Il sogno spezzato di Nibali, la grandeur vera di Thomas e finta di ASO
Per Vincenzo Nibali il Tour s'è spezzato a metà, alla 12-esima tappa: frattura composta alla decima vertebra toracica nella caduta , ai -4 km dalla cima dell'Alpe d'Huez, provocata forse dalla tracollla di una macchina fotografica e non da una moto della Gendarmerie, come invece detto in un primo momento dallo stesso Nibali.
Doveva essere, l'ultima del trittico alpino, la frazione regina. Quella che avrebbe sconvolto la classifica. E lo è stata, ma per la forzosa rinuncia a uno dei favoriti per il podio di Parigi. Per colpa di un'organizzazione che per il proprio gigantismo fagocita se stessa.
E non sa trovare un elicottero per non far percorrere in ambulanza, al vincitore del 2014, i 63 km di sobbalzi fino all'ospedale di Grenoble per un referto che la smorfia dello Squalo faceva presagire anche prima dell'esito clinico; e nonostante fosse riuscito a tagliare il traguardo con un ritardo di soli 13".
Grazie anche al - PRESUNTO e tutto da provare - fair play di Thomas, Froome e Dumoulin e certo non di Bardet, né - e questa è una certezza - della giuria, che ha poi rigettato l'istanza di neutralizzazione derubricando la caduta a "incidente di corsa".
Mai, in trenta ascese al Tour, un britannico aveva domato la "montagna degli olandesi", così chiamata per il loro record di successi (otto, l'ultimo di Theunisse nell'89) e il coloratissimo tifo arancione, da "curva", su uno di quei 21 tornanti in 14 km all'8,1% di pendenza media entrati nel mito.
Ha vinto, Mister G, se possibile in maniera ancora più perentoria rispetto a la Rosiere: sprintando ai 40 orari (quaranta!) su Dumoulin, Bardet e Froome in un finale incandescente quanto i fumogeni, ormai purtroppo sdoganati anche negli stadi a cielo aperto del ciclismo.
Perfetta metafora dei tempi: troppo fumo e niente arrosto.
PER SKY SPORT 24, CHRISTIAN GIORDANO
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