La Cina, Israele (e Biden) - Quelle sue «profezie» tra calcolo ed esperienza


Sull’Ucraina: non si pensi di decidere il futuro della Russia
1 Dec 2023 - Corriere della Sera
Di Federico Rampini
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  • I pacifisti - Con loro parlo solo per dirgli che saranno schiacciati dalla volontà dei più forti e che il loro pacifismo può portarli solo a orribili sofferenze
  • Il potere - Il potere come strumento fine a se stesso non mi affascina, mi interessa quello che si può fare con il potere: si possono fare cose splendide
  • La Repubblica popolare Stati Uniti e Cina hanno in comune il fatto di considerarsi nazioni eccezionali, entrambe pensano di avere il diritto di prevalere
L’ultima «profezia» che ci ha lasciato Henry Kissinger risale a 48 ore prima dell’attacco di Hamas contro la popolazione civile israeliana. Il 5 ottobre scorso Kissinger venne a parlare al think tank newyorchese di cui sono membro, il Council on Foreign Relations, per la rievocazione della guerra dello Yom Kippur scoppiata 50 anni prima. Ricostruì il ruolo dell’America in quel conflitto del 1973: prima per salvare Israele da una disfatta ad opera della coalizione araba; poi per annodare le fila di un dialogo che sarebbe sfociato nella pace con l’Egitto di Sadat.

Pochi mesi prima c’era stata la sua stupefacente missione a Pechino nel luglio di quest’anno: il centenario spese tutta la sua influenza per riannodare le fila di un dialogo tra America e Cina che sembrava compromesso dopo gli incidenti di Nancy Pelosi a Taiwan e del pallone-spia. Se il recente vertice tra Joe Biden e Xi Jinping a San Francisco ha segnato una tregua nell’escalation della tensione, forse un briciolo di merito va anche a quel viaggio di Kissinger, lo «statista anziano» che i cinesi mai hanno smesso di rispettare.

Dalle relazioni tra America e Cina, secondo lui dipende il futuro dell’umanità. Tra le sue dichiarazioni a questo proposito: «Stati Uniti e Repubblica popolare cinese hanno in comune il fatto di considerarsi nazioni eccezionali, entrambi pensano di avere il diritto di prevalere. Bisogna capire la permanenza storica della Cina, e al tempo stesso impedirle di diventare egemone. Non ci riusciremo attraverso prove di forza». Scritto ormai più di un decennio fa, ai tempi della presidenza di Hu Jintao, il suo saggio «Cina» avvistava con perspicacia l’inizio di una svolta. Già allora Kissinger si rese conto che la leadership cinese trae delle conseguenze radicali dalla crisi finanziaria del 2008: si convinse che il tempo dell’imitazione degli Stati Uniti sta finendo, considera malato il modello politico-economico americano.

Kissinger avvertiva anche l’emergere di una nuova generazione cinese più nazionalista, più orgogliosa, fino alla superbia: è quella che anni dopo darà alla nascita la diplomazia dei «guerrieri-lupo». L’ex consigliere di Nixon però metteva in guardia soprattutto gli americani contro i pericoli di una nuova Guerra Fredda: «Fermerebbe il progresso su entrambe le sponde del Pacifico, diffonderebbe tensioni in ogni regione del mondo».

Sull’Ucraina. «Zelensky è un grande personaggio, ma deve ancora spiegarci quale mondo immagina dopo la guerra. Io non ho mai detto che l’Ucraina deve cedere parte del suo territorio nazionale se vuole la pace. Ho detto che la migliore linea di demarcazione per un cessate il fuoco è lo statu quo che precedeva il 24 febbraio, con la Crimea in mano ai russi e un piccolo angolo del Donbass, circa il 4,5% del totale. Io sono senza riserve per la libertà dell’Ucraina e il suo ruolo in Europa. Ma non trasformiamo una guerra per la libertà dell’Ucraina in un conflitto sul futuro della Russia». Sull’attuale presidente americano: «Biden è troppo influenzato dalla politica interna. Avrebbe bisogno di una flessibilità nixoniana, per disinnescare gli attuali conflitti con la Russia e con la Cina».


L’America di oggi gli sembrava più spaccata che negli anni Sessanta. «Perfino durante la guerra del Vietnam c’era consenso su alcuni obiettivi nazionali, anche se eravamo divisi sui modi per raggiungerli. Oggi è controversa la definizione stessa dell’interesse nazionale e dei valori del Paese. Eppure nessuna società può rimanere grande se perde fiducia in se stessa e distrugge la propria autostima».


A proposito dell’inchiesta parlamentare sull’assalto al Congresso il 6 gennaio 2021: «Non punta alla verità storica, è funzionale a impedire che Donald Trump si ripresenti».

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