Visentini: «Questo ciclismo è rimasto senza eroi»

Il re del Giro ' 86 «I corridori di oggi non conquistano la gente. Io vado in bici da solo»

DAL NOSTRO INVIATO, CLAUDIO GHISALBERTI 
Pubblicato nell'edizione del 22 maggio 2012

SALÒ' (Brescia) - «La tappa di Sappada mi ha lasciato un segno indelebile. Con il ciclismo è come se avessi smesso quel giorno». Roberto Visentini ci accoglie nella sua splendida casa sopra Salò. In un giorno di pioggia, i colori del lago di Garda dietro alla vetrata del salone sono di una bellezza struggente. Visentini, che il 2 giugno compirà 55 anni, ha smesso nel '91 dopo 13 anni da pro' e per il suo palmarès, oggi, verrebbe considerato un fuoriclasse: iridato junior nel '75, tricolore dell'inseguimento, la Tirreno e il Trentino; la maglia bianca al Giro '78 da neopro', il 2° posto nell'83 e la vittoria nell'86. Ottimo cronoman, forte in salita, conquistò anche 5 vittorie di tappa e 27 maglie rosa. 

- Visentini, lei veniva descritto come un corridore forte, di classe, ma distratto dalla bella vita. 
«Bugie che purtroppo ho sentito tante volte. Uno che non vuole fare sacrifici non fa il corridore. Mi allenavo sette ore tutti i giorni. Alle 7.30 del mattino ero in bici». 

- Che ciclismo era il suo? 
«Sveglia alle 7, allenamento, cena leggera e, fondamentale, a nanna presto, mai dopo le 22. Se vai a letto presto recuperi, se vai a dormire alle 2 resti rincoglionito tutto il giorno anche se ti svegli alle 2 del pomeriggio. Inutile allenarsi sei ore se il resto della giornata non lo vivi da atleta». 

- Quello dei vostri anni era un ciclismo più nazionale. Ora si punta all' internazionalità. 
«Ho sentito che ci sono corse anche in Cina... Mah, non so come il fisico possa reggere. Praticamente non ci sono soste. Impossibile nella realtà. Così ognuno fa il suo calendario e di scontri diretti ce ne sono pochi. Ai miei tempi c' erano tutti i grandi a ogni corsa. Ogni gara una battaglia, che fosse il Giro o Cepagatti. La gente conosceva i corridori e si appassionava. Ora l' entusiasmo è calato». 

- Era anche un momento di transizione, dall'empirismo alla scienza. 
«Arrivavano i primi cardiofrequenzimetri e non era facile. Io sono sempre stato ligio alla professione. Mi avessero detto che per vincere il Giro dovevo andare a gennaio in braghette sul monte Pizzoccolo, ci sarei andato. Uno sport o lo fai con dedizione totale, o è meglio lasciar perdere. Anche a livello medico ci fu l'evoluzione. Pur stando nelle regole, un buon medico e una buona preparazione incidono al 30 per cento sulla prestazione». 

- Oggi i corridori devono sempre essere reperibili per i controlli. Vivono in libertà vigilata. Lei lo avrebbe accettato? 
«Sì, senza problemi. La reperibilità l'ha "inventata" Boifava (sorride, ndr). Quando al mattino passavo da Gavardo in bici, c'era sempre un ometto che correva alla cabina del telefono e lo chiamava». 

- Di che cosa si occupa ora?
«Dell'azienda di famiglia, ho un' impresa di pompe funebri». 

- È ancora legato al ciclismo? 
«No. Ogni tanto faccio qualche passeggiata con la bici da corsa, ma sempre da solo». 

- Come mai? 
«Perché nel ciclismo c' è tanta ipocrisia, gente che finge di esserti amica per fregarti. Traditori. Non ti devi fidare neanche della tua ombra. Pieno di bidoni. Lo scoprii quel giorno a Sappada». 

- Partì in rosa da Jesolo, ma venne attaccato dal suo compagno Stephen Roche. Visentini arrivò 58° a 6' 50", il Giro lo vinse l' irlandese, che in quel magico ' 87 conquistò anche Tour e Mondiale. Però qualche amico l'avrà conservato? 
«Sì, Davide Boifava. E poi ogni tanto sento Allocchio e Cassani». 

- A proposito di Boifava. E' vero che dopo il Giro '87 si presentò da lui con la bici segata in pezzi in un sacchetto di plastica? 
«Sì. Gliela lasciai lì così. "Corri tu adesso..."». 

- Il corridore che più le piace attualmente? 
«Basso. Ha classe e grinta. Spero che il Giro lo vinca lui». 

- Lei sarà a Limone per la partenza? 
«Non so. Ho delle cose da fare». 

Magari un giro in bici, ma lontano da un mondo che non è più suo. 
Claudio Ghisalberti, Gazzetta dello Sport, 22 maggio 2012

ROBERTO VISENTINI 
54 ANNI, PRO' DAL 1978 AL 1990 
Nato a Gardone Riviera (Brescia), ha vinto il Giro d'Italia 1986 (dopo essere arrivato 2° nell'83) davanti a Saronni e a Moser, oltre a 5 tappe della corsa rosa, nella quale ha vestito la maglia di leader per 27 giorni. Ottimo passista, si difendeva anche in salita. Ha conquistato 20 successi in carriera, tra cui il Giro del Trentino 1981, la Tirreno-Adriatico 1983 e due tappe alla Vuelta.

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