Antonio Santaromita - "Santo" subito - da editare
Antonio Santaromita
(Magniflex 1986-1987)
La leggenda del “Santo” corridore
Mauro Antonio Santaromita (Varese, 18 settembre 1964) è un ex ciclista su strada italiano, professionista dal 1986 al 1997.
Conseguì un solo successo da professionista, nel 1989, aggiudicandosi la classifica generale del Giro del Trentino davanti a Claudio Chiappucci. Suo fratello minore Ivan Santaromita è stato anch'egli un ciclista professionista.
di CHRISTIAN GIORDANO ©
IN ESCLUSIVA per Rainbow Sports Books ©
Arcisate (Varese), lunedì 29 gennaio 2018
Giro 1987: 38°
- Antonio Santaromita, per prima cosa ti butto lì un ricordo. Riccardo Magrini, allora tuo direttore sportivo alla Magniflex, al Giro dell’87 si affaccia dall’ammiraglia e ti urla: "Antoniooo, vieni qua, stai vicino alla maglia rosa ché almeno ti inquadrano". Che cosa ti viene in mente?
«Che al momento non me n’ero neanche accorto che c’era Visentini in maglia [rosa] che s’era staccato. E dopo ho guardato e dico: Si è staccato. E siccome era un po’ di chilometri che era…. E allora ho detto: Va bè, vediamo cosa... [sorride, nda] Non avevo neanche capito cosa aveva detto lui, però alla fine…».
- Allora contestualizziamo. Soprattutto per i più giovani, che magari non si ricordano bene o non sanno. Giro d’Italia 1987, una tappa che ha fatto epoca, quella di Sappada con il – presunto – tradimento di Roche a Visentini. Poi ti chiederò se per te tradimento è stato oppure no. Il tuo diesse Magrini - e già avere come diesse Riccardo Magrini fa abbastanza pensare... [sorridiamo, nda] - ti disse così perché, per una squadra piccola come la vostra, la Magniflex, era importante apparire in tv, far vedere il marchio... Com’è andata quella fuga, in quella tappa?
«Niente, lì era nata… La tappa, la cronometro di San Marino, aveva preso la maglia Visentini. Siamo arrivati alla tappa di Sappada, Roche si è infilato in una fuga di cinque-sei corridori, adesso non è che ricordo... Dietro hanno tergiversato, il vantaggio è andato abbastanza alto, sui due minuti forse, adesso non mi ricordo, se non mi sbaglio. A un certo punto la macchina, la loro, della Carrera, è andata davanti. E adesso lì non so bene se è stato che loro sapevano già, o non lo sapevano, è stato un meccanico che era amico di Roche, quello che l’anno dopo…».
- Patrick Valcke.
«Sì. E ha detto: Guarda che dietro stanno tirando i tuoi. Lui [Roche, nda] non tirava, fino a quel momento, è nata tutta… Lui tirava, tiravan dietro, tiravan davanti...».
- Ma tu sei entrato subito nella fuga o li hai presi dopo?
«Dopo, dopo che mi son staccato, dopo tutto un ambaradan…».
- Roche ha scritto tre libri e speso ha cambiato versione. Sai che roche è uno abbastanza bravo anche nelle pubbliche relazioni. Lui sostiene, ancora oggi, di essersi nella fuga con Bagot, con Salvador per dare una mossa, intanto per proteggere la maglia rosa di Visentini e pi perché se i "Panasonic" – io te la riassumo come dice lui poi tu mi dici se è vero o no...
«Sì, vai-vai».
- I "Panasonic" con Millar, con Breukink, i loro uomini di classifica, loro, se volevano si smuovevano per andare a chiudere il buco. Se invece non si smuovevano, Roche magari vinceva la tappa.
«Roche ha fatto una cronometro di San Marino "piano", Visentini è andato fortissimo».
- Ha dato 2’47” a Roche, però c’è un dettaglio che non va trascurato, almeno così dice Roche, nella tappa di Termoli era caduto ha picchiato il ginocchio. Non era al meglio… perché nella cronosquadre la Carrera aveva ammazzato tutti…
«Sì, è stata una cosa… allora, va bè, era una squadra… dopo lui ha preso la maglia, lui s’è infilato dopo una salita, che si faceva tre salite forse, sì, non lo so adesso…».
- Roche ha attaccato in discesa dalla Forcella di Monte Rest…
«Sì, è andato giù a tutta. Lui non so se ha attaccato perché… lui sicuramente era più caratterialmente era emergente, dopo l’ha fatto anche vedere perché ha vinto il Tour, ha vinto il mondiale. E lui era… non posso dirlo com’era però aveva i controcoglioni, diciamo. E si è visto alla fine. Visentini aveva vinto l’anno prima, era un po’ particolare. Era un corridore. Perché come Visentini, la classe che aveva Visentini…».
- …ce l’avevano in pochi…
«In pochissimi. Soltanto che lui, va bè, si è trovato in quell’occasione subito il nervoso perché tira davanti, tiran dietro, dopo lui è rimasto da solo perché non c’era più nessuno».
- Ma tu quando hai visto la prima ammiraglia, quella davanti della Carrera c’era Quintarelli lì, no?
«Sì, Quintarelli adesso io non so se Quintarelli faceva la prima o faceva la seconda, quello che non… so nel senso che non so se…».
- Ma quindi tu in corsa avevi già sentore, capivi che stava succedendo qualcosa di strano?
«Eh sì, in quel momento lì sì perché è partita l’ammiraglia, boh, non so se… come mai, come non mai, di qua di là tiri didietro tiri davanti, e… bon, come nel ’90 quando tiravan davanti, tiravan dietro, alla fine… tanto va bè, e tutto e cose e dopo… E dopo, all’arrivo un macello della miseria, telecamere…».
- Ma tu hai sentito all’arrivo che Visentini è arrivato ha preso quasi sette minuti dal vincitore van der Velde, tu hai sentito la famosa frase di Visentini stasera qualcuno va a casa»?
«Sì. Perché ero lì vicino. Ho detto: Visenta, tanto è uguale, non cambia niente, sai».
- Disse proprio così?
«Sì, disse proprio così. Sperava. Però era difficile, secondo me».
- E a chi si è rivolto sotto il palco vicino a Giorgio Martino della RAI. Ti ricordi?
«C’era Verzeletti [massaggiatore della Carrera, nda], forse lo sa, perché c’era Verzeletti, lui era… io ero di qua, lui era in mezza, qualcuno, "dài-dài, Visenta, vieni-vieni, tranquillo...". A un certo punto, non ci son problemi su e giù e…».
- Già mi hai dato il primo punto di differenza col ciclismo di oggi. Oggi sarebbe improponibile perché il corridore appena arrivano c’è tutto il cordono di addetti stampa eccetera. Trent’anni fa in cece ancora il corridore parlava a caldo, sbottava… come fece Visentini.
«Sì, non c’era tutto il bordello che c’è adesso».
- La serie di filtri.
«Non c’era l’addetto stampa, non c’era… eravamo noi, c’erano i giornalisti, arrivavano, facevano, disfacevano… se dovevi dir qualcosa lo dicevi e via. Adesso è cambiato totalmente».
- Prima parlavi anche delle differenze caratteriali. Mi tratteggi dal punto di vista di un corridore che gli correva a fianco i due corridori Roche e Visentini. E invece i due uomini, Roche e Visentini?
«Allora, Visentini, va bè, dalla sua aveva che c’erano quasi tutti italiani…».
- Anzi, quasi tutti bresciani…
«Sì. L’altro aveva solo un gregario che era con lui, Schepers».
- ...che l’anno dopo se l’è portato alla Fagor...
«Alla Fagor, sì».
- Già che ci siamo ti chiedo anche un’altra cosa. tu in gruppo magari avrai capito che Visentini faceva fatica a fare alleanze. Roche invece era bravo. E guarda caso l’anno dopo alla Fagor chi s’è portato? Millar…
«Sì, tutto il suo… entourage che aveva dietro, che era capace di riuscire… però non andava più come l’anno prima. Perché quell’anno l’87, uno che vince il Giro, Tour e mondiale e se non mi sbaglio aveva vinto anche…».
- Il Romandia, la volta valenciana, ha buttato via la Liegi – si marcava con Criquielion e si son fatti fregare in rimonta da Argentin – e invece era stato sfortunato alla Parigi Nizza perché aveva forato nel finale Kelly che era amico suo gliel’ha messa in quel posto perché ha fatto tirare a tutta i suoi…
«Visenta era abbastanza tranquillo, lui viveva nel suo mondo. Lui non è che… è che aveva classe. Aveva doppiamente più classe. L’altro invece aveva più grinta. L’altro aveva una grinta che non…».
- E come corridori erano tutti e due completi a parte Visenta che in volata era meno di zero…
«Visenta no, roche era un po’ più veloce. Visenta, se era in giornata, era dura, se era in giornata. Ma non è che… lui viveva nel suo mondo, tranquillo, non è che aveva…».
- Ma in gruppo c’era o è un falso mito un po’ d’invidia, perché era bella, perché aveva i soldi, perché...
«No, no, no…».
- O sono state un po’ ingigantite ’ste cose?
«Secondo me almeno con me io non ho mai avuto modo di… a parte che va bè abbiam fatto 86 87 dopo non so se ha smesso nel ’90».
- Però con la testa aveva già smesso lì…
«Sììì, aveva smesso. Ha smesso quel giorno lì ha smesso».
- Probabilmente sì.
«No, non era uno che faceva…».
- E con Roche invece hai avuto confidenza?
«Sì, si parlava si scherzava. Lui va bè lui era così, decideva…».
- Tutti mi dicono che roche aveva quella capacità di farti sentire importante. Sembravi la persona più importante al mondo, ti dà la pacca sulla spalla, ti guarda negli occhi quando ti parla...
«Sì, quello sì. E poi rideva, poi cosa… Visenta non parlava tanto, poi andavi là: “Visenta, com’è?". “Eh, com’è com’è…”. [ride imitandolo, nda] Poi si scherzava, ormai era…».
- Ma è vero che lui, uno che in corsa stava sempre decima posizione a destra, sempre a destra,. Vento in faccia.
«A destra, sempre a destra. Sempre vento in faccia…».
- Ma perché aveva paura di correre nella pancia del gruppo?
«Boh, penso di sì. Lui aveva … se glielo dicevi era uno che se arriva il primo giorno che gli portavan le cartine le buttava via tutte… Bordonali le sa queste cose. Lui arrivava al Giro d’Italia diceva buttava via tutto e diceva mah oggi che tappa c’è? C’è la salita? Si va bè, bon, che salita è? Ma l’abbiam già fatta? No, ah, okay. Poi magari non si ricordava: santo che cos’è che c’è oggi? Eh, è capitato un paio di volte, eh oggi c’è la salita. Ma è dura? Dura, figa, per me sì, per te no, gli dicevo… no, no ma che salita è? E via…».
- Cassani mi ha detto: ma quali garibaldi, ero io il suo garibaldi perché quell’anno lì era il suo compagno di stanza. E gli fa alla mattina a h cosa c’è oggi, gli faceva lui da garibaldi, l’altro non sapeva niente. Un po’ naïf insomma.
«Quando c’era la riunione con Boifava così, “cosa fai oggi Roberto?”. “Ma sì, vado dietro agli altri…”. Così eh faceva».
- Era appassionato di sci, voleva fare il maestro di sci. Ma quindi gli è “cascato” addosso ’sto dono dal cielo che era forte di suo aveva un motore pazzesco di suo
«Lui sì lui aveva… doveva … perché ha perso un Lombardia adesso non mi ricordo più se ha vinto Saronni qualcosa, aveva maglia Vibor lui…».
- Primi due anni...
«Primi anni. Sì lui era aveva…».
- Con Corti ha buttato via un campionato italiano… Cioè, buttato via… Ha fatto di tutto per non arrivare in volata ma poi…
«Sììì, ma lui stava anche… Adesso non so che cos’è che fa adesso?».
- Anzi ti chiedo secondo te è vero che era più adatto per il Tour o le classiche dure, invece lui dice ma Roberto perché non vai al Tour: e invece lui dice tre funerali e mi son pagato il tour [ridiamo, nda] ci sta nel personaggio o è una foratura.
«Sì-sì, ci sta, lui il Tour proprio in quel periodo il Tour lui non lo voleva far nessuno perché, va bè, era duro e poi…».
- Perché era duro e poi perché i grandi marchi delle squadre italiane erano mobilifici di qua…
«Sì, tutti qua, non c’era… Non c’era la globalizzazione. Adesso già da qualche anno il Tour hai una visibilità a 360 gradi e allora».
- Per dirti, Scibilia il patron di Saronni alla GiS, per lui era più importante il Giro di Puglia che il Tour.
«Sì. Una volta son venuti a casa lui e Lang, sono arrivati a Lourdes. Giuseppe siamo a Lourdes, eh meno male, digli che ci ha fatto la grazia enorme, la madonna… [ride, nda], che ci ha fatto venire a casa, era il giorno di riposo loro, boh, erano venuti a casa…».
- Tu che esperienze hai delle corse all’estero di quell’epoca. È vero che in Francia ancora ancora, in Spagna erano organizzate male, che si rischiava proprio anche col traffico eccetera?
«Quegli anni lì no, forse gli anni prima ancora sì. Quegli anni ho fatto il Tour nel ’90, ho fatto il Tour nel ’91, nel ’93, nel ’94. E non era…».
- Primi due… 65°, nel ’93 e ’94.
«Non era male».
- Invece di Vuelta ne hai fatte…
«’88, ’92 e ’96, ero venuto a casa perché avevo rotto una costola».
- Nel ciclismo degli srm, delle radioline, quello di oggi, dei super squadroni, potrebbe succedere una Sappada oggi? Una tappa così, intendo?
«Potrebbe. Secondo me, sì».
- Per te è stato tradimento o una scelta di corsa? Di business come la chiama Roche?
«Secondo me è perché lui era emergente, sentendosi dire dietro tirano i tuoi compagni, alla fine avevano due minuti, tiran loro, tiro anch’io. Come nel ’90, quando Chiappucci ha messo davanti la squadra per tirare che c’era Pensec che il giorno prima aveva preso due minuti nella crono di Villard-de-Lans [12esima tappa, 33,5 km con partenza da Fontaine,, vinse Breukink e Chiappucci sfilò la maglia gialla a Pensec, nda], che quel giorno lì non tirare che tanto tirano indietro, non tirare che tanto vengono indietro, no-no-no, no-no-no, e alla fine è rimasto da solo. Stessa cosa. quando si arrivava a Saint-Étienne. E alla fine dopo è partito LeMond è partito Breukink, è partito bugno e lui s’è ritrovato da sollo. E quel giorno lì’ secondo me se c’era in ammiraglia c’era uno tagliato, diceva Oh, tiriamo regolari dopo s’è trovato da solo, Chiappucci. Era un po’ la loro limitazione per modo di dire. Perché alla fine se tu vai a vedere aveva preso due minuti e passa. Un minuto e qualcosa».
- E infatti tanti dicono che un po’ l’ha buttato via. Anche tu la pensi così?
«Cioè, l’ha buttato via nel senso che l’avrebbe perso magari lo stesso perché con Greg LeMond…».
- Ma non così...
«Sì, magari butti via ma con un po’ più di intelligenza tattica».
- Perché qualcuno dice che Boifava e magari forse comprensibilmente è andato nel pallone perché in quei frangenti lì la radioline non c’erano, quindi non è che puoi decidere con gli strumenti di oggi…
«Devi cercare di… Cioè, in quei momenti lì devi cercare di rischiare, sai che Pensec tornava indietro… andavano per l’ultima settimana se non vieni indietro oggi vieni avanti domani, tieni lì il vantaggio, a un vantaggio, a un vantaggio di un minuto mezzo due minuti, non vuoi perderlo, perché dopo ti trovi da solo perché tirava Bontempi, tirava forse non so se c’era Ghirotto o Perini perché poi…».
- Dei bei cavalloni però...
«Sì, perché dopo il Vercors, non c’era un metro di pianura, mi ricordo c’è stato un cinque minuti di calma, siamo andati a prender l’acqua poi basta, poi non c’era più… Il giorno prima abbiam fatto cento e un po’ di km perché ho detto: “Domani vedrai che c’è guerra”. “No-no-no, no-no-no”. “Domani c’è guerra”. Infatti siamo riusciti, giù in fondo, pac…».
- E quindi tornando a quell’episodio lì analogo, quindi secondo te Boifava lì forse ha sbagliato ad andare a dire a Leali dovete tirare. Visentini s’è innervosito
«Eh, dopo ti innervosisci tira davanti, tira dietro e dopo è partito tutto un ambaradan. Perché lui forse Visentini non avrebbe mai pensato che questo qua partisse. Perché già s’era già innervosito perché era andato in fuga. Sì, è ovvio che lui dice…».
- Eh, le due versioni, no?
«E infatti».
- C’è chi dice: Ah, ma c’era un accordo a inizio stagione o magari prima del Giro. Io ti aiuto al Giro e tu mi aiuti al Tour il punto qual è che roche sostiene che ha sentito un’intervista di Visentini che dice no no io vado al mare [ride, nda] metto le balle a mollo che poi non si sa se l’ha detta o non l’ha detta.
«L’avrà pensata sicuro».
- Il concetto è quello lì e allora quello là, poi, sai, la Carrera, visto che lui veniva da un anno di infortuni perché era caduto alla Sei giorni di Parigi, novembre 85, quindi tutto l’86.
«Quasi fermi, sì fermo.»
- Gli han detto guarda che qua smetti di correre, invece dopo l’han rimesso in piedi.
«Aveva una grinta della miseria. Al Giro di Francia quando è arrivato che gli han messo l’ossigeno vuol dire che è arrivato che aveva dato… È uno che aveva…».
- Io ho pensato: qui ci scappa il morto…
«Vuol dire che è uno che aveva una grinta superiore alla norma. E lì davanti a quello non puoi, perché dopo le tappe dopo ha tenuto bene. Anzi, non è che era…».
- Per chiudere quel discorso che facevi tu, la Carrera gli voleva tagliare lo stipendio perché Roche guadagnava un botto, nell’86. Correva pochissima non ha vinto niente. E lui già cominciava a cercarsi un’altra squadra. Quindi giocava più tavoli: con la Carrera è per il rinnovo però intanto sentiva la Panasonic, cominciava con la Fagor a mettersi via gli amici. E poi andava forte.
«Quell’anno lì, ha vinto».
- Dice io ho più gamba e devo tirare per sto qua che poi non mi aiuta al Tour? Quindi sai la ragione è un po’ di qua e un po’ di là.
«Sì, la ragione l’ha avuta lui, alla fine, se tu guardi…».
- Però che dopo trent’anni, roche dice che ha provato a telefonargli. Roberto invece dice che se lo incontra con la macchina lo tira sotto.
«Visenta sì, Visenta è…». [ride, nda]
- Ma secondo te vasta un episodio di ciclismo o più di uno, perché poi ti ricordi la bici segata nell’84… la gente crede sia nell’87 ma a Claudio Ghisalberti della Gazzetta, per i 25 anni, ma è vero che hai segato la bici? Ma l’aveva fatto tre anni prima, a fine '84...
«L’aveva fatto prima, io sapevo …».
- Alla fine se vai a confrontare le versioni... Sarebbe uscito comunque dall’ambiente del ciclismo, al di là di Sappada? Probabilmente non gliene fregava niente no? Dell’ambiente parlo, eh non della bicicletta.
«Sì sì. Non gli interessava, lui non era…».
- Tu invece ti sei sempre trovato bene in questo ambiente perché era – è il tuo e non era il suo?
«Boh, io, va bè, alla fine è un lavoro, lo sport mi piace, sono amico, va bè conosco diverse [persone]… Lui probabilmente non interessava più di tanto. Ha anche lui delle amicizie, non so Bordonali, Leali, Bontempi, adesso non so se li vede perché, sai, alla fine…».
- Anche perché abitano tutti in quel perimetro…
«In quel perimetro di cinquanta chilometri. Sì-sì, li trovi tutti lì. Tutti lì».
- Prima parlavamo a microfoni spenti tu hai avuto fiori di capitani, e anche fior di direttori sportivi, almeno diciamo come fama, il tuo rapporto con loro: capitani e diesse che hai avuto.
«Capitani… va be ho avuto Bugno, ho avuto…».
- Sei stato abbastanza fortunato come nomi e come periodo storico in cui li hai avuti, vero?
«Sì. Poi nel ’93 abbiamo avuto un gruppo abbastanza forte all’ariostea che era un bel gruppo. E il ’95 ero alla Gewiss, ho avuto va bè, Berzin, Ugrumov e Furlan».
- Berzin che l’anno prima aveva vinto il Giro.
«Il ’94, aveva vinto il Giro. Dopo, il ’96, eravamo ancora lì alla Gewiss, sempre con Berzin, però c’era…».
- Ecco, la parabola di Berzin... Roche aveva questa cosa che andava bene negli anni dispari. Nell’81 pronti-via e, passato pro’ da appena tre settimane, vince la Parigi-Nizza, più giovane di sempre nel dopoguerra. Nell’85 fa terzo al Tour e vince sull’Aubisque e infatti Boifava se lo porta in Carrera per l’anno dopo. L’87, l’anno magico, nell’89 pare riemergere. Gli anni pari tra infortuni e guai vari è andato male…
«Berzin, lui nel ’94 era ha vinto il Giro grazie ad Argentin, perché se non c’era Argentin quell’anno lì… lui [Berzin] andava, ma Argentin era quello che…».
- Un po’ il regista, il grande vecchio.
«Ha vinto la Freccia, ha vinto la Liegi e ha vinto il Giro d’Italia. Argentin, in quel lato lì, era il numero uno».
- Ma cos’era la Freccia che hanno fatto tripletta?
«La Freccia, han fatto primo-secondo-terzo…».
- E Cassani ottavo. Otto italiani nei primi dieci.
«Sì, han fatto primo secondo e terzo [Argentin, Furlan, Berzin, nda]. Poi la Liegi ha vinto, sempre quell’anno lì, la settimana... Tre giorni dopo, l’ha vinta Berzin. E poi son venuti al Giro d’Italia. E al Giro d’Italia era come la Sky adesso».
- Come potenza?
«Sì».
- Ma anche di grana?
«Di grana, no. Di grana no perché non c’erano quei budget che ci sono adesso. Però stavano abbastanza bene. Avevano le De Rosa, nel ’94 stavano bene. Giostravano abbastanza bene».
- E nelle varie squadre con chi ti sei trovato meglio, dei vari capitani e dei vari direttori sportivi o general manager? O meno, non so…
«Nel ’92 dovevo firmare con la Gatorade mi ha lasciato a piedi ad agosto».
- Motivo?
«A me e a Volpi. Non se Volpi te l’ha detto…».
- Ne abbiam parlato ieri ma lui è molto contento della sua carriera. Non ha particolari recriminazioni. Lui è molto onesto e dice. Io ero quello. Non è che dice. Potevo ambire a…
«No, no ma neanch’io. Anch’io ero quello però alla fine ci ha lasciato a piedi il 23-24 agosto».
- Ah, quindi tardi.
«Sì. Si ha detto che non ci teneva più. Dopo abbiam fatto il Lombardia. Ho tirato quasi tutto il Lombardia, ho tirato cento chilometri… Ferretti mi chiama la sera, va bene allora okay ti prendo, perché Cassani aveva parlato con lui. Vieni domani, che era lunedì a Imola…».
- E sei andato a firmare.
«E son andato giù a firmare. Martedì mi ha chiamato Stanga per firmare e ho detto: "No, guarda che io ho già firmato", e via».
- E non hai fatto come Roche, non hai giocato su più tavoli? O non lo sapevi che ti avrebbe chiamato Stanga dopo?
«No, non lo sapevo perché dopo, alla fine, non lo sapevo. Io quando è arrivato Ferron: "Guarda, non ho tanto da darti...". No, bon, non mi interessa. Dai, va bè, tanto alla fine…».
- Mi hai fatto pensare a Visentini, prima parlavi della Vibor. Lui era in camera con Laghi che smetteva e l’altro iniziava. Zilioli li ha messi in camera insieme perché sai Visentini era un po’ fumantino, Laghi molto tranquillo, bellissimo personaggio, quindi per dargli in po’ della sua esperienza. E Visentini stava male nella Vibor, voleva andare con Boifava che però ancora non aveva fatto la squadra, quindi il secondo sono l’ha corso lì alla Vibor con Zilioli perché Boifava ha aperto la Inoxpran del 79 dopo che Visentini aveva firmato. E non è riuscito a recedere il contratto.
«Sì, ma lui era… Va bè, quegli anni lì andava Visenta, Visenta andava, cazzo».
- Era un predestinato?
«Sììì».
- Mondiale juniores ’75, campione italiano a cronometro.
«Sì, soltanto che a volte si perdeva via, lui arrivava fino a un certo punto, poi diceva a luglio vado al mare, basta. E lo ritrovavi l’anno dopo quando arrivavi, come va “Visenta, tutto bene?”. “Sì-sì, tutto a posto”. Poi ogni tanto qualcuno raccontava di quello che [Visenta] combinava, perché non è che [Visenta] non ne combinava…».
- Tu ti ricordi qualche aneddoto? Perché tu con lui avevi un buon rapporto vero?
«Sì, quando… adesso non so quando gli ha tagliato le due piante al suo vicino di casa perché non vedeva il lago. Non vedeva il lago, è andato là a tagliargliele. [ridiamo, nda]
- Laghi mi ha raccontato che la sera al ristorante una fame e non lo servivano mai. A un certo punto prede la tovaglia e ha buttato per aria tutto è andato in camera
«Sì-sì. Visenta era… Gli ha fatto fare un funerale a 160 [km] all’ora in autostrada fino a Trento. Aveva perso tutti. Tutti i… il papà forse l’ha chiamato, se era… andato tutto bene. Sì sì c’era un po’ un problema lì, che portava la cassa da morto andava a 160 in autostrada… [ride, nda] È così, lui…».
- Per era anche molto simpatico, o almeno così mi han detto i suoi ex compagni, perché scherzava sempre, le sue battute dissacranti…
«Sì, fuori di testa…».
- Torna anche a te?
«Sì sì si, mi torna…».
- Fu anche sfortunato. Ha vinto il Giro col polso rotto...
«Col polso rotto, sì».
- E l’anno dopo, quello famoso di Sappada, lui poteva ancora arrivare sul podio, perché c’era la crono finale di Saint-Vincent., è caduto a pila, sul polso quello lì… Non mi hai detto dei direttori sportivi con chi ti sei trovato bene, o dei capitani, se ce l’hai, ma magari ti sei trovato bene con tutti…
«Più o meno con tutti. Ho avuto Ferretti…».
- Che compiti ti davano cioè che tipo di corridore eri, per chi non ti ha visto correre…
«Mah, ero un gregario, quando c’era da… ero un gregario, mi difendevo in salita, tenevo… con “Ferron”, nel ’93 abbiam fatto un po’ di… come si chiama, avendo un gruppo così, al Giro d’Italia, al Giro di Francia, riuscivamo un po’ a fare un po’ di tattiche, un po’ di cose. Lui etra abbastanza grintoso, diciamo, poi c’aveva anche i corridori».
- A un certo punto non gliene fregava più niente della classifica generale. È vero che nelle sue squadre, lui puntava solo alle tappe, perché…
«Allora, quell’anno lì c’era per fare la classifica, non c’era Riis, c’era Lelli, che faceva classifica».
- E invece Ferron voleva le vittorie di tappa perché davano più visibilità?
«E forse sì qualcosa sì, dopo, va bè… Poi siamo andati al Tour e c’era Riis che faceva classifica, e infatti ha fatto quarto, Riis al Tour nel ’93».
- Poi, nel ’96, Riis il Tour avrebbe vinto ma diciamo che in circostanze un po’ così…
«Sì. Però, va bè, lui [Ferretti, nda] era a parte che lui arrivava anche dagli anni della Bianchi-Piaggio dove aveva i corridori, soltanto che c’era be’ Hinault e… lui quegli anni aveva, perché aveva Baronchelli… aveva Prim, aveva Contini, aveva [Alf] Segersäll insomma…».
- Cioè con quei corridori lì potevi pensare alla classifica… Se non ci fossero stati i due fenomeni...
«Sì, quell’anno lì infatti le ultime dodici o tredici corse le abbiamo vinte».
- Hai avuto anche tu un quarto d’ora di gloria quando finalmente ti è stata data un po’ di libertà, al Giro del Trentino del ’89, che hai vinto davanti a un certo…?
«Chi è che c’era?».
- Chiappucci…
«Sì, Chiappucci. Quell’anno lì…».
- Che squadra era la pepsi cola alba cucine, con chi eri?
«C’era doveva esserci Magrini, invece c’era… dopo, Magrini non è più venuto, c’era Menicagli. No, no, aspetta c’era quell’altro che è morto, l’anno scorso è morto. [Fanini-Pepsi Cola-Alba Cucine, 1989, ds: Franco Gini, morto il 18 febbraio 2016, e Donato Giuliani]. Lì quell’anno lì è stato che Tomasini aveva preso la maglia, cioè la prima tappa l’avevamo vinta con Canzonieri ero arrivato terzo o quinto non mi ricordo più. Il giorno dopo Tomasini prende la maglia che arrivavamo su dove c’era la campana, a Rovereto che c’è quella campana lì. dopo cosa è successo? Siam partiti, il giorno dopo, e c’era la combriccola della Gewiss-Bianchi… con in testa Bombini che ha cominciato a parlare, a fare, a eeehhh… E da lì ha cominciato a scattare, scatta uno scatta l’altro ho detto bon, adesso ti faccio salire tutto il giorno e sono andato, siamo andati con Giuliani era…».
- Quindi per fargliela un po’ pagare?
«Sììì, un po’… No pagare, però, cazzo, perché dobbiamo tirare noi che abbiamo la maglia? Noi tiriamo, sì, ma te… E abbiamo scollinato lì da Riva del Garda si andava da dietro, poi si scollinava e diceva Giuliani che abbiamo scollinato gli faccio. “Giulio”, andiamo giù a tutta, va bene, siamo giù in fondo avevamo un minuto e mezzo poi dietro sono arrivati, dietro non tirava più nessuno, loro non tiravano poi han cercato di tirare, ma davanti abbiam guadagnato, io tutto l’ambaradan del Giro del Trentino è questo. E io il giorno prima ero caduto con Fondriest a scendere dal passo lì che c’era, perché m’ha detto: guarda che la conosco, la faccio io… va bene, fai te». [sorride al ricordo, nda]
- E quindi gli sei andato dietro?
«Sì, [gli] vado dietro, dico la conosce, infatti ha preso la curva siam andati tuti e due dentro nel prato…».
- Fortuna che la conosceva… [ridiamo, nda]
«Sì, infatti quando stavo andando dentro nel prato gli ho detto: “Cazzo, per fortuna la conoscevi…”. Tutto lì. perché non so se sarei rientrato però eravamo lì perché c’erano i colombiani quell’anno lì».
- Visentini coi colombiani ce l’aveva. E anche con quelli dell’est perché diceva non sanno andare in bicicletta.
[Ride, nda] «Sì-sì… Perché non sapevano andare. In salita andavano, poi diceva: cazzo in salita vanno come le moto in discesa vanno meno di me a piedi. Com’è possibile? Va bè, Visenta però, figa, cosa deve fare. Eh, cosa deve fare?! Guardalo, guardalo com’è. E niente…».
- E ce l’aveva con quelli dell’ex Blocco dell’Est…
«Sì, continuavano a frenare, non frenavano mai. “Giovaneee, bisogna frenareee!”. Perché prima, quegli anni lì, magari si faceva ancora dei km un po’ regolari allora si rideva in questa maniera qua…».
- Oggi è un po’ diverso perché vanno a tutta dal primo chilometro.
«Oggi non c’è mica tanto da…».
- La battuta di Roche: quando Visentini vedeva il cartello chiasso già si perdeva. Per far capire che al Visenta interessavano solo le corse italiane. Ti risulta sta cosa qua?
«No. Cioè, non lo so. Va be’, lui correva solo qua in giro e basta. Perché poi una volta in Italia ce n’era di corse, adesso… Visentini sarebbe perso perché di corse sì ce n’è però… Volevo incontrarlo per dirgliene un po’ però, boh, adesso vediamo se riesco a…».
- Vediamo se riesco anch’io. Ma è Boifava che mi dà problemi. Prima sì, poi no…
«Boifava, è un vizio: prima dice sì-sì, poi no. E infatti nel 90 anche un contatto con lui, m’ha tirato… 89… dopo 90 dovevo, sono andato... Ho firmato per Chateau d’Ax, ero in contatto con la Carrera, dovevo andare alla Carrera».
- Raccontami un po’…
«Ero in contatto con la Carrera, continuava a chiamarmi, allora, cosa facciamo? Vieni? Sì, ho detto va bene, okay, sta bene, vediamoci».
- Poi però non concludeva?
«No, non concludeva».
- Però è stata la tua fortuna perché sei andato alla Chateau d’Ax.
«Sì, va bè, dopo…».
- Lui ha paura…
«Ha paura di…».
- Che gli chieda coste strane, io voglio solo raccontare…
«Cose strane, oramai l’evidenza dei fatti non è che puoi…».
- Forse vuol parlare solo con giornalisti “amici”…
«Sì, però alla fine amico o non amico dici le cose come sono. L’evidenza non puoi dirgli… sì, guarda, han tirato davanti, tiravamo dietro, abbiam perso il Giro…».
- Quello, per Sappada, okay; ma in generale, uno come Boifava quanto ti può raccontare? Ha avuto dei corridori straordinari, ha vissuto in gruppo per… quanti anni?
«Sì, ma ancora adesso ha lì…».
- La under 23, no?
«La continental, la Gavardo… St’anno l’hanno presentata, e m’ha chiamato per andar là, dopo… io, boh, avevo…».
- E non sei andato?
«No, non sono andato perché alla fine, con Lugano, ormai avevo dato la parola».
- Ma perché non ti ha preso se ti aveva cercato e poi non ha concluso?
«Non lo so».
- Non glielo hai mai chiesto?
«No, non ho più… Non ho chiesto. Anche nell’88: dovevo andare all’Ariostea poi tira-molla, tira-molla, alla fine non son andato… Ci sono andato cinque anni dopo, perché Ferretti mi cercava».
- E ti ha fatto sentire importante, perché alla fine ha chiuso subito.
«Sì. Dopo, lì, l’Ariostea dopo tanti anni ha chiuso. Però quell’anno lì [1993] avevamo Andrea Ferrigato, avevamo lo svizzero Rolf Järmann, che quell'anno lì ha vinto la Amstel Gold Race [e l’avrebbe rivinta nel 1998, nda] e prima aveva vinto una tappa al Giro d’Italia [la Scilla-Cosenza nel 1989, nda]. Quell’anno lì, ’93, c’era la partenza all’Isola d’Elba. Abbiam fatto la riunione la mattina e Ferron è arrivato giù [sorride, nda] con le "x": chi attacca? Tutti han guardato a me. Figa, ho detto: "Cazzo. Fanculo…"».
- Ahia, oggi giornataccia…
«Sì, sì, oggi è… E niente, si prendeva, si usciva lì, da Portoferraio, poi si andava su… E io son partito lì».
- Perché han guardato tutti te, per le caratteristiche tue e del percorso?
«Eh, perché tutti non avevano coraggio a partire. Perché il primo che parte vien fuori un bordello, c’erano centrotrenta e passa chilometri, il tempo massimo era… E infatti quel giorno lì son andati a casa in diciannove. E io son partito e chi è che venuto dietro, dopo un paio di chilometri?».
- Eh?
«Miguel Indurain».
- Te lo sei “scelto” bene…
«E io, bon, dopo un pezzo ho tenuto. Poi, va bè, abbiamo scollinato, cioè abbiam scollinato... Eravamo un gruppettino di una cinquantina, e davanti c’era Vanzella che bestemmiava e chiedeva a me: "Ma chi è stato a partire?". "Non lo so", gli dicevo [ridiamo, nda]. E dopo, lì, quella tappa lì, l’abbiam persa. Ha vinto Argentin, che aveva cambiato squadra e ha preso la maglia».
- Ci vado venerdì da Argentin.
«Salutamelo. E chiedigli cosa gli ha detto, il giorno dopo, al Visenta».
- Eh, ma lui e il Visenta non si prendevano tanto, eh…
«No. Gli ha detto... Eravamo in fondo al gruppo, lui era a sinistra, io e il Visenta eravamo a destra: “Alora, Roberto, come siamo messi?». [ride imitandone il tono di voce e la cadenza veneta, nda]
- Argentin era una specie di capetto o forse la sua fama – in questo senso – è stata un po’ingigantita? Perché non era Saronni e Moser, come carisma e peso nel gruppo, vero?
«No, non era un capo, non era… Era uno che sapeva correre, sapeva prepararsi e… insomma quando... eeehhh... c’era. E lui ha perso la Liegi-Bastogne-Liegi quell’anno lì solo perché… Ha perso una Sanremo con Kelly. Nel ’93 ha fatto terzo alla Liegi-Bastogne-Liegi ma era quello che andava più forte di tutti. Infatti gli dico sempre: “Ma porco due, ma come cazzo hai fatto a perderla che era l’anno che andavi più forte di tutti?" Tu digli: "’93, come mai ha perso la Liegi-Bastogne-Liegi…?". "Eh, come cazzo faccio, non lo sooo…". Perché lui non era sicuro di tenere».
- Queste insicurezze qua ce le aveva…
«Sì, ce le aveva…».
- Anche a Colorado ’86, il mondiale che ha vinto: c’è arrivato pieno di dubbi e invece era…
«Sì, era quello che andava più forte di tutti. Aveva più freschezza, sì… E anche al Montello penso sia successa la stessa cosa del genere perché era quello che andava più forte di tutti. In corse di un giorno, non ce n’era come lui».
- Era anche bravo a leggerle le corse, vero?
«Figa. Eh, aveva le gambe e lui le leggeva anche bene».
- Quindi un bel mix. Roche era un altro bravo a leggerle le corse.
«E anche lui aveva una gran grinta, secondo me. Poi quando erano in giornata... Le corse di un giorno, se hai la giornata...».
- Non li tenevi quelli lì…
«Quelli lì, no…».
- E nella tua classifica corridori sia per tappe sia per corse di un giorno… [neanche mi fa finire la domanda, nda]
«[Michele] Bartoli era uno che le leggeva e anche se era cinquanta…».
- Be’ hai scelto un cavallo di razza.
«Eh, lui nel ’97 ha vinto la Liegi. E lui anche se era al cinquanta per cento vinceva le corse».
- E quel mondiale là l’abbiamo buttato via per colpa… l’ha fatta un po’ sporca Lanfranchi, no?
«Bravo. Eh, sì».
- Però ecco io mi immedesimo in un corridore che magari che non è un campione, non ha tanti anni di carriera davanti, e mi chiedo: io cosa avrei fatto, nei panni di Lanfranchi? Non so rispondere…
«Ma io ho visto… Devi essere…».
- Se il signor Mapei alza il telefono e dice. Oh, un-due-tre…
«Sì, però devi… Guarda, io ho perso una tappa del Giro d’Italia perché son stato troppo onesto. Nel ’93, se tu vai a vederla… Soltanto che lì ho non avuto…».
- Qual era la tappa?
«Si arrivava ai piedi dell’Agnello, lì come si chiama… Ai piedi però. Non mi ricordo più. Eravamo in fuga. Eravamo rimasti io, Saligari e Bortolami. E niente, avevamo fatto una fuga con Baffi, c’eravamo io, Baffi, Saligari e… Io e Saligari eravamo in squadra insieme, a trenta chilometri dall’arrivo in Val Varaita arrivavamo e mi fa: io vado. Eh, vai, minchia manca trenta chilometri siamo in due con uno… nono io vado, infatti dopo se tu vai a veder le immagini a tre chilometri dall’arrivo era cotto. Io avevo promesso a Bortolami che arrivava secondo, ho detto se vinciam la tappa fai secondo, io faccio terzo. E ce l’avevo lì a trecento metri e non ho avuto… dopo ho detto va bò, dispiaceva forse più per Bortolami che per coso… sì, e niente…».
- E quindi i corridori che secondo te nella tua classifica.
«Furlan era uno di quelli. Soltanto che se non era in giornata, Furlan non… Bartoli invece al contrario e Bugno era quello più…».
- Quello con più classe? Ma è vero che lui quasi aveva paura di vincere? Eh però dopo susicto invidia, la gente… e Corti che invece gli diceva: ma Gianni, ma è normale…
«Sì, qualcosa c’è, nooo, lui era aveva… cosa pensi che posso vincere? Ma non romper le balle, sììì. Lo stacco? Mah, lo stacchi… cazzo stacchi… dopo io… perché poi lui alla fine anche nel secondo mondiale era sei sette mesi che dicevo che lo vinceva. No no non è possibile, non possibile. Ma non mi romper le balle anche te, perché dopo c’era Chiappucci che quell’anno lì andava fortissimo. Io a e Argentin andavamo sotto dicevamo se vince Chiappucci siamo morti. Se vince Chiappucci siamo morti, allora chiamavamo Gianni: vieni giù, vieni qua, vieni vieni un attimo, se vince Chiappucci tu sparisci perché ti facciam sparire noi». [ride al ricordo e scandisce le parole, nda]
- Domani vado da Bugno…
«E digli, lì alla premondiale di Marostica, quante gliene abbiam dette, cazzo. Minchia…»
- Ma quindi era proprio un fatto caratteriale?
«Sì, sì, sì».
- Perché cosa aveva da temere con quella classe lì? E invece Claudio ha una tale fiducia in se stesso che se gli dai una maglia va a correre anche adesso… Ed è convinto, si sente persino più forte di quanto in realtà non fosse…
«Sì, se lo trovo... L’ho trovato un paio di volte, continua ad andare a tutta, ma dove cazzo vai a tutta?».
- Ma lui fa le gran fondo…
«Sììì, se io adesso lo chiamo... Quando è stato? Lo chiamavo e siamo andati a fare un giro in Sardegna con gli amatori e io dopo alla fine, bastardo, gli ho detto: Chiappa, ma ti hanno premiato, il traguardo volante l’hai vinto, i 150 euro te li hanno dati? Nooo, dove? Dove? C’era là un vecchietto, che era fermo là, guarda, è lui, è lui [ride, nda], è andato… Deficiente! Me ne ha dette di tutti i colori…».
- Quindi anche tu sei un po’ un mattacchione, ti piace scherzare…
«Cazzo. Ma se tu adesso dici, adesso chiami Chiappucci e gli dici: guardi, organizzo la festa domenica ti diamo 200 euro per la tua… lui viene».
- Per quello è andato in tv a fare L'isola dei famosi?
«Eh sì, bon».
- Per la grana?
«Penso di sì, perché poi alla fine…».
- Perché, secondo te? Questi problemi qua ce li ha avuti anche Roche. Quando uno è corridore sta via tutto l’anno, poi a fine carriera sta a casa… o come nel caso di Roche per un infortunio che stai fermo tanto… non è facile l’adattamento.
«Non è facile, no».
- Ci vuole un rapporto solido, anche una certa testa.
«Eh sì… Adesso… Probabilmente un po’ più da parte del corridore che da parte della moglie, perché la moglie, va bè, casa…».
- Eh, però…
«Eh, lo so».
- Il problema è che non conosci chi hai a fianco perché sei via tutto l’anno e quando torni le cose non sono più com’erano…
«Eh, ci vuole un rapporto abbastanza solido. Molto…».
- E questo se c’è… due cuori e una capanna non funziona, se poi hai pure problemi di soldi…
«Ciao».
- Ciao.
«Boonen, anche lui, figa, era sul lastrico… Macchine orologi e tutto, cazzo. Cioè finché corri è bello perché sai che puoi permetterti… poi però dopo alla fine devi anche pensare che è… cioè non è che tutti fanno…. Fare i corridori dura trent’anni, fare i corridori dura… va bè adesso anche Volpi quando gli è successo lì che ha vinto la Wincanton Classic [nel 1993 con la Mecair-Ballan, nda] che gli han trovato… dopo la moglie aveva chiamato perché eravamo amici, cioè sono ancora amico per l’amor del cielo, la moglie chiama e mi dici guarda vieni giù Antonio perché cazzo eh siam partiti a mezzanotte io e mia moglie siam andati giù a casa sua alle undici sennò si voleva suicidare. Cazzo, dico scusami, cioè… non esiste. È una cosa che succede. Punto. Eh ma io non posso…. Ma che cazzo te ne frega. Non è che t’han dato tre mesi di vita. Succede. Basta. Domani sei sui giornali. Dopodomani sei sui giornali, dopo basta. Finisce. Fine, cosa devi fare? Cioè…».
- Però quello è un caso già abbastanza fuori. Per esempio, ne parlavo con Pagnin…
«Anche lui ha avuto…».
- ...quasi una forma di depressione, ha rischiato...
«Eh sì, eh».
- Pagnin poi è un tipo molto emotivo… "Quando correvo avevo un club di cinquecento tifosi…".
«Adesso non c’è più nessuno…».
- Il giorno dopo che ha smesso non l’ha chiamato più nessuno.
«Eh, quello ormai lo devi mettere in preventivo».
- Ma neanche per dire: Oh, come stai? Non ti chiama più nessuno.
«No, non ti chiama… Cioè, è normale, dopo, alla fine…».
- Però non tutti hanno gli strumenti, anche culturali, per…
«Sai cos’è? Che tanti sbagliano perché sai alla fine il fatto anche di andare in bicicletta può essere un deterrente, in senso un po’ di… in tanti fanno basta, cioè…».
- Cioè che liberi la testa, dici?
«Che liberi la testa, poi dipende anche che lavoro fai, però il fatto che… tu prendi Rocco Cattaneo, che è uno non so lo conosci. Rocco Cattaneo adesso è un politico ma lui va alle riunioni del partito, va… lui è padrone, miliardario, lui è sempre in bici. Io a volto i incazzo, io a volte lo trovo, lo insulto anche perché dico: Ma come cazzo fai, vestito giacca e cravatta nello zainetto, gira in bicicletta, fa un’ora, torna fa la doccia, torna a casa, fa tutto, eh. Porca troia. Dico: Ma come cazzo…».
- E questo lo rende…
«Lo rende… cioè più tranquillo, vai, magari non andrà tutti i giorni, andrà un giorno sì e un giorno no però ti passa. Lo trovi sempre non so a mezzogiorno, alla una, e tanti ex corridori, tanti corridori che hanno smesso, corrono a piedi. Dopo in bicicletta… e però in bicicletta non vanno più e secondo me sbagliano. È sbagliato».
- Ma perché è una specie di rifiuto, di rigetto. Che hanno sofferto troppo?
«Non lo so se è un rifiuto, una… Boh, magari sono io malato, perché io faccio 26mila chilometri l’anno».
- Ventiseimila ancora ne fai?
«Più o meno, sì. Ventitré quest’anno, ne ho fatti ventiquattromila però… Sì, è esagerato però io la uso per andare al lavoro, cazzo, vado al lavoro, torno a casa, lunedì vado, due tre amici che andiamo al lunedì, magari vado in Sicilia ne tiro su un po’…».
- Volpi ieri ha fatto sessanta chilometri.
«No, non ci credo. Minchia, non ci credo. Dopo lo chiamo».
- Ieri, lui e Cattaneo, sessanta chilometri.
«Sì, anche il Cattaneo. Cattaneo è un altro con una classe della madonna, ma…».
- Sì? Però lui ha smesso prestissimo, non è arrivato dove…
«Per colpa del Moserone, non so bene…».
- Perché?
«Eh, rompeva i coglioni, lui non è capace di rispondergli, e basta».
- Lui con Visentini ha corso negli Esordienti, poi ha smesso subito.
«Sì, ha vinto due corse».
«Bracchi che lavora lì alla Carrera. Lui era il meccanico del Visenta. Gliel’ha fatta lui la terza bici».
- Dopo che il Visenta l’ha segata?
«Sì…».
«Moscon, figa, se mi capita a me, lo insulto, cazzo».
- Gli tiri un cartone?
«No, cartone no, però è andato contro Fondriest, cazzo; che Fondriest devi mettere giù il tappeto rosso, cazzo. Se tu vedi Fondriest… che è dello stesso paese… Se io avessi Fondriest che mi dicesse: Guarda, se vuoi una mano io ci sono, non ti preoccupare. "Eh, ma tu mi vuoi i soldi…". Come cazzo ti puoi permettere a Fondriest di dire… Porco due. Quando lui era… Chi l’ha mandato alla Zalf? Chi dopo, all’ultimo, gli ha fatto un po’ da chioccia? No, facciamo così, facciamo colà, facciam questo, facciamo quello. Fondriest chiamava me: "Cosa dici?". Guarda, ho detto: dopo l’italiano - ché lui voleva far l’italiano, che poi l’ha vinto - fermalo perché se tu gli stai dietro a loro, non lo porti più ai mondiali. Va bene, allora attaccati. Dopo ai mondiali, va bè, ha avuto un guasto meccanico ,dopo è rientrato. Ringrazialo, Fondriest».
- Mi sembrava un ragazzo… M’ha fregato…
«Che è per merito di Fondriest che lui è andato alla Sky. Perché lui c’è stato l’interessamento di Sky che gliel’ha segnalato, loro gli han dato l’srm. Gliel’han fatto tenere tre-quattro mesi dopo lui mandava via tutti i dati. Allora cazzo questo eh è interessante allora l’han fatto firmare. Son cose son tutte cose che m’ha raccontato Pier, con Fondriest… come che adesso Fondriest glielo devo dire, c’hanno lì due-tre colombiani ma non bisogna mai affezionarsi ai colombiani. I colombiani son dei figli di cane, i colombiani. Chaves ce lo aveva in mano un mio ex corridore come manager, quando lui è venuto qua. Quando lui ha avuto l’incidente al Laigueglia…».
- Rischiò di perdere il braccio…
«Bravo. Mattia Galli l’ha portato in ospedale. È stato con lui una settimana, non ti preoccupare. Appena ha potuto, pam! L’ha inculato. Non si fa così. Cioè…».
- L’apparenza inganna. Quel sorriso del Colibrì…
«Eh, i colombiani sono così. Ala fine è arrivato uno che gli ha detto…».
- E dopo è andato in Orica…
«E alla fine dopo è andato in Orica. tu prendi coso, quello piccolino alla UAE, è già diverso lui. Come si chiama, cazzo... Anche Pantano è già diverso Pantano, è già più riconoscente. Atapuma. Lo conosco perché abita lì vicino a Melìde. Prima, nel ’94 c’era Cacaito [Rodríguez] ma lui non era male. Ma questi qui sono… vanno dove… anche coso lì quello che è arrivato secondo al Tour è un altro figlio di cane. Che ha venduto più corse lui che Pacho Lualdi, cazzo. Pacho Lualdi ha venduto un italiano, ha venduto… Di tutto ha venduto, Pacho. Tra un po’ ti vende anche la mamma… E Urán uguale. Urán è un figlio di cane, cazzo, che non esiste... Eppure davanti a… è Urán. Così. Però alla fine, anche adesso… prima magari ce n’eran pochi, adesso questi qua, appena fan due piazzamenti, basta: è finita. Poi fanno un anno andare e un anno non vanno un cazzo, perché è così, i colombiani: un anno, poi non vanno più, poi cominciano andare… Mah…».
- Perché quell’anno lì gli tirano troppo il collo?
«Eh, perché, perché… Perché magari, sai, notorietà, il fatto di fare un bel contratto e poi vivono di rendita. Mio fratello aveva quello lì, come si chiama? L’anno scorso era alla Nippo, quello che era alla Trek… Bernal è un altro che si è comportato... figlio di cane lui, si è comportato benissimo con quell’altro, Alberati, quando gli serviva Alberati, l’ha sfruttato e dopo basta, e poi ciao. Se ero io, gliel’ho detto a Alberati, devo ancora dirglielo, perché prima glielo dico a Fondriest, poi lo dico a Alberati, che se era con me, vedevi te... Poi siamo a Catania, comando ancora io, vedi te dove vai… Come si chiama quello lì che era alla Trek e dopo ha avuto problemi di qui, problemi di là... Ma non c’avevano voglia di fare un cazzo, niente, zero, allenamento proprio… Atapuma, due anni fa, sì, è andato al Giro d’Italia con nove chili sovrappeso. Al Giro d’Italia! E se tu vai a vedere è andato forte quando? L’ultima settimana. Galli chiamava me, minchia, ho detto: Galli, ma non può questo qui andare al Giro d’Italia, adesso come adesso, con nove chili sovrappeso. Era 69, doveva essere 59-60. Infatti, adesso è un po’ tirato, però l’ho visto ieri: ha preso tre-quattro minuti in salita. Non so… Perché pensava: è stato portato».
- Nove-dieci chili: è un’enormità.
«"Eh, ma cosa facciamo?". “Ma come cosa facciamo?". L’anno scorso quando ha fatto la tappa che arrivava a Andorra, se vai a vedere, quello lì, il portoghese, gli ha detto: Sto benissimo, sto benissimo, sto benissimo”. E ’sto qua s’è messo a tirare».
- Rui Costa?
«Sì, Rui costa gli ha detto: Tira, ché sto benissimo. Infatti, ha fatto settimo. Io ho preso in mano il telefono e dico: "Mattia, mi sembra di non capire un cazzo di 'sto cazzo di ciclismo".
"Nooo, ma perché cazzo, ma questo qui ragiona o non ragiona".
Quando uno ti dice, sì è Rui Costa, okay, mi va bene, sì sto bene ma, figa, anche chi c’ha la macchina deve dire: Minchia, faccio tirare, una salita di 12 o 13 km che cazzo metto davanti Atapuma? Lo faccio attaccare piuttosto,… ce l’ho davanti sfrutto… vinciamo la tappa o rischiamo. Cioè faccio più affidamento su Atapuma che rui costa, ’sto qua è il ciclismo moderno. L’anno scorso ho guidato la prima macchina al Gran Premio di Lugano. C’era un corridore che si chiama [Simone] Consonni [arriverà 14°, nda] nel primo gruppetto, e ce n’era un altro, sempre della UAE, un norvegese. ’sto cazzo di norvegese [Vegard Stake Längen, nda] ha fatto centomila scatti, Consonni ne avesse fatto uno. C’era il direttore sportivo che fumava la sigaretta elettronica. Se ero io, la sigaretta elettronica, zio bestia, sai dove gliela mettevo? Dopo la corsa l’ho incontrato, perché c’era sempre in mano ’sto ragazzo qua, dico minchia, questo va, quinto o sesto [Längen chiuderà ottavo, nda], gli ho detto ma quell’altro tuo compagno, eh io ho detto a lui di scattare ma lui ha detto di no perché non ce la faceva”. “Come non ce la faceva, è arrivato sesto?”. “Eh, lo so ma… e il tuo direttore non dice niente?”. “Sì ma il direttore lui…. cioè…».
- Chi ha il pane non ha i denti…
«Non lo so. Tre anni fa cosa ha fatto terzo e quarto che era Lampre a Lugano. Che io ho guidato la macchina, è arrivato terzo Cunego mi pare, e chi è che c’era che andava non so se Cunego o un altro e quarto Ulissi [in realtà nel 2016 il viceversa: terzo Ulissi, quarto Cunego, compagni nella Lampre-Merida, nda]. Eh, ma son tutte… Sai, quando tu... Quando vai a far queste corse qua magari importanti, però è una cosa che si ripercuote sulle altre corse, alla fine. Se non hai un gruppo coeso, è dura la vita, eh. Cioè, alla fine, Sky... Alla fine posson dire quel cavolo che vogliono però, da quel lato lì, se hanno l’uomo, è così e basta. Non ce n’è di…».
- I giornalisti inglesi dicono che per il Team Sky il plan è sacro. Loro a inizio stagione fanno il piano e tu qualsiasi cosa succeda è quello il piano. E loro degli obiettivi individuale non gliene frega niente. Dobbiamo vincere il Tour con Froome? Tutti lavorano per Froome.
«Tutti. E poi sarà Froome a dire: Guarda…»:
- E infatti ti faccio due esempi: 2012 froome che scatta in faccia a Wiggins… lo prendono per un orecchio e gli dicono di aspettare Wiggo, lui l’ha fatta proprio plateale davanti alla telecamere, che si vedeva che andava più forte. Però ha vinto Wiggins e quell’altro aveva più gamba. 2017 uguale. Landa va via in salita, non lo tenevi. Però il capitano è l’altro, che la pressione non sa neanche cos’è. Landa invece… e quindi sai lì però ci vuole un Brailsford che ha in mano il grano il carisma, la personalità, chiamalo come ti pare…
«Guarda c’è stato tre o quattro anni fa, l’anno prima che Cancellara smetteva [2016: ha fatto l’olimpiade di Rio poi ha smesso…], [Luca] Guercilena non riusciva: eh, cazzo, di qua e… Gli ho detto: Guarda, poi chiama me, perché poi chiama me… Eh cazzo eh, chiamalo te! Io non chiamo un cazzo, tu…»:
- Ma perché tu sei in buoni rapporti con…
«Sì. Bon, Cancella lo conosco…».
- Ti sta a sentire…
«Sì, bon, ma era una questione… Ma se lui deve venire in Giappone perché il Trek ha interessi, lui quanto prende all’anno? Ehhh, tu dici: io ti tolgo 100 mila euro».
- Vedrai che viene...
«Vedrai che viene. No, ma la moglie… me ne frega un cazzo. Lui ha detto che non voleva andare in Giappone davanti a diecimila persone, diecimila tifosi, perché la moglie doveva non so… ma non me ne fotte un cazzo, hai 200 mila euro in meno a fine anno. Vedrai che viene. Cazzo, però è una bella idea…. Minchia: io! Ma tu non ti viene in mente di toccargli… e poi Cancellara, minchia, per dieci euro figa viene anche… cioè… è tutto così. E il ciclismo è questo qua. Anche adesso…».
- Ma anche una volta era così e a maggior ragione perché non c’era tutto quel grano lì.
«No, però una volta era già… cioè era già diverso…».
- Per esempio, Silvano Contini era ben visto in gruppo perché ai compagni dava guadagni più alti è vero o no?
«Sì, però prima vendevano le corse. Una volta le vendevi…».
- E anche recente, vedi Vinokourov…
«Eh, lì è stata una scuola. Però dico alla fine sai tu facevi un favore uno, dieci giorni dopo ti faceva il favore… Io quel giorno che ho vinto il Trentino c’era… c’era Gelfi e Chiappucci si son messi d’accordo, io mi son messo d’accordo con Cesarini. Cesare mi fa: oh, se hai bisogno, ci sono. Io sì sì, l’ho già messo in preventivo. E gli ho dato un milione e 200 mila lire e gli ho detto: Guarda, cesare, tu mi proti fino all’ultima… in cima alla salita di Riva del Garda, poi tranquillo, non c’è problema. Al giro di toscana ho fatto l’assegno e gliel’ho dato. Basta. M’ha chiuso un buco, che poi sì m’ha chiuso un buco… gli ho detto chiudilo cesare perché almeno… ha chiuso lui, basta. Siamo andati al giro d’Italia, era rimasto fuori ho chiuso un buco io, siamo andati… però era così. Adesso magari sai se sei a Sky non puoi vender le corse, non puoi farlo però se c’hai un coso… è così e basta».
- E infatti adesso non c’è bisogno di favori perché loro ti prendono tutta gente che sarebbe capitano ovunque, cosa fanno? Ti fanno la corsa te l’ammazzano, tutta in testa, tirare a tutta dall’inizio e quindi, sai non è che dici sai questo qui passa a casa fa visita parenti, no perché… quelli vanno a cinquanta km l’ora.
«C’era Indurain una volta potevi farlo, infatti io il giorno dopo che siamo arrivati… che abbiam vinto la tappa della Varaita, sono andato da Miguel e gli ho detto: Guarda, ti ringrazio perché ieri non hai tirato, perché è venuto fuori un bordello perché cosa è successo? In cima al Melogna era partito Roche, gli era andato Argentin dentro, anche io gli ho detto: Argentin, cazzo, meno male che sei andato dentro te, perché sennò ’sto qua arrivava. No no, non ti preoccupare, non arrivava. Lui dopo li hanno presi tra il Melogna e un’altra salitella che c’era. E Indurain ha tirato regolari e siamo andati a undici minuti. Ma se c’era la Sky non si poteva, era difficile, è una cosa… cioè dovevi menare. Andare».
- Prima parlavi di squadroni, la Carrera era una specie di team sky con trent’anni di anticipo? Perché loro insieme alla PDM, la Rabobank son stati i primi ad avere il pullman per i corridori…
«Sai loro hanno avuto sempre dei gran corridori, anche lì il fatto Chiappucci, Pantani… Non sono riusciti a capire che il Panta andava il triplo del Chiappa. Cazzo da fare. Perché adesso non so se… Perché se il Panta non vinceva, il '94, la tappa del…».
- A Merano?
«Sì, il Boifava faceva un bordello, cazzo, invece questo andava, figa».
- E lo sai che quella tappa lì Belluomini gli ha sistemato la bici e dopo alla fine Pantani gli ha dedicato la vittoria. Gliel’ha sistemata perché sennò era… rimaneva giù…
«Era si può dire che era la Sky degli anni Novanta».
- Si può dire?
«Si può dire sì perché aveva dei corridori, cazzo».
- Aveva dei corridori. E poi li andava a pescare all’estero. Poi era una delle squadre italiane più internazionali, che faceva…
«Zimmermann, aveva, Mächler, che ha vinto una Tirreno-Adriatico.
- E anche una Sanremo.
«Leali, Bontempi, Perini, figa, cinque. Chi c’era poi? C’era…».
- Ghirotto…
«Ghirotto. C’era tutta gente che insomma… non era così…».
- Quindi c’era anche questo aspetto quindi al di là dei corridori, li andava a prendere fuori, anche all’estero e faceva le corse all’estero rispetto alle altre italiane…
«Sì, è stata quella che forse una delle prime che andava…».
- Poi i viaggi, i trasferimenti il più possibile meno duri per i corridori. Erano avanti da questo punto di vista.
«Sì, da ’sto coso qua, da questo livello qui sì».
- Ti torna?
«Sì».
- Che cosa ti piacerebbe trovare in questo libro che magari i media di solito non raccontano e che tu dici: oh finalmente, ci volevano trent’anni per raccontare ste cose. Cosa ti piacerebbe trovare? Che aspetti vorresti fossero trattati?
«Bah, a volte raccontano magari cioè tante cose che magari non…».
- …il grande pubblico non sa?
«Non sa».
- Quindi che cosa: aneddoti, retroscena?
«Sì, tutte ’ste... 'sti retroscena…».
- Non con gli occhi di…
«Con gli occhi di dentro. Cioè che poi non so che ne so io boh, il fatto di una ruota che può succedere…».
- Questi aspetti qua. Che di solito al grande pubblico non glieli racconti.
«Sì, se tu vai a leggere tutti i libri che ci sono, non ci sono mai le cose che…».
- Da gregario, perché tu lo sei stato di fior di capitani, ma tu nei panni di non so penso di Schepers, saresti stato “fedele” a Roche perché l’anno dopo ti porta alla Fagor oppure non so penso al giovane Chiappucci che la sera se la faceva addosso in albergo perché lui arrivava dalla caduta al Giro di Svizzera, non sapeva neanche se lo tenevano, magari arriva Tacchella e dice: tutti a casa e lui era a spasso al secondo anno da pro. Tu come ti saresti comportato lì. da che parte. Se ti saresti schierato e da che parte? Col senno del poi eh, perché sennò…
«Magari, come dire, mi sarei schierato… è dura dire da che parte mi sarei schierato perché lì era difficile. No l’era il fatto che alla fine non è che ti devi schierare, fai il tuo lavoro perché sai che…».
- Quindi il tuo lavoro è difendere la maglia rosa, giusta?
«Sì, perché dopo ci sia stato un magari un comportamento non onesto però sai chi ti diceva che poi Visentini potesse arrivare fino…».
- Ma quindi si può parlare di tradimento alla fine, e se sì da che parte stai: Visentini o Roche?
«Stavo forse più dalla parte del Visenta, perché alla fine...».
- Perché gli sei amico, perché era maglia rosa?
«Poi lui, va bè, lui aveva fatto una bella cronometro a San Marino… lui non aveva rubato niente a nessuno. Ed era uno di quelli che sì, quell’altro forse era più grintoso… Prendendolo… era più grintoso. Aveva grinta poi era emergente poi arrivava, come dici tu, va bè, da un anno che non aveva corso, arrivava lì, era proprio…».
- Quindi tradimento ma fino a un certo punto?
«Fino a un certo punto. La corsa è corsa. La dovevano gestire diversamente dalla macchina., cioè non dovevano… sai vai davanti, non vai col meccanico – suo meccanico e amico… Il meccanico sta dietro. C’è guarda, il meccanico fa:" Guarda che dietro stanno tirando, io adesso bene…". Però più o meno era così».
- Valcke che gli dice: se hai i coglioni, tirali fuori adesso a Roche…. E si dice che Schepers e Roche l’hanno preparata in camera quella azione. No?
«Sì, sicuro. Perché sai c’erano tre salite e l’arrivo a Sappada discesa, loro l’avevano fatta lì».
- L’han preparata?
«L’han preparata, sì. E lui sicuramente aveva più condizione alla fine. E sapevano che Visenta era debole di…».
- Che sarebbe saltato?
«Di testa sì. Una cosa del genere non l’avrebbe…».
- Perché una cosa del genere raccogli le idee, non pigli sette minuti su quella salita.
«No-no-no, infatti quando me lo son trovato lì che dopo… cioè maglia rosa lotti fino all’ultimo. Potevi arrivare con da lui un minuto, un minuto e mezzo. Non puoi arrivare a sette minuti. Lui era proprio crollato di…».
- In quel ciclismo lì Visentini l’ha pagato quel suo essere sempre pane al pane, vino al vino? Però c’era Torriani che quando c’era Baronchelli faceva i Giri duri e poi l’ha vinto Pollentier, poi arrivano i due Sceriffi, abbuoni da venti trenta secondi, Visenta che aveva vinto il Giro sdell’83 per tempo effettivo lo avrebbe vinto, e invece l’ha vinto Saronni per gli abbuoni… [ride, nda] Pure sfortunato perché quando era lui forte, c’erano gli altri due e gli disegnavano i Giri su misura.
«Prima c’erano tutte queste cose qua. Ha fatto il Giro dell’84, con la salita del Blockhaus e l’ha vinto Moserone alla fine, che poi lì bisogna anche vedere…».
- Nell’84 quando ha vinto Moser hanno cancellato lo Stelvio, si dice l’elicottero della RAI…
«Sì, c’era, c’era l’elicottero. Io son stato in camera con Fignon, un anno, e m’ha detto: "Cazzo, c’era l’elicottero, io andavo indietro e quell’altro andava avanti". Ed era così».
- Quindi lui un po’ l’ha pagato?
«Eh, Visenta, sì… Però lui non ha mai fatto, non ha mai rotto…».
- E in nazionale? Alla fine faceva il gregario?
«Sì, alla fine faceva… sì però in nazionale non ha mai guardato… quanti mondiali ha fatto uno? Due?».
- Da pro’, quattro (Nürburgring 78, Sallanches 80, Altenrhein 83), sempre ritirato: l’ultimo a Colorado ’86 (vinto da Argentin), che si è ritirato perché è caduto.
«Sì, non era molto svelto perché anche quando è caduto che ha rotto il coso… a Prato, è stato un po’ anche perché non era svelto a… Ma non l’hai visto? Eh, cazzo devo vedere? Questo era lì, pammete!, è caduto… Gli è andato sopra…». [ride, nda]
CHRISTIAN GIORDANO
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