IN FUGA DAGLI SCERIFFI - All-Canadian & Aussie Boys
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Simone Basso
IN FUGA DAGLI SCERIFFI
Oltre Moser e Saronni: il ciclismo negli anni Ottanta
Prefazione di Herbie Sykes
Rainbow Sports Books, 160 pagine - kindle, amazon.it – € 9,90
Sembravano tutti usciti da Breaking Away (1979), in Italia All-American boys, i ragazzi extra-europei che s’invaghirono di quello sport così alieno e affascinante. Portarono in Europa, oltre alla valigia, un carico di attese che si tradusse in un entusiasmo smisurato per il mestiere.
Un’attitudine diversa, molto più generosa e scavezzacollo, simile a quella del personaggio Dave Stohler (interpretato da Dennis Christopher) in quel film: Steve Bauer apparve in Italia come un tornado ciclistico.
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Si presentò con il botto, il biondo dell’Ontario, e divenne grande ne La Vie Claire di Bernard Hinault e Greg LeMond.
Con quest’ultimo, oltre alle affinità linguistiche, stabilì un’amicizia “ambientale”: costretti, come altri corridori esotici, a vivere nove mesi l’anno a Kortrijk (nella campagna belga) da veri immigrati del pedale.
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Passista-scalatore impetuoso nello stile, coadiuvato da cosce ipertrofiche che obbligarono gli organizzatori della Grande Boucle, nel 1988, a confezionargli su misura il body giallo.
Quella stagione rappresentò il paradiso e l’inferno del canadese, quarto a Parigi dopo una corsa da combattente indomito e a un passo dall’affermazione iridata a Renaix.
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Con una sparata delle sue, rientrò all’ultimo chilometro sui fuggitivi Claude Criquielion e Maurizio Fondriest. La volata, in pendenza, la condusse in testa fino all’incontro-scontro con l’idolo di casa. Bauer ci mise la spalla, al resto ci pensarono il restringimento della sede stradale e l’imprudenza di Claude: il vallone si scontrò con le transenne e rotolò a terra, l’imberbe Fondriest indossò l’arcobaleno e Steve rientrò in albergo, dopo la squalifica, con la scorta della polizia.
L’anno seguente, a Chambéry, fu l’unico a seguire sulla salita i duellanti Laurent Fignon e LeMond. Peccato che, nel momento-clou, bucò una gomma.
Nel 1990 altro rimpianto cosmico, a Roubaix: nel velodromo sprintò con la potenza di quello con più birra in corpo ma Eddy Planckaert (velocista doc) lo bruciò al fotofinish. Il distacco? Mezzo tubolare. Alcuni tecnici fecero notare che, con i copertoni speciali adottati per l’occasione dalla Castorama, Bauer avrebbe messo le mani sul trofeo in porfido.
Quell’estate, a luglio, fece ancora un po’ di storia: fu, infatti, il promotore della fuga-bidone – con Claudio Chiappucci, Ronan Pensec e Frans Maassen – che stravolse l’edizione numero settantasette del Tour de France.
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