BIKE PORTRAITS - 70 x 51 di questi giorni, Moserone
Settanta: come il decennio che l'ha lanciato: nuovo anti-Merckx, cui al debutto al Tour - prologo di Charleroi '75 - soffiò a domicilio la maglia gialla.
Classe - infinita - '51: anzi - 51 e 151 - il record che l'ha rilanciato quando già sembrava finito; anno di grazia '84: Ora, Sanremo e Giro.
Lì era già nato un "altro" Moser, quello che il rivale di sempre - Beppe Saronni - mai ha riconosciuto.
Il primo Francesco se n'era già andato, al Giro '83, il secondo e ultimo vinto dal Beppe: si ritirò sul San Fermo, e gli fece i complimenti.
Sin lì, avevano unito e spaccato l'Italia come prima solo Bartali e Coppi.
Poi arrivarono Conconi e il gruppo-Enervit, le ruote lenticolari di Dal Monte, la Nuova Frontiera della scienza.
Il resto ce l'ha messo lui, il più vittorioso del nostro ciclismo: 273 successi su strada in 16 anni da pro'.
Per non parlare di pista, riunioni, kermesse.
Tre Roubaix, in fila, come sarebbero potuti essere i mondiali: e invece fu soltanto quello magico, nella terra di Macondo, sotto il diluvio di San Cristobal '77.
Prima e dopo lo beffarono Maertens a Ostuni e Knetemann al Nurburgring.
Ma lo Sceriffo, il Checco, o Moserone - nick del gruppo che lo temeva almeno quanto lo rispettava - è stato molto altro.
E' stato - ed è - l'incarnazione di un territorio, Il Trentino, che mai ha davvero lasciato.
Oltre diecimila iscritti ai Moser club: per un modo di essere, di pensare, di vivere.
A volte con eccessi, e guerra agli infedeli: Baronchelli, Beccia, Visentini, Fignon, persino patron Torriani.
Si parlò allora di Trentinismo: fenomeno identitario, una sorta di movimento politico.
E in politica, c'è anche entrato, ma se ne andò subito in fuga: modi inurbani e troppo di parola, duro, leale.
Ora è il tempo di coltivare i suoi vitigni, e il proprio mito.
Prosit, Sceriffo.
PER SKY SPORT 24, CHRISTIAN GIORDANO
sabato 19 giugno 2021
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