GIRO '23 - Bene, bravi, Bais: troppo rumor per (quasi) nulla



Molto, troppo rumor per quasi nulla. Quel "quasi" sono quei tre al vento da soli per 211 dei 218 km da Capua a Campo Imperatore, in cima al Gran Sasso d'Italia.

Dietro, invece, a 3'01", lo scattino con cui Remco Evenepoel sul traguardo ha messo la ruota davanti a Primož Roglič (e via via Tibaut Pinot, Geraint Thomas e João Almeida) ha fatto capire che il padrone della corsa è lui. E che la rosa l'ha solo prestata a un Leknessund forse ancora incredulo lui per primo di averla ancora indosso.

"Roglič sembra nervoso, sa di avere 44 secondi di ritardo. E la sua squadra spinge, classico stile-Jumbo Visma", lo aveva punzecchiato il belga dopo la tappa di Napoli. E a buon intenditor poche (pepate) parole e ancor meno scattini. Come a dirgli: ti lascio lì quando voglio. 

E chi ha buona memoria ci avrà rivisto, in quella piccola schermaglia, le scintille Nibali-Roglič nel Giro 2019 poi vinto dal terzo incomodo Richard Carapaz. 

La tappa, disegnata bene ma corsa male, è stata uno dei più grandi flop - rispetto alle attese e in rapporto all'hype - nella storia recente del Giro. Immane il lavoro di sgombero dalla neve sulla strada, e per uno spettacolo mai nato. Nemmeno negli ultimi duri 4 km attanagliati dal freddo.

L'eccezione sono stati, appunto, quei tre.

Davide Bais, 25enne fratellino di Mattia in gara lui pure nella Eolo-Kometa, la squadra di Contaodr e Basso a caccia di una vittoria salva-progetto per l'anno prossimo (servono almeno 10 milioni di euro). E che pure non sa se questa cambierà la vita sua e della squadra, come capitò al compagno Lorenzo Fortunato sullo Zoncolan al Giro 2021: "Boh, intanto me la godo"). Idem per la nuova maglia azzurra di miglior scalatore.

Karel Vacek, ceco della Corratec classe 2000 e già la storia più bella in questo avvio: da junior battagliava col coetaneo Evenepoel, poi aveva quasi smesso e all'arrivo s'è accasciato a piangere in un italiano pressoché perfetto ha detto che era "impossibile per chiunque capire quella che per lui era un'impresa". Perché impresa lo è stata per davvero.

E infine, ma non per ultimo, Simone Petilli; che, sapendo o temendo di essere meno veloce, allo sprint ci ha pure provato ad anticipare i compagni di avventura. Partito per primo, arrivato terzo. A 30 anni, compiuti il 4 maggio, il sogno di una tappa al Giro resta nel cassetto. Ma vedrete che proverà a riaprirlo.

Un po' come questo Giro, già chiuso con molto, troppo rumor per - sin qui - quasi nulla.

CHRISTIAN GIORDANO ©
venerdì 12 maggio 2023

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