Thomas vola sull'Alpe d'Huez, Nibali per terra


Mai, in trenta ascese al Tour, un britannico aveva vinto sull'Alpe d'Huez. La montagna "degli olandesi", così chiamata per il loro record di successi (otto, l'ultimo di Theunisse nell'89) e il loro caldissimo tifo da "curva" su uno di quei 21 tornanti in 14 km all'8,1% di pendenza media entrati nel mito.

Ci è riuscito lo straordinario Geraint Thomas, alla seconda vittoria consecutiva nel trittico delle Alpi. Se possibile, in maniera ancora più perentoria rispetto a La Rosière: andando a sprintare ai 40 orari (quaranta!) in un finale incandescente quanto i fumogeni ormai purtroppo sdoganati anche negli stadi a cielo aperto del ciclismo.

Ripreso l'eroico Kruijswijk, il più combattivo di giornata e in fuga per 100 km, ai -4 km è successo di tutto: Nibali, buttato giù forse dalla tracolla di una macchina fotografica e non da una moto della Gendarmerie, come invece detto dallo stesso Nibali, si gettava all'inseguimento dei big, che con grande fair play hanno inscenato, ai -2,7 un barrage mai visto - perlomeno in tempi recenti - nella corsa più importante al mondo.

I diretti interessati smentiranno, ma dalle immagini sembra che Thomas, Froome e Dumoulin vadano a prendere Bardet per "aspettare" Nibali, che nonostante la possibile frattura a una vertebra perde "solo" tredici secondi.

Come il giorno prima a La Rosière, Dumoulin ha chiuso sprintando secondo ma stavolta davanti a Bardet oltre che a Froome.

Nella generale Nibali, cui la giuria ha respinto la richiesta di neutralizzazione derubricando l'urto della moto a "incidente di corsa", resta quarto ma a 2'37". Una ingiustizia che, come il tamponamento di Porte, Mollema e Froome contro una moto dell'organizzazione sul Ventoux 2016, dimostra - ancora una volta - che nella Fattoria del Tour tutti gli animali sono uguali. Ma alcuni sono "più uguali" degli altri.
PER SKY SPORT 24, CHRISTIAN GIORDANO

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