IN FUGA DAGLI SCERIFFI - I Flahutes



Simone Basso
IN FUGA DAGLI SCERIFFI
Oltre Moser e Saronni: il ciclismo negli anni Ottanta
Rainbow Sports Books ©

I Settanta furono il loro decennio: lo dominarono quasi integralmente, imponendo il terrore sulle strade delle classiche e dei grandi giri. 

Flahute è un’espressione gergale francese, nacque nel dopoguerra riferendosi ai vicini di casa fiamminghi; corridori che impararono il mestiere nel bel mezzo della desolazione industriale postbellica. 

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Il flahute però non si definì mai in virtù di un banale passaporto: lo furono, in quel periodo, anche Felice Gimondi e Francesco Moser oltre all’armata invincibile capeggiata da Eddy Merckx e Roger De Vlaeminck. 

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I flahutes pretesero le strade infami, il freddo, il fango e soprattutto la pioggia e il vento: gli elementi ideali per esaltarne lo spirito guerriero e sottolineare i parsec che li divisero, in maniera inconciliabile, dal resto della truppa. Soprattutto dai tappisti, la borghesia ricca e delicata esaltata dai media e dal sole delle gare estive. 

Tanto per rimarcare la stravaganza degli Ottanta, il flahute per antonomasia fu un irlandese, l’immarcescibile Sean Kelly. 

Fenomeno a scoppio ritardato, arrivò a dominare il circuito oltrepassati i ventisei anni, ma fu eterno o quasi: sviluppò una virtù merckxista, feroce, nel presenziare a ogni appuntamento importante e, ahilui, subì una maledizione crudele riguardo a mondiali e Giro delle Fiandre. 

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La situazione, non ancora regredita all’iper-specializzazione dei Novanta, visse anche di campioni che onorarono comunque la liturgia dei flahutes: Bernard Hinault, Didi Thurau, Hennie Kuiper, Laurent Fignon, persino Greg LeMond, si sottoposero al supplizio dell’acciottolato e dei muri. Onorando, anche con le proprie sconfitte, la grandezza romantica – beethoveniana – dell’inferno pedalato.



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