Silvano Contini, varesino di Leggiuno


Varesino di Leggiuno, classe 1958, passa al professionismo nel 1978. Nel Giro d'Italia del 1979 si mette in luce in un tappa caratterizzata, almeno in parte, dal maltempo. Nella La Spezia-Voghera è protagonista di una bella fuga sul Passo della Forcella e, malgrado l'impegno, è battuto in volata dallo svedese Bernt Johansson. Conclude il Giro al quinto posto in classifica generale: è un esordio promettente, che viene confermato dalle vittorie nel Giro del Piemonte e nel Giro del Lazio. 

Ma è al Giro di Lombardia di quell'anno che Silvano rivela la propria tempra: in una tipica giornata autunnale è l'unico a reggere al ritmo imposto da uno scatenato Bernard Hinault. Nonostante i crampi riesce a stare a ruota del bretone. Fa tenerezza, quel ragazzo, con la bocca aperta, una smorfia di dolore, fradicio sotto la pioggia incessante, ma resiste. Addirittura si spera nell'impresa. Hinault, quel giorno, non si fa sorprendere, e il secondo posto, in una volata nella quale i crampi impediscono quella scioltezza necessaria per lottare ad armi pari con il compagno di fuga, è quasi un successo.

L'anno successivo, al Giro d'Italia, è protagonista della terribile tappa di Orvieto, percorsa in condizioni atmosferiche pessime. Freddo e pioggia non abbandonano per un attimo i corridori. Silvano resiste e vince la tappa nella città del Duomo, precedendo Visentini, che indossa la maglia rosa. Un altro successo "bagnato", quindi, per il corridore di Leggiuno. E' un corridore tenace, Contini, che lotta, si impegna, soffre: e si vede. Quando lo sforzo diventa più intenso il suo sorriso si trasforma in una smorfia di fatica. Ma è anche un corridore generoso, gentile, corretto. Non conclude il Giro, ma tra giugno e luglio si impone in tre classiche nazionali: G.P. Industria e Commercio, Camaiore e Matteotti. 

Nel 1981 si presenta al via del Giro con grandi ambizioni, legittimate dal successo nel Giro dei Paesi Baschi. Il tridente della Bianchi Piaggio (Contini, Baronchelli, Prim), insieme a Battaglin, Bortolotto e Vandi, attacca sul Terminillo: a Cascia, Saronni conserva l'insegna del primato ma alcuni giorni dopo, nella Montecatini-Salsomaggiore vinta da Moser dopo una lunga fuga solitaria, deve cederla proprio a Contini, primo dei battuti dal campione trentino.

Nulla può però Silvano, sulle rampe del Furcia, quando Battaglin sferra l'attacco decisivo. La ripresa televisiva è impietosa. Contini arranca, si alza sui pedali, in un disperato sforzo di contenere il distacco dallo scatenato corridore di Marostica. Lo sforzo è immane, il rapporto troppo duro per le severe pendenze dell'inedita salita. Alla fine è quarto in classifica generale. Solo il successivo successo nel Giro di Germania attenua la delusione della sconfitta.

Il 1982 è il suo anno migliore. Coglie una grande affermazione nella Liegi-Bastogne-Liegi in una giornata caratterizzata, anch'essa, dal maltempo. Se c'è la pioggia, Contini non si spaventa; erano 17 anni che un corridore italiano non vinceva la Doyenne. Eppure, anche in quell'occasione a Contini non viene concesso lo spazio che merita. L'Italia che ama il ciclismo aspetta con ansia le fasi finali di una corsa nella quale un connazionale è protagonista: Gianni Minà cede la linea a De Zan appena in tempo per vedere Silvano che taglia vittorioso il traguardo: "Contini!!!!!!" urla Adriano. La telecronaca più breve della storia delle televisione, troppo poco per una vittoria così prestigiosa.

Al Giro arriva con le credenziali in regola. C'è Hinault, è vero, ma dopo la tappa del Crocedomini (nella quale il tridente della Bianchi vive una giornata memorabile, mandando in crisi il bretone) sembra fatta. Il sogno rosa di Contini dura, purtroppo, lo spazio di 24 ore. A Montecampione, Hinault ripristina le gerarchie e grande è la delusione. Nella Cuneo-Pinerolo, ultima occasione per ribaltare la situazione, è l'unico a provare l'attacco al "Tasso": prima sull'Izoard e, poi, sul Sestriere, insieme a Van Impe, ma non ha successo. Il terzo posto finale, alle spalle del suo compagno di squadra Tommy Prim, sarà il suo miglior risultato al Giro e, nello stesso tempo, la prova dei suoi limiti in una grande corsa a tappe. Il successo nella Coppa Bernocchi e il terzo posto nella classifica finale del Superprestige Pernod suggellano un anno da incorniciare.

Dopo due ulteriori annate con la Bianchi-Piaggio, nelle quali, oltre ad aggiudicarsi un'edizione della Coppa Sabatini, bissa il successo nel Giro del Lazio e vince un Baracchi in coppia con Gisiger, passa nell'85 all'Ariostea-Benotto. 

E' la sua ultima migliore annata, sotto il profilo dei risultati, con ben 4 successi in altrettante corse a tappe "minori": Giro di Puglia, Midi Libre, Tour de l'Aude e Ruota d'Oro, e una classica prestigiosa, la Coppa Placci. Dopo, solo il successo nel Giro dell'Umbria dell'87 e cinque giorni in maglia rosa nell'89 (in totale sono 14), quasi un ricordo dei momenti migliori vissuti sulle strade del Giro.

Una carriera più che onorevole, con ottime prestazioni concentrate soprattutto nei primi anni di professionismo, e vittorie di prestigio, anche all'estero. Innumerevoli i piazzamenti: un secondo e un terzo posto al Giro di Romandia (rispettivamente nell'80 e nell'82), più volte sul podio delle più importanti classiche nazionali (quali, ad esempio, Giro del Veneto, dell'Emilia e Tre Valli Varesine).

Eppure si è parlato di un talento incompiuto, di un corridore che, seppur tecnicamente completo, andava incontro a momenti di crisi nelle fasi decisive del Giro, quando avrebbe invece dovuto dimostrare il suo autentico valore.

Considerazioni giuste, senza dubbio, che non sminuiscono tuttavia la figura di un atleta corretto, serio e gentile che ha saputo distinguersi negli anni in cui Hinault, Moser, Saronni rendevano difficile a chiunque la possibilità di primeggiare.

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