FINNOMENALE


L’azzurro iridato juniores dopo una fuga strepitosa

"La miglior giornata della vita, sapevo di poter vincere. 
Sono completo, da corse a tappe".
   - Lorenzo Mark Finn

27 Sep 2024 - La Gazzetta dello Sport
di CIRO SCOGNAMIGLIO

Centotrenta chilometri di corsa in tutto e tu, ragazzo baciato dal talento, attacchi da solo per la prima volta quando ne mancano ancora sessanta. Peraltro in discesa, peraltro mentre il cielo sopra Zurigo e dintorni manda giù acqua a secchi: come altro vuoi chiamarla, se non una pazza idea. 

«Non era in programma – ammetterà a capolavoro compiuto Lorenzo Mark Finn -, e speravo che qualcuno mi venisse dietro. La preoccupazione di poter “esplodere” c’era, allo stesso tempo stavo veramente bene, sapevo di poter vincere quando sono rimasto solo. Forse è stata la migliore giornata della vita». 

I grandi di questa epoca della bici fanno così, trasformano le pazze idee in meravigliosi trionfi. E così ieri ha fatto – a livello juniores – questo adolescente che il 19 dicembre compirà 18 anni: è diventato campione del mondo della sua categoria ridando all’Italia un titolo che mancava da 17 anni, dal bis consecutivo di Diego Ulissi (2006-2007). 

Intanto sono già quattro le medaglie azzurre in questa rassegna iridata elvetica e ieri Lorenzo Mark Finn ci ha dato il primo oro, che è anche una bellissima promessa di futuro di cui il nostro ciclismo ha bisogno come l’aria: «Mi godrò il successo, mi riposerò e poi penserò a ciò che ci sarà dopo. Mi aspettano due anni da Under 23 per completare la crescita», ha detto il ligure, tricolore sia in linea sia a cronometro (in quella iridata è arrivato 7°) che fa già parte del vivaio Red Bull di Roglic. E di (meritato) trionfo si tratta anche per il ct Dino Salvoldi, già a lungo apprezzato tecnico delle donne e dal 2022 al lavoro con gli juniores.

Emozioni 

«Non ho ancora ben capito il valore di questa maglia iridata (vinta anche da Mathieu van der Poel a Firenze 2013 e da Remco Evenepoel a Innsbruck 2018, ndr), penso che avrò bisogno di qualche giorno», ha ammesso Finn dopo aver vissuto una giornata da dominatore. 

Dopo quell’attacco, riescono a raggiungerlo in tre, tra cui il talento Philipsen che però cade ai meno 23. Il danese, come lo spagnolo Alvarez e il britannico Grindley, è in orbita Lidl-Trek, ma nessuno di loro può tenere Finn che nei 21 chilometri di fuga solitaria aumenta sempre il vantaggio – oltre che andare forte in salita, è un drago in discesa – fino a chiudere con 2’05” su Grindley, distacco tra primo e secondo di cui non si ha memoria nella competizione. 

«Sono riuscito a gestirmi durante tutto il tempo in fuga, il finale è stato come una cronometro. La discussione con lo spagnolo che non mi voleva dare un cambio? Lo posso capire, perché in salita si aspettava di essere staccato. Si può ben dire che la stagione l’ho chiusa in bellezza. Sono un corridore da corse a tappe, completo. E i percorsi così, misti, mi piacciono».

Talento 

Predestinato, Lorenzo Mark Finn ha tutta l’aria di esserlo e uno che in tempi non sospetti ne aveva segnalato il talento è Beppe Martinelli, nove grandi giri vinti in ammiraglia da Pantani a Nibali: «Lo avevo visto trionfare a Montecampione, Ferragosto 2023. Sì, la salita dove vinse Marco, e poi anche Aru. Mi aveva fatto scattare qualcosa. Sia chiaro, fa bene a fare altri due anni da Under 23 per-perché di quelli visti in gara è il più bambino di tutti. Ed è un altro buon segno, questo». 

Studente al liceo scientifico, ammiratore di Geraint Thomas, abita ad Avegno, una ventina di chilometri da Genova. E prima della bici aveva giocato a tennis e a calcio. Il padre, Peter, è inglese: è cresciuto a Sheffield, la città dove Nibali indossò per la prima volta la maglia gialla al Tour 2014. Si è laurea-laureato a Coventry, ora è Head of Strategic Optical Product Management alla Ericsson a Genova. E ieri in televisione ha raccontato la sua emozione la mamma, Chiara, pure lei ingegnere: «La vitto-vittoria di Lorenzo mi rende felice, è chiaro, ma soprattutto è bello che sia riuscito a fare proprio quello che voleva. A casa? Non ci possiamo lamentare, è sempre in bici ma si cerca di infilare un libro ogni tanto (sorride, ndr). Lo aspetta il diploma, l’anno prossimo». E magari un futuro sportivo radioso, perché è questa la sensazione che resta a vederlo con quella maglia. Con quell’oro.

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