Silvano Contini


Nato a Leggiuno (Va) il 15 gennaio 1958. Completo. Alto m. 1,69 per kg. 65. Professionista dal 1978 al 1990 con 44 vittorie. 

Nato nello stesso paese di Gigi Riva, parve a un certo punto in grado di portare in auge gli orgogli paesani anche a livello ciclistico. E lo fece, ma non nei termini che, a un certo punto, ci si poteva aspettare. Corridore completo, ma non dotato di una tempra nervosa pari alle doti fisiche. E dire che il suo viso da eterno ragazzino spesso sorridente e quella stessa smorfia sotto sforzo che tanto assomigliava a una risata, parevano la somatizzazione di un controllo nervoso e di una filosofia sportiva pronta a dare un qualcosa in più. In realtà, per quel che può contare l'aspetto esteriore, quei portamenti non erano altro che un confondente: dentro di lui c'erano insicurezze superiori probabilmente al dovuto, e una certa introversione. Parlava poco Silvano, e ben poco si poteva capire ciò che l'arrostiva dentro. Ciononostante, il suo segmento agonistico è stato di tutto rispetto, tale da meritare un inchino e un applauso, anche se non si può cancellare quella vena di tristezza per quello che ha fatto sperare e che non s'è concretato. Soprattutto gli manca quel Giro d'Italia che è andato vicino a vincere e che non vinse e quella fortuna che, spesso, gli ha voltato le spalle. 

Passò presto al professionismo, a soli 20 anni, da giovane speranza senza l'eclatante passato in una categoria propedeutica come i dilettanti, dove, nemmeno 1000 vittorie danno certezze di essere qualcuno nel pedale che conta. E lo fece sul finire del 1978, in uno squadrone come la Bianchi-Faema, dove di ammiratori ne aveva parecchi.

Già al Giro d'Italia del 1979, il suo primo, si mise in luce in un tappa caratterizzata, almeno in parte, da quel maltempo che fu la suo miglior alleato di percorso. Nella La Spezia-Voghera fu protagonista di una bella fuga sul Passo della Forcella, ma alla fine fu battuto in volata da Johansson. Concluse la Corsa Rosa al 5° posto, Maglia Bianca dei giovani: risultati enormi in considerazione dei suoi 21 anni. Vinse poi il Giro del Lazio e il Giro del Piemonte, ed al Lombardia fu eccelso al punto di far vedere i sorci verdi a sua maestà Bernard Hinault: finì 2° nello sprint decisivo a due col bretone. Dopo un anno così, le attese per Silvano andarono alle stelle.

Nell'anno successivo, iniziò bene il Giro d'Italia, fino a conquistare in un'altra giornata di tregenda, la tappa di Orvieto. Il prosieguo però, non fu fortunato e fu costretto a ritirarsi. In estate fu autore di un gran bel terzetto di successi: nel GP Industria e Commercio, nel GP Camaiore e nel Trofeo Matteotti. Come nell'anno precedente, fu selezionato per i Mondiali. 

A Sallanches '80 come a Valkenburg '79 fece il suo piccolo lavoro e si ritirò. Nel 1981 si presentò alla Corsa Rosa con fondate ambizioni, visto il successo nel Giro dei Paesi Baschi in primavera e la possibilità di correre in una squadrone come quella Bianchi-Piaggio che, oltre a lui, poteva contare su Gibì Baronchelli e lo svedese Tommy Prim. Dopo aver attaccato sul Terminillo con Battaglin, Bortolotto e Vandi, tolse a Cascia la Maglia Rosa a Saronni, ma sulle rampe del Furcia, l'affondo di Battaglin, gli fu fatale e lo mandò in crisi. Chiuse il Giro 4°. Si rifece un poco vincendo il Giro di Germania. Concluse il Mondiale di Praga 17°.

Per le grandi concretizzazioni, tutto rimandato al 1982. E in quella stagione, raccolse il meglio della carriera. In primavera, trovò nella giornata della Liegi-Bastogne-Liegi, il solito maltempo che gli metteva le ali e la sua risposta fu vincente. Il successo di Contini, ruppe l'incantesimo italiano nella Doyenne, lungo ben 17 anni dall'ultimo tricolore vincente: Carmine Preziosi. Al Giro arrivò con credenziali come mai prima e c'era da battere, stavolta, proprio Hinault. Silvano vinse in solitudine la frazione di Castellamare, si ripeté a Pescara e nella tappa del Crocedomini, il tridente della Bianchi organizzò l'attaccò che mandò in crisi il bretone che era in rosa. Sul traguardo di Boario Terme, il ragazzo di Leggiuno superò in volata Lucien Van Impe e detronizzò Hinault. Ma era destino che non potesse godersi a lungo la Maglia Rosa. Infatti, nella tappa successiva di Montecampione, il francese ripristinò le gerarchie. Nella Cuneo-Pinerolo, ultima occasione per ribaltare la situazione, fu l'unico a provare l'attacco al "Tasso": prima sull'Izoard e, poi, sul Sestriere, insieme a Van Impe, ma non raccolse successo. Chiuse il Giro al terzo posto, alle spalle del suo compagno di squadra Tommy Prim. Il successo nella Coppa Bernocchi e il terzo posto nella classifica finale del Superprestige Pernod, suggellarono un anno ottimo, nonostante il ritiro, il terzo su quattro partecipazioni, ai Mondiali di Goodwood.

Dopo due ulteriori annate con la Bianchi-Piaggio, nelle quali fu sfortunato al Giro d'Italia, ma vinse belle corse come il Giro del Lazio, la Coppa Sabatini e il Trofeo Baracchi in coppia con lo svizzero Daniel Gisiger, passò nell'85 all'Ariostea Benotto.

Fu un'ottima annata sotto il profilo dei risultati, con ben 4 successi in altrettante corse a tappe "minori": Giro di Puglia, Midi Libre, Tour de l'Aude e Ruota d'Oro, e una classica prestigiosa, la Coppa Placci.

Nell'86 però, passò alla Gis Gelati, ma fu una stagione da dimenticare a causa di lunghe fermate per infortuni.

Nel 1987, nuovo cambio di maglia, con l'approdo alla Del Tongo, ma solo un successo nel Giro dell'Umbria.

Ancora un sodalizio diverso nel 1988, la Malvor. Due successi nella prova di Passo dello Stelvio e nella Classifica finale del Trofeo dello Scalatore. Anche quelli, segni di un potenziale mai espresso fino in fondo.

Nel 1989 poi, la vittoria in una tappa della Vuelta a Murcia e altri cinque giorni in Maglia Rosa (in totale furono 14), cui però fece seguito un altro crollo: chiuse quel Giro 53°. Nel '90, l'ultima stagione poco colorita nuovamente con la Gis.

Una carriera più che onorevole, ma pure un talento incompiuto. Corretto, serio e gentile, in un'epoca di dittatori come Hinault, Moser e Saronni. Forse sarebbe servita cattiveria, nonché tanto "pelo sullo stomaco". Ma il varesino era troppo bravo ragazzo.

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