Argentin troppo solo nel momento decisivo


di RINO NEGRI
La Gazzetta dello Sport, lunedì 7 settembre 1987, pag. 21

VILLACH - Dopo Merckx lui, "Stefano" Roche: Giro, Tour, mondiale nella medesima stagione, dopo aver corso la prima fila da febbraio: è la conferma che i chilometri non fanno male, se l'atleta rispetta le regole del gioco severissimo che uno sport duro come il ciclismo impone. Quando Merckx siglò nel '74 le due più importanti corse a tappe del mondo e a Montreal la sfida dell'iride, si disse che probabilmente non sarebbe nato in questo secolo un campione in grado di fare altrettanto. 

Sono trascorsi 13 anni e il nuovo "super" che ha sbalordito è questo "Stefano" Roche che il Giro ha rivelato fuoriclasse, dopo anni di attività altalenante, non sempre all'altezza attuale. Se Roche non fosse stato in una di quelle giornate esaltanti che gli hanno consentito di imporsi sia al Giro, sia al Tour, Moreno Argentin avrebbe fatto il bis di Colorado Springs. 

È stato infatti l'irlandese ad annullare il tentativo inscenato dall'azzurro quando mancavano 58 chilometri al traguardo. Con Argentin avevano preso il largo l'olandese van Vliet, lo spagnolo Fernández, il belga Nevens. E quando il quartetto, nonostante gli ultimi due non collaborassero, si era avvantaggiato di quasi un minuto, Roche è esploso e il mondiale ha preso un'altra piega. 

Ristabilita la situazione, il campione di Dublino deve avere capito di essere il più forte perché è stato ancora lui, all'inizio del 23esimo e ultimo giro, a mettere in fila gli avversari, provocando il crollo degli specialisti dello sprint che puntavano alla conclusione in volata. E nuovamente lui ha orchestrato l'azione che ha determinato il risultato, a cinque chilometri dalla conclusione. 

Si è trovato fuori con Sørensen, Winterberger, van Vliet e Gölz: gli sarebbe bastato commettere il più piccolo degli errori per trovarsi sulle ginocchia al momento "ics". Ha lasciato che gli altri si scannassero con la speranza di evitare la soluzione a cinque, tanto era sicuro che il connazionale (e per l'occasione amico) Kelly non avrebbe fatto nulla per riportarsi sotto. I due, è ovvio, erano d'accordo sul modo di comportarsi, specialmente se dietro fosse stato bloccato Argentin.

La rivincita di Liegi

La freddezza di "Stefano" Roche - la freddezza del campione che sa quello che vuole e come fare per ottenerlo - si è rivelata anche quando, sotto lo striscione degli ultimi mille metri, gli inseguitori hanno dato l'impressione di potergli piombare addosso in tempo per disputare lo sprint. Roche sarebbe stato in grado di cominciare la progressione da lontano, ma temendo probabilmente di portarsi dietro un succhiaruote, ha atteso gli ultimi 400 metri: la sua scelta di tempo è stata perfetta. Se avesse atteso altri cinquanta metri, probabilmente Argentin lo avrebbe superato. Vincendo il campionato del mondo, Roche si è preso la rivincita sull'italiano che lo scorso aprile lo aveva beffato sul traguardo della Liegi-Bastogne-Liegi.

La volata di Moreno Argentin è stata stupenda. Forse è stata la migliore della sua carriera. Ha stentato a trovare il corridoio per uscire. Lo si è infatti visto passare da sinistra a destra, per tornare a sinistra. Un Argentin che non avesse avuto più dinamite nelle gambe, non avrebbe fatto quello che si può benissimo definire un capolavoro. Peccato che quello sprint gli abbia fruttato soltanto la medaglia d'argento.

Gli si deve riconoscere il merito di avere onorato le previsioni della vigilia che lo volevano un protagonista di primo piano. Avrebbe avuto bisogno di avere al fianco un compagno di squadra. E che a dieci chilometri dal traguardo, quando è nata l'azione che ha dato inizio al campionato, non ci fosse nessun azzurro al suo fianco è piuttosto sorprendente. Passi per quegli italiani che si erano tirati il collo nelle poche fasi roventi che la corsa aveva avuto fino a quel momento (in particolare Bombini, Amadori, Pagnin e Piccolo). Qualche altro avrebbe dovuto esserci. a quel punto, muovendosi Roche e Kelly non si poteva più tentennare. Evidentemente gli altri avevano ormai speso tutto quello che potevano spendere. E da spendere non devono avere avuto molto perché la corsa, per quasi sei ore, era filata via regolarmente, tanto da far dire a più di un osservatore che sembrava di assistere a una corsa italiana. È vero che si è pedalato a lungo sotto la pioggia, ma mai a un'andatura folle.


Errori di preparazione

Il fatto che soltanto Argentin, una volta di più, sia riuscito ad emergere alla distanza, dimostra che il modo di prepararsi di quasi tutti i nostri corridori per il campionato del mondo non è davvero ideale. Se il percorso avesse presentato dislivelli proibitivi il discorso non verrebbe fatto. Ma su salite pedalabili come queste, non si può rimanere sui pedali se si è svolto un intenso lavoro nel periodo di preparazione. La medaglia d'argento che Argentin ha regalato al nostro ciclismo, la terza dopo quella di bronzo al Montello e quella d'oro di Colorado Springs, non deve ingannare. Proprio Roche alla vigilia ha ripetuto, a proposito del modo di correre degli italiani, quello che aveva detto dopo il Giro e dopo il Tour. Chi ha paura di stancarsi non può emergere alla distanza di una prova a livello mondiale, alla quale prendono parte corridori abituati a fare fatica per ore. Dei corridori che sono sulla cresta dell'onda, Roche è sicuramente quello che ha gareggiato di più quest'anno. Ha regalato alla Carrera, che abbandonerà per andare alla Fagor spagnola, un trittico che dal punto di vista pubblicitario non ha prezzo. Quando gli hanno detto che è un peccato vederlo andare via dall'Italia, dove ha raggiunto in una sola stagione la grande popolarità che merita, ha risposto che è stata l'Italia a non volerlo più. Ha però riconosciuto che la Carrera lo ha messo nelle condizioni di ottenere i successi che in quattro mesi lo hanno portato al vertice.
RINO NEGRI

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