto?
Un sistema mediatico nauseante e povero di contenuti, un pubblico (illuso) alla ricerca di un Davide sportivo, tutti quei classici espedienti retorici legati allo sport italiano…
(...)
Penso che Simone Basso sia un giornalista straordinario, e pure molto fortunato: perché non scrive per mestiere e non ha un editore tradizionale.
Niente copywriter osceni, e soprattutto nessun interesse economico-finanziario nel ciclismo professionistico.
Perciò (e questo è il punto cruciale) è libero di scrivere come e quando vuole, e di farlo senza compromessi giornalistici o formali.
(...)
I libri di sport, a quanto pare, sono giudicati dalla (o dal nome in) copertina, e fatti con un unico scopo: venderli; e se poi si leggono anche, tanto meglio.
Non è il caso di Simone, il che la dice lunga sulle penurie e sul torpore intellettuale dell’editoria sportiva.
E allora che si fottano.
Godetevi il viaggio.
Herbie Sykes
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