FOOTBALL PORTRAITS - Guardiola, Pep 50 (l'anti)Special


Filosofo. Visionario. Ossessivo. Intelligente. Per quanto gliel'avranno ripetuto, di lui e del suo calcio, nel suo primo mezzo secolo?!

Tanto, troppo. Troppo "avanti". Troppo "tiqui taca", copyright mai amato (da Pep) del periodista Andrés Montes. Troppo vincente: 16 trofei da giocatore, 29 da allenatore.

Troppo logorante. Per sé e l'asfissiante entorno, quel mix di politica, interessi e spifferi che serpeggia nel "més que un club".

E che gli ha fatto lasciare, prosciugato dopo 4 stagioni, l'incarico per cui aveva sfidato l'allora presidente Laporta: Non ne hai gli attributi, gli disse in termini più prosaici poi diventati libro.


Per Pep Guardiola, a 37 anni, dopo due di Barça "B", era come tornare a casa. Ci era entrato tredicenne, come Messi, ma per lui, catalano di Sanpedor - 7mila anime a 60 chilometri da Barcellona - non era il viaggio della vita. Era "la" vita.

Da play lento di passo e svelto di pensiero, conquista - nel '92, primo dei suoi molti anni magici - a Wembley nel Dream team del suo maestro Cruijff la prima Coppa dei Campioni blaugrana e nel suo Camp Nou il primo oro olimpico della Spagna. Lui che il fiocchetto giallo di solidarietà per gli indipendentisti catalani arrestati lo indossa, incurante dei divieti di FA e UEFA, in panchina come in conferenza, con gli inseparabili girocollo monocromo e bottiglietta d'acqua.

Già la sala stampa, il regno del "puto amo", el Malo Mourinho. Quello che più di tutto desiderava allenare il Barça e invece il board gli preferì il Pep. Mou allora ne divenne la nemesi, al Madrid prima, allo United poi.

Fu, quello, il punto di non ritorno nella stagione dei 4 clasicos al veleno in 18 giorni, dal 16 aprile al 3 maggio 2011. Lì, Pep è cambiato, dentro e fuori. 

La freddezza - reciproca - con il nuovo presidente Rosell - il ghiaccio dopo il fuoco Laporta -; l'anno sabbatico, con la moglie Cristina e i figli Mariùs, Maria e Valentina, in quella New York dove evitò Tito Vilanova, amico da trent'anni e suo successore al Barça, che lì cercava di guarire dal tumore che poi se lo portò via.

"Preparati Manel. Ho scelto il Bayern", disse via-facetime a Estiarte - per noi il Maradona della pallanuoto, per lui l'amico della vita.

L'unico capace di fargli infrangere la "legge dei 32 minuti": scollinare la mezzora senza pensare a quel calcio perfetto che Pep sa - da mezzo secolo - di poter solo inseguire. 

Con lui (come i suoi mentori Lavolpe, Mazzone e Bielsa) o contro: Yaya Touré, Ronaldinho, Eto'o, Ibra e persino Messi. E almeno fino al 2023 al City, dove continuerà a fare Storia. Cinquanta di questi anni, Pep.

PER SKY SPORT 24 ©, CHRISTIAN GIORDANO ©
lunedì 18 gennaio 2021

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