L'ultima soddisfazione di Kristoff
Mancava solo lui, Alexander Kristoff. L'unico tra i pochi velocisti superstiti amncora senza vittoria in questo Tour che, fra cadute e tempo massimo, aveva già fatto fuori i doppiettisti Gaviria e Groenewegen, primo sui Campi Elisi un anno fa; i tedeschi Kittel e Greipel, gli ultimi a centrare il back-to-back; e infine messo a repentaglio - per la caduta giù dal Val Louron - il record di punti e di sei maglie verdi (eguagliato Zabel) di Sagan, il solo a vincere tre tappe.
Degenkolb ci era riuscito alla decima, fra le lacrime nella "sua" Roubaix. Démare a Pau alla diciottesima. Tutti e due non a caso messi in fila dal campione europeo, maglia conquistata un anno fa sul nostro Viviani.
Kristoff alla Grande Boucle aveva già vinto due volte, nel 2014 di Nibali: a Saint-Étienne e a Nîmes; ma mai sugli Champs Elyseés. Un successo che da solo vale una carriera, e ancora più dolce se arrivato a 31 anni quando in tanti già ti davano in declino (nonostante l'argento mondiale in casa a Bergen 17 e il quarto posto alla Sanremo nel 2018).
I 116 km con partenza da Houllies sono stati - come tradizione - la passerella per brindare con la maglia gialla. Geraint Thomas, nove Tour e 11 anni dopo quel 140esimo e penultimo posto al debutto nel 2007, è il primo gallese a indossarla.
Esaurito il protocollo che ha premiato anche la maglia a pois di Julian Alaphilippe e la bianca di Christophe Latour, sul podio, con Dumoulin, sono tornati a salire i Paesi Bassi 28 anni dopo il terzo posto di Erik Breukink; e per l'11esima volta in un grande giro Chris Froome.
Sono loro, Froomie e Tom, la miglior risposta a chi sostiene che non si possa più essere competitivi a Giro e Tour nella stessa stagione. "Mr G" insegna: è dare tutto, l'unica cosa che conta.
PER SKY SPORT 24, CHRISTIAN GIORDANO
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