Tra i giovanissimi che tifano Milei: «Non è matto, lui batterà i corrotti»


Domani il ballottaggio: l’«anarco capitalista» che si ispira a Trump sfida il peronista Massa

La sorella stratega Karina, capo della sua campagna, gli ha imposto una calmata per attrarre gli indecisi

18 Nov 2023 - Corriere della Sera
Dalla nostra inviata Sara Gandolfi
© RIPRODUZIONE RISERVATA

José Serrano salta e urla, sventolando la bandiera biancoceleste dell’Argentina, sul viso la maschera di un leone, simbolo dello scapigliato Javier Milei. Da due ore aspetta «l’uomo che può far uscire il Paese dal pantano». Ha diciott’anni e per due volte ha già votato il candidato di La Libertad Avanza, alle primarie d’agosto e al primo turno presidenziale il 22 ottobre. Domani ci sarà il ballottaggio contro il peronista Sergio Massa. «E vinceremo». Perché ti piace Milei, perché vuole dollarizzare l’economia o privatizzare le scuole? «No, toglierà di mezzo un governo corrotto che ci opprime». Il «voto contro» si ripete come una litania tra la folla di giovanissimi all’ultimo comizio a Buenos Aires dell’anarco-capitalista, che resta sul palco pochi minuti gridando slogan contro la Casta mentre i fan lo acclamano come una rockstar.

I sondaggi danno i duellanti in parità. Una sfida al fotofinish fra due populismi, quello storico del peronismo, che si tramanda dal secondo dopoguerra con mille varianti rispetto al modello originario, e quello dirompente di un economista ultraliberista cresciuto nei talk show televisivi. Con i tormentoni anti-sistema su TikTok e Youtube, Milei ha conquistato i giovani e chi fatica ad arrivare a fine mese per colpa dell’inflazione al 140%. Quasi metà degli argentini oggi vive in povertà ed è carica di rabbia. Poi, ci sono gli antiperonisti da sempre. «Li caccerà finalmente e le tasse che paghiamo serviranno per la nostra libertà, non per foraggiarli. Milei non è matto, dice verità scomode», incalza Lucas, commerciante di Ezeiza.

Meno tasse più libertà, sono gli slogan che hanno prodotto il miracolo: la Libertad Avanza è passata da tre soli seggi in Parlamento — tra cui Milei e la candidata vice-presidente Victoria Villarruel — a 37 deputati e 7 senatori. Ora il «leone» vuole entrare alla Casa Rosada, sconfiggere l’attuale ministro dell'Economia, Produzione e Agricoltura, Sergio Massa, che al primo turno a sorpresa è arrivato primo (37% contro 30%), e spodestare il kirchnerismo.

La sorella minore Karina, capo onnipresente della sua campagna, alla fine lo ha convinto ad abbandonare la motosega con cui passeggiava ai cortei, promettendo di «distruggere» le istituzioni. Cambio di strategia: toni più pacati e capelli più pettinati per attrarre i voti degli indecisi e degli orfani del centro-destra tradizionale, come ha suggerito l’ex presidente conservatore Mauricio Macri, l’uomo nell’ombra. Piuttosto, oggi lo staff di Milei segue il «modello» di Donald Trump e del brasiliano Jair Bolsonaro. Invita i sostenitori a indossare la maglia della nazionale argentina ai comizi, accusa senza prove il peronismo di una «colossale frode elettorale» e pretende che le urne siano presidiate da soldati dell’esercito e della marina.

Per chiudere la campagna, Milei ha scelto le piazze, Massa le scuole e le fabbriche. A rubare la scena, negli ultimi giorni, è stata però la vice del ticket d’estrema destra. Figlia e nipote di militari implicati nella repressione degli anni Settanta, Victoria Villarruel nega i 30 mila desaparecidos, che comunque considera terroristi, e propone di requisire terreni ed edifici dell’Esma, la famigerata Scuola della Marina dove furono sequestrati e torturati oltre 5.000 oppositori della dittatura militare. Ne uscirono vivi meno di 200. Camminare oggi in quello spazio di 17 ettari, che ospita l’Archivio nazionale della memoria, o nelle tetre mansarde dove i prigionieri politici marcivano per mesi prima di essere uccisi o gettati vivi in mare dagli aerei fa rabbrividire. Nel Museo vagano scolaresche che ascoltano attente e un po’ stupite gli orrori di un passato così vicino. In Argentina ci sono un migliaio di ex centri di detenzione clandestina. «Villarruel non è una revisionista. Nega fatti provati, basati su testimonianze di sopravvissuti e sentenze giudiziarie», dice Nicolas Rapetti, capo di gabinetto della Segreteria per i diritti umani. «Milei dice che fu una guerra e ci furono eccessi come in tutte le guerre. Sono le stesse parole usate dal capo della Marina, Emilio Massera, nel giudizio contro la Junta del 1985. Non riusciranno a smantellare un luogo, dichiarato dall’Unesco patrimonio dell’umanità».
Dal 1985 sono stati condannati per delitti di «lesa umanità» 1.200 militari.

Commenti

Post popolari in questo blog

Dalla periferia del continente al Grand Continent

Chi sono Augusto e Giorgio Perfetti, i fratelli nella Top 10 dei più ricchi d’Italia?

I 100 cattivi del calcio