Maurizio Fondriest, campione di stile


Tuttobici 
Numero: 5 Anno: 2005

di Gino Sala

Volendo parlare di Maurizio Fondriest dirò subito che sono stato un suo fervente ammiratore. Mi piaceva vederlo in azione per il suo stile, la sua pedalata composta, la sua leggerezza, il suo modo di andare a caccia di vittorie. 

Nato a Cles il 15 gennaio del 1965, già in evidenza nella categoria dilettantistica, professionista per una dozzina di stagioni, un'ottantina di successi, altezza 1,80, peso 72 chili, un trentino di ottimo aspetto, per intenderci. Adesso costruisce bici da corsa apprezzate ovunque, ha due figli, mentre scrivo è in attesa di un maschio. Una bella famiglia, un uomo felice per il suo passato e il suo presente pur avendo qualcosa da rimpiangere.

«Rimpiango di non aver potuto dimostrare interamente il mio valore. Il mal di schiena ha condizionato la mia carriera», rimarca Maurizio. La salute è la cosa più bella della vita, per rendere al meglio un atleta deve possedere un fisico che gli conceda la massima forma e tuttavia Fondriest ha fornito saggi indimenticabili. Per esempio la Milano-Sanremo del '93 vinta per distacco con un allungo sul Poggio. Era stato secondo dietro a Fignon nell'88, e ancora fu secondo nella scia di Jalabert nel '95. 

Una pagella la sua già illuminata nel secondo anno di attività, quando le primavere di Maurizio erano 22. Illuminato dal titolo mondiale conquistato in quel di Renaix (Belgio) il 28 agosto del 1988. Ricordo bene quella domenica, quel finale rocambolesco per così dire. Fondriest era stato bravo nel finale entrando in una fuga di quindici elementi, bravo nell'andare sulla ruota di Criquelion al suono della campana, cioè all'annuncio dell'ultimo giro.

Il traguardo era in salita, una di quelle salite leggere che facevano al caso del pedalatore in una maglia azzurra. Sui due si portava il canadese Bauer mentre i tifosi di casa incitavano il loro idolo, cioè Claude Criquelion. Costui procedeva sulla destra dalla parte delle transenne e nella foga della conclusione finiva a terra dopo aver toccato un pedale di Bauer, poi ingiustamente declassato. Sulla sinistra, tutto solo, Fondriest alzava le braccia al cielo e oggi commenta: «Non è vero che sono stato fortunato. Quella pendenza che portava all'arrivo era alla mia portata...».

Quel biondino pieno di gioia che indossava la maglia iridata avrà poi altri momenti di gloria. Due volte vincerà la Coppa del Mondo, sue saranno la Freccia Vallone, il Campionato di Zurigo e la Tirreno-Adriatico, due le conquiste nel Giro del Lazio e tra le sue perle figurano anche il Giro di Toscana, il Giro dell'Emilia, il Giro di Catalogna, il Midi Libre eccetera.

Fondriest ha lasciato le sue impronte nella leggenda del ciclismo e voglio anche ricordarlo per la chiacchierata sul presente. Perché la Sanremo termina da anni con una grossa volata? Perché molti giovani deludono? È giusto o sbagliato impegnare Cunego nel Tour dopo aver disputato il Giro?

Risposte. «La Sanremo è spietatamente controllata dalle squadre che posseggono i grandi velocisti. Difficile scappare con esiti positivi. Possono far selezione le giornate di vento e di pioggia. Non tutti i giovani che entrano nella massima categoria hanno le qualità per ben figurare. E poi guai se non si affronta il mestiere con la massima serietà. In quanto a Cunego, avrei aspettato un paio di stagioni prima di inviarlo al Tour...».

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