Beheyt, campione traditore
Incontriamo il vincitore del Mondiale 1963, che al traguardo, da gregario, bruciò il suo capitano il grande Van Looy: "Non mi parlò per anni, ora va meglio, ci diciamo buongiorno e buonasera"
di MARCO PASTONESI, La Gazzetta dello Sport - 16 aprile 2007
16 aprile 2007 - Prima dell’11 settembre, per i belgi esisteva l’11 agosto. L’11 agosto 1963. Campionati del mondo di ciclismo, professionisti su strada, in casa, a Renaix. Ogni villaggio, ogni paese, ogni città, lì, in Belgio, pedala la sua storia a due ruote. Volatona. L’idolo, il dio del ciclismo, perdipiù il favorito, è Rik Van Looy: già stato campione del mondo nel 1960 e nel 1961. Sarebbe il tris. Fino a quel punto, impresa riuscita solo ad Alfredo Binda e a un altro Van, Rik Van Steenbergen. Ma dopo 278,8 chilometri, dopo 7 ore, 25 minuti e 26 secondi, dopo una partita di scacchi a 37 e mezzo all’ora di media, Benoni Beheyt precede Van Looy. Beheyt: belga, sconosciuto gregario di Van Looy. La foto che passa agli annali immortala Beheyt non proteso a tagliare per primo il traguardo e neppure già sublimato con le braccia al cielo, ma voltato indietro, verso il suo capitano, di più, generale, mentre con una mano cerca addirittura di spingerlo davanti a sé. Fu un caso nazionale. Un lutto nazionale. Un 11 settembre, pardon, un 11 agosto, ciclistico. Il popolo si schierò con Van Looy e Beheyt divenne, per tutti, il Traditore.
OGGI VA IN MOTO - Oggi Beheyt è un settantenne alto, magro, distinto, elegante, con i capelli bianchi. Segue le corse in moto: segnala alla giuria il comportamento dei corridori, eventuali infrazioni, scorrettezze, irregolarità. Ha una Yamaha scura. E sulla Yamaha scura va e viene dalla sua casa sul mare, a Wenduine, non lontano da Bruges, a est di Ostenda. Al Giro delle Fiandre, alla Gand-Wevelgem, al Gran premio Cerami. "Andavo a scuola in bici. Era sempre una gara, fra noi amici. Quando avevo 15 anni furono proprio i miei amici a incoraggiarmi: dai, non ti batte nessuno, sei il più forte, devi correre". Rimaneva il problema di recuperare una bici da corsa. "Ci pensò mia nonna. Me ne regalò una vera, e nuova". Pronti, via. Ogni piazza, nelle Fiandre, ha una sagra, una festa, una corsa. "La prima che vinsi fu Poeke-Nevele. Avevo 16 anni. Ci presi gusto. Andavo bene. Da allievo conquistai 44 vittorie, da junior 33". Poi dilettante, poi professionista. "Di tutte le vittorie quella che amo ricordare, nonostante tutto, è proprio il Mondiale".
QUEL PATTO ANTI-VAN LOOY - Se ne raccontano tante. Che la sera, alla vigilia della corsa, fosse stato stretto un patto tra i corridori belgi per sabotare Van Looy. Che di quel patto Beheyt non sapesse nulla: lui non era neanche giudicato capace di realizzare una simile impresa. Che il principale avversario di Van Looy fosse Gilbert Desmet, non a caso scattato a 4 km dall’arrivo. E si racconta che, dopo la vittoria iridata, Beheyt facesse fatica a trovare non solo riconoscimenti, ma anche ingaggi. Il Traditore.
"Certo, se avessi corso adesso, quella vittoria sarebbe stata più valorizzata, e avrei guadagnato molto di più. Ma è stato abbastanza, sufficiente". Un’altra stagione a buon livello, quella del 1964, con quella pesante maglia arcobaleno: una vittoria di tappa al Tour de France. Poi l’anonimato, fino al ritiro. "Aprii un negozio da ciclista, e lì ci ho passato 30 anni. La bici è sempre stata la mia passione".
E Van Looy? "Me la giurò. Ma io ero in buona fede. Non volevo batterlo, non volevo vincere. Ero lì per aiutarlo. Per anni non mi rivolse la parola. Adesso le cose vanno meglio. Ci incontriamo due o tre volte l’anno, ci diciamo buongiorno e buonasera". Allora buongiorno Beheyt. E grazie.
Solo un’ultima curiosità: ma quel nome, Benoni? "In onore a un mio nonno. Italiano".
di MARCO PASTONESI, La Gazzetta dello Sport - 16 aprile 2007
16 aprile 2007 - Prima dell’11 settembre, per i belgi esisteva l’11 agosto. L’11 agosto 1963. Campionati del mondo di ciclismo, professionisti su strada, in casa, a Renaix. Ogni villaggio, ogni paese, ogni città, lì, in Belgio, pedala la sua storia a due ruote. Volatona. L’idolo, il dio del ciclismo, perdipiù il favorito, è Rik Van Looy: già stato campione del mondo nel 1960 e nel 1961. Sarebbe il tris. Fino a quel punto, impresa riuscita solo ad Alfredo Binda e a un altro Van, Rik Van Steenbergen. Ma dopo 278,8 chilometri, dopo 7 ore, 25 minuti e 26 secondi, dopo una partita di scacchi a 37 e mezzo all’ora di media, Benoni Beheyt precede Van Looy. Beheyt: belga, sconosciuto gregario di Van Looy. La foto che passa agli annali immortala Beheyt non proteso a tagliare per primo il traguardo e neppure già sublimato con le braccia al cielo, ma voltato indietro, verso il suo capitano, di più, generale, mentre con una mano cerca addirittura di spingerlo davanti a sé. Fu un caso nazionale. Un lutto nazionale. Un 11 settembre, pardon, un 11 agosto, ciclistico. Il popolo si schierò con Van Looy e Beheyt divenne, per tutti, il Traditore.
OGGI VA IN MOTO - Oggi Beheyt è un settantenne alto, magro, distinto, elegante, con i capelli bianchi. Segue le corse in moto: segnala alla giuria il comportamento dei corridori, eventuali infrazioni, scorrettezze, irregolarità. Ha una Yamaha scura. E sulla Yamaha scura va e viene dalla sua casa sul mare, a Wenduine, non lontano da Bruges, a est di Ostenda. Al Giro delle Fiandre, alla Gand-Wevelgem, al Gran premio Cerami. "Andavo a scuola in bici. Era sempre una gara, fra noi amici. Quando avevo 15 anni furono proprio i miei amici a incoraggiarmi: dai, non ti batte nessuno, sei il più forte, devi correre". Rimaneva il problema di recuperare una bici da corsa. "Ci pensò mia nonna. Me ne regalò una vera, e nuova". Pronti, via. Ogni piazza, nelle Fiandre, ha una sagra, una festa, una corsa. "La prima che vinsi fu Poeke-Nevele. Avevo 16 anni. Ci presi gusto. Andavo bene. Da allievo conquistai 44 vittorie, da junior 33". Poi dilettante, poi professionista. "Di tutte le vittorie quella che amo ricordare, nonostante tutto, è proprio il Mondiale".
QUEL PATTO ANTI-VAN LOOY - Se ne raccontano tante. Che la sera, alla vigilia della corsa, fosse stato stretto un patto tra i corridori belgi per sabotare Van Looy. Che di quel patto Beheyt non sapesse nulla: lui non era neanche giudicato capace di realizzare una simile impresa. Che il principale avversario di Van Looy fosse Gilbert Desmet, non a caso scattato a 4 km dall’arrivo. E si racconta che, dopo la vittoria iridata, Beheyt facesse fatica a trovare non solo riconoscimenti, ma anche ingaggi. Il Traditore.
"Certo, se avessi corso adesso, quella vittoria sarebbe stata più valorizzata, e avrei guadagnato molto di più. Ma è stato abbastanza, sufficiente". Un’altra stagione a buon livello, quella del 1964, con quella pesante maglia arcobaleno: una vittoria di tappa al Tour de France. Poi l’anonimato, fino al ritiro. "Aprii un negozio da ciclista, e lì ci ho passato 30 anni. La bici è sempre stata la mia passione".
E Van Looy? "Me la giurò. Ma io ero in buona fede. Non volevo batterlo, non volevo vincere. Ero lì per aiutarlo. Per anni non mi rivolse la parola. Adesso le cose vanno meglio. Ci incontriamo due o tre volte l’anno, ci diciamo buongiorno e buonasera". Allora buongiorno Beheyt. E grazie.
Solo un’ultima curiosità: ma quel nome, Benoni? "In onore a un mio nonno. Italiano".
Marco Pastonesi, La Gazzetta dello Sport
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