Calcio e miniere: cosa significa tifare Schalke 04


https://bundesitalia.com/2020/02/06/schalke-04-minatori-gelsenkirchen/

di GIORGIO DUSI
Bundesitalia. com, 6 febbraio 2020

Se avete in programma un viaggio turistico nella zona ovest della Germania, depennate Gelsenkirchen dalla lista. Se non andrete allo stadio a seguire una partita, finireste per annoiarvi a morte. Se invece volete conoscere e capire il calcio, segnatela come prima tappa. Vi aiuterà a capire che cosa sia e cosa rappresenti lo Schalke 04. Perché in fondo non è solo il Barcellona ad essere “Més que un club”, non è solo il Bayern a poter dire “Mia san Mia”.

Dicevamo, la noia. Ecco, in città non c’è molto, neanche un centro un minimo storico. Una Altstadt (città vecchia) esiste, ma poca roba in confronto ad altri centri del Nordrhein-Westfalen, senza scomodare Colonia. Avrei postato qui delle foto, ma non ne ho fatte. Perché non c’era niente da fotografare e la gente in giro era davvero poca. Vabbè. Capitolo chiuso.

L’unica attrazione turistica, che comunque val la pena visitare, è la ex miniera Zeche Zollverein, ad Essen (accanto a Gelsenkirchen), uno dei centri di estrazione più grandi della zona e patrimonio UNESCO. 


La miniera di Essen

L’identità dei ‘minatori’ è ovviamente radicata nel territorio: quello della Ruhr è un ricco bacino minerario che ha dato lavoro a migliaia di persone. E a Gelsenkirchen molta gente ci vive per lavorare nei dintorni. Non più nelle miniere, che sono state tutte chiuse. Alcuni carrellini però sono ancora in giro per la città e per la metro. È una delle poche cose che si nota, insieme a un colore che più degli altri risalta: il blu, il colore dello Schalke 04, dei ‘Knappen’ (tradotto: i minatori).

Schalke e miniere, un dualismo inscindibile. La squadra è stata fondata da dopolavoristi: di giorno in miniera, poi il pallone, ricordando le origini. Martello e piccone sono uno dei simboli dello Schalke. Oggi diversi tifosi vanno allo stadio con il caschetto da minatore in testa, altri invece con una sciarpa che reca le scritte ‘Kumpel’ (amico) o ‘Malocher’ (di difficile traduzione, più o meno ‘forte lavoratore’), termini nati nella regione della Ruhr e rimasti nel sangue di chi è cresciuto a Gelsenkirchen.

Quando l’ultima miniera è stata chiusa, a Gelsenkirchen è stata organizzata una grande festa allo stadio, il nome di ogni miniera campeggiava sulle maglie dei giocatori. E poi c’è anche il mitico tunnel ‘roccioso’ che conduce al campo, costruito ricordando una miniera.

Tutto richiama le origini, anche il pre-partita: viene cantato lo Steigerlied, l’inno dei minatori. E, intanto, sul maxi-schermo passano immagini di minatori, mischiate con quelle dello Schalke. 


Maxischermo e immagini delle miniere

Nell’occasione, per la sfida contro l’Hertha Berlino di DFB-Pokal, anche la curva ha dedicato la coreografia ai minatori. Ne ha rappresentato uno ‘stilizzato’, con la scritta ‘Glück auf’, il saluto nelle miniere, un’abbreviazione che rappresentava un augurio di buona fortuna. 


La scenografia della Nordkurve

Anche dopo i gol, lo speaker dello stadio urla “Glück” sentendosi sempre rispondere “Auf”. Come al suo fianco fa Erwin, la mascotte, ovviamente un minatore.

L’attaccamento così viscerale della tifoseria dello Schalke alla squadra nasce da qui, dall’identità. E si riconosce in città, dove si vedono ad esempio case dipinte con il palmarès dello Schalke.


Una casa che è una bacheca

Che pure se non vince un campionato dal 1958, qualche soddisfazione se l’è tolta. Specialmente la Coppa UEFA vinta nel 1997 contro l’Inter, quando il simbolo dello Schalke era Rudi Assauer, allora dirigente, a cui oggi è stata dedicata la piazza davanti all’ingresso ovest della VELTINS-Arena.


Rudi-Assauer-Platz, davanti all’ingresso Ovest

È un’identità tangibile, perché ogni volta che gioca lo Schalke si riempiono tutti i 14-mila posti auto intorno allo stadio – che poi è un complesso, compresi campi di allenamento, nella stessa zona dell’ex Parkstadion. Ci si avvicina sempre ai 60mila. Perché lo Schalke è uno stato mentale.

E, senza voler essere lapidario, anche perché comunque in fondo a Gelsenkirchen di meglio da fare non c’è.

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