Silvano Contini, talento incompiuto


Tuttobici Numero: 11 Anno: 2004

di Gino Sala

Una doverosa premessa per dire che le impressioni e i miei ricordi sui corridori di una passato lontano e recente ricevono un sostanzioso aiuto dal lavoro di Luciano Boccaccini e Giovanni Tarello, autori di "Tutto il Ciclismo", una pubblicazione preziosa per gli amanti delle statistiche, di coloro (e non sono pochi) che vogliono apprendere il numero delle vittorie e dei piazzamenti di Tizio, Caio e Sempronio, la loro qualifica e le squadre che hanno rappresentato. Inclusi anche i nomi dei ciclisti scesi dalla bici senza aver riportato un successo, elencati coloro che si sono misurati nel professionismo soltanto per una stagione. Proprio un'opera encomiabile.

E così volendo conoscere con esattezza quali sono state le componenti della carriera di Silvano Contini prendo nota che è nato a Varese il 15 gennaio del 1958, altezza un metro e sessantanove centimetri, peso sessantacinque chili, professionista dal 1978 al 1990, squadre di appartenenza la Bianchi-Faema, la Bianchi-Piaggio, la Ariostea, la Gis Gelati, la Del Tongo-Colnago, la Malvor-Bottecchia, la Malvor-Colnago e la Gis-Benotto, quarantatré vittorie, quindici volte secondo, sedici volte terzo, quattordici giorni in maglia rosa, cinque presenze in nazionale.

Tirando le somme siamo di fronte a un bilancio di tutto rispetto. Tra i successi riportati da Silvano figurano la Liegi-Bastogne-Liegi, due Giri del Lazio, il Giro di Germania, il Giro dei Paesi Baschi, il Midi Libre, il Tour de l'Aude, la Coppa Placci, il Trofeo Baracchi in coppia con Gisiger, il Giro del Piemonte, il Gran Premio di Camaiore, il Trofeo Matteotti e la Coppa Bernocchi, il Giro dell'Umbria.

Un Contini, insomma, che ha lasciato il segno in molte circostanze, un pedalatore completo che però non ha dato quelle affermazioni che mi aspettavo. Siamo stati compagni d'avventura, rivedo in Silvano un'esemplare correttezza e un'eleganza nei modi di agire, ma anche, come dire?, un rilassamento, un perdersi nei momenti decisivi. Mi riferisco principalmente al Giro d'Italia concluso in quinta posizione nel '79, in quarta nell'81 e in terza nell'82 alle spalle di Hinault e Prim, edizione in cui si è visto che a Contini mancava qualcosa per cogliere il massimo risultato. C'è ancora in me il ricordo della tappa che andava da Fiera di Primiero a Boario Terme, tappa vinta da Silvano davanti a Van Impe con un doppio significato poiché l'atleta della Bianchi conquistava la maglia rosa a spese del grande Hinault. Sì, quel giorno mi sono esaltato e subito dopo, purtroppo, mi sono ricreduto perché l'indomani il francese tornava definitivamente al comando della classifica.

Dunque, non posso includere nel regno dei "big" un corridore per il quale ho tifato. "Big" che oltre a Hinault si chiamavano Saronni, Moser, Battaglin, Fignon e via dicendo, un'altra categoria se confrontata con quella di oggi, perciò tutto sommato non è poco ciò che Contini ha combinato. Per eccellere, per diventare campioni con la "C" maiuscola, bisogna possedere doti speciali, oppure gareggiare in un'epoca dove la concorrenza non è spietata. Pensate un po' cosa avrebbe raccolto Gimondi senza la presenza di Merckx, fermo restando che Silvano è da includere tra coloro che hanno onorato il mestiere, perciò anche un esigente come il vecchio cronista deve congratularsi con la dovuta simpatia e il dovuto affetto.

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