SALLANCHES 1980, IL TRIONFO MONDIALE DI HINAULT SUL PERCORSO PIU’ DURO
di Nicola Pucci
3 novembre 2017
Chiedete al buon Gianbattista Baronchelli se si ricorda di Sallanches e della Côte de Domancy. Son passati più di 35 anni da quel Mondiale di ciclismo del 1980 ma il “Tista“, come lo chiamavano all’epoca gli appassionati, la notte ancora vede le streghe.
Siamo in Alta Savoia, e il percorso che è stato scelto per la prova su strada dei professionisti è il più duro che qualche bizzarro tracciatore abbia mai avuto l’ardire di proporre ai forzati del pedale. Per conquistare la maglia arcobaleno è necessario ripetere venti volte un circuito di 13,4 chilometri – non vi affannate troppo nel computo globale, 273,7, ci sarà da sudare nel seguire la corsa – e il profilo altimetrico sembra disegnato apposta per favorire il beniamino di casa, Bernard Hinault detto il “Tasso“, senza dubbio il più forte di allora e tra i più grandi di sempre.
Antefatto. Il bretone è sotto il fuoco incrociato della stampa transalpina per l’abbandono mai del tutto chiarito al Tour de France poche settimane addietro per una misteriosa tendinite al ginocchio, e si presenta al via agguerrito come non mai. Gli avversari più audaci sembrano poter essere gli azzurri guidati in ammiraglia dal leggendario Alfredo Martini: i due amici-nemici Saronni e Moser sono le punte anche se il percorso non è proprio adattissimo al loro bagaglio tecnico, in appoggio ci sono valide alternative che hanno confidenza con le rampe più ostiche come Battaglin e Baronchelli, un veterano come Miro Panizza – reduce dal secondo posto al Giro d’Italia proprio alle spalle di Hinault – può far bene, così come Mario Beccia, due giovani di talento come Contini e Visentini sono attesi a confermare il loro potenziale, Pierino Gavazzi è della partita quale trionfatore della Milano-Sanremo, Barone, Lualdi e Ceruti infine porteranno le borracce ai capitani e faranno fatica per loro. Tra gli altri sono da annoverarsi tra i favoriti i due olandesi Zoetemelk – il vincitore del Tour – e Knetemann – iridato nel 1978 al Nurburgring a spese di Moser -, l’irlandese Kelly che è dato in forma, lo scozzese Millar che adora le montagne, forse il belga De Muynck in virtù di una vittoria al Giro d’Italia nel 1978.
Già, la fatica. Tanta, e fin dalle prime pedalate. Chi si mette in marcia di buona mattina in una giornata grigia si rende ben presto conto che guadagnare il traguardo sarà già un’impresa. La nazionale francese è compatta attorno all’unico capitano – il fido Bernaudeau su tutti -, che già al primo giro va in fuga in compagnia del belga più pericoloso, De Muynck. Ma il gruppo riassorbe e un terzetto composto dal francese Martinez, lo svizzero Sutter e il danese Andersen prova da lontano. I ritiri cominciano a sommarsi fin dalle prime tornate, la Côte de Domancy con i suoi 2,7 chilometri all’8% medio di pendenza con punte addirittura al 16% fa più danni dell’Izoard che non è poi troppo lontano. Hinault corre da padrone assoluto della sfida, sempre nelle prime posizioni del gruppo, pronto ad intervenire in ogni momento, abile nel rilanciare la velocità così come a rintuzzare gli attacchi di qualche avversario da temere.
Tra il dodicesimo e il tredicesimo giro la bagarre perde quattro protagonisti attesi: prima Zoetemelk e Kelly, poi la premiata ditta Moser-Saronni rientrano ai box e si ritirano con le gambe in croce. Beccia dà fuoco alle polveri e al comando resta un plotone di cinque corridori che andranno a battagliare per l’iride. C’è naturalmente Hinault, Baronchelli si incolla alla sua ruota, il danese con trascorsi da pistard Marcussen è in lizza con i migliori, Millar smanetta sul cambio in salita e le movenze disordinate di Pollentier – quello che soffiò un Giro a Moser e poi fu espulso al Tour del 1978 perché provò a fregare il controllo antidoping – completano il quadro della soluzione finale.
Ormai i sopravvissuti si contano sulle dita di una mano. E’ una corsa ad eliminazione, Hinault asfissia col forcing e demolisce i concorrenti ad uno ad uno. E così al penultimo passaggio in salita col francese resta solo lui, il “Tista“, che arranca, sbuffa, lotta come un gladiatore lui che proprio cuor di leone non è, infine cede all’allungo di Bernard. Che all’uscita da un tornante stacca l’italiano e completa l’ultimo giro in beata solitudine.
Hinault trionfa a braccia alzate dopo oltre sette ore e mezza di corsa, con 1minuto 1secondo di vantaggio su Baronchelli che stramerita l’argento, sul terzo gradino del podio sale lo spagnolo Fernandez, con oltre quattro minuti di ritardo mentre solo 15 corridori giungono all’arrivo. L’ottimo Panizza è quarto e Battaglin chiude la top-ten, ma la vetrina appartiene a Hinault che nel Mondiale più duro che la storia del ciclismo ricordi si prende una clamorosa rivincita sulla stampa francese e grida al mondo: “sono io il più forte di tutti“. Chapeau Bernard.
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