ANDREW HARRISON, il gemello diverso

Il prodotto di Kentucky è un play alto e possente, ma non ha ancora espresso tutto il potenziale che all'uscita del liceo aveva portato gli scout a vedere in lui il nuovo Derrick Rose. 
Dovrà guadagnarsi la chiamata al primo giro...

di Andrea Beltrama, La Gazzetta dello Sport


COLLEGE — Il più blasonato tra i due (quasi) identici gemelli, lascia Kentucky con l’amaro in bocca di una regular season imbattuta, prima della sconfitta in semifinale contro Wisconsin; 9 punti e 3.6 assist a partita, nel profondo roster degli ultimi Wildcats vogliono dire tutto e niente. Quello che resta impresso sono lampi di talento offensivo dispersi in mezzo a giocate meno memorabili. Arrivato con grandi aspettative dalla high school, non è (ancora) diventato il giocatore dominante che ci si aspettava. Ha avuto poca continuità, oltre che una traiettoria più all’insegna dello zig zag che della progressione. 

PUNTI DI FORZA — La combinazione di fisico, mani, talento, visione di gioco. Playmaker alto e possente, grosso ma agile, ha tutto per fare innamorare gli scout. Soprattutto quando attacca il canestro in transizione, dove è bravo a finire assorbendo il contatto o a portare a casa tiri in lunetta. Ha lavorato sul tiro da fuori, di cui a volte tende ad accontentarsi passivamente. Va meglio da tre che dalla media distanza. Difensivamente è un jolly spendibile su 2, forse 3 posizioni. Un altro aspetto che fa gola. 

PUNTI DEBOLI — Il potenziale, finora, è rimasto tale. O meglio: i miglioramenti ci sono stati, ma la sua attrattiva principale rimane il “cosa diventerebbe se solo...”. Il che desta qualche sospetto per un giocatore che ha speso due anni al college, mantenendo i difetti che portava con sé da matricola. In attacco non sa fare nulla realmente bene. La penetrazione di potenza è il repertorio più affidabile, ma il resto ha un gusto estemporaneo, quasi casuale. Da migliorare sensibilmente il gioco tra la linea del tiro da tre e l’area, anche le scelte spesse non sono all’altezza di un playmaker, nonostante l’eccelsa visione di gioco. Difensivamente è difficile da giudicare. Il potenziale c’è, ma l’inferiorità fisica di quasi tutte le squadre affrontate da Kentucky rende complicato capire a che punto sia. Non un grande leader. Almeno, non lo è stato al torneo, quando il gioco si è improvvisamente fatto duro. 

PARAGONE NBA — All’uscita dal liceo si spendeva il nome di Derrick Rose. Sembra esagerato ora, anche se il potenziale rimane. Per struttura fisica e caratteristiche, preferiamo accostarlo a Tyreke Evans

A CHI FAREBBE COMODO — Grande fattore X, nel bene e nel male. Interessante vederlo in una squadra come i Pacers, competitiva da subito e con potenziale spazio in regia. 

DOVE VERRÀ DRAFTATO — Inizio secondo giro, anche se alcuni Mock Draft lo mettono addirittura più in basso.
Andrea Beltrama, La Gazzetta dello Sport

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