Rodolfo Massi, campione di determinazione


Tuttobici Numero: 12 Anno: 2003

di Gino Sala

L'immagine è quella di un corridore e della sua famiglia che radunano amici e conoscenti per una bella festicciola. L'incontro è avvenuto verso la fine dello scorso mese di ottobre, incontro che a causa di un impegno precedente non mi ha visto tra i presenti e qui voglio trasmettere al corridore un caloroso abbraccio e un affettuoso augurio per l'avvenire.

Già, nella vita non c'è soltanto il ciclismo e Rodolfo Massi, trentotto anni, professionista dal 1987, merita quella fortuna che gli è stata negata da disastrose vicende.

Il marchigiano di Corinaldo pone fine alla lunga attività nel gruppo dei marpioni col sorriso che lo ha sempre distinto. «Non bisogna mai arrendersi, mai. Bisogna sempre pensare al domani». Con queste parole Rodolfo ha reagito alle innumerevoli disavventure. Sicuro che se fosse stato protetto dalla buona stella sarebbe andato più in là, molto più in là delle sue quattordici vittorie.

Voglio qui ricordare i numerosi incidenti che hanno ostruito la carriera di Massi. 
Ecco: Giro d'Italia '88, la follia di far transitare il plotone sotto l'arco di Santa Maria Capua Vetere, una cinquantina di concorrenti a terra, una scena da brividi, frattura del femore per Massi che rimarrà fermo per un lungo periodo. 
Giro del Trentino '98: grave caduta in vista del Giro d'Italia. Volendo partecipare alla corsa per la maglia rosa Rodolfo deve farsi aiutare dai meccanici ogni qualvolta monta in bici. 
Giro '93: forzato abbandono a causa di una frattura alla clavicola. 
Altra clavicola fratturata nel '97 e attenzione al Tour del '98. Attenzione a Marco Pantani che conquista la maglia gialla, attenzione a Massi che vince la Pau-Luchon e si porta al sesto posto della classifica generale. In più c'è la qualifica di miglior scalatore e la prospettiva di tornare a casa con un bel po' di quattrini. Rodolfo chiama Raffaella per condividere con la moglie un momento di felicità dopo tante tristezze. Giustizia è fatta, ricordo di aver scritto, ma cosa c'è dietro l'angolo? C'è un'accusa infamante nel trambusto dello scandalo-Festina. C'è la polizia che vede in Massi uno spacciatore di farmaci dopanti. 

Il ragazzo si dispera, grida la sua innocenza, ma viene fermato, viene espulso dalla competizione anche se nulla di concreto risulta a suo carico. Soltanto dubbi, chiacchiere, maldicenze e nessuna prova, ma intanto Rodolfo torna a casa con la tristezza nel cuore. A distanza di oltre un anno la notizia di un comunicato che assolve il corridore. Assoluzione e basta, un errore giudiziario che tradotto in moneta costa la perdita di oltre un miliardo di lire. Nessuno paga i danni morali e materiali, nessuno mette mano al portafoglio per un doveroso atto di riparazione.

Cosa fare? Arrendersi, porre fine a un mestiere ingrato? No. Verso la fine dello stesso anno Massi è in Messico a scopo di allenamento. È nuovamente sorridente, nuovamente voglioso di riproporsi, ma in una giornata di preparazione viene travolto da un automobilista che non rispetta lo stop e fugge lasciando il ciclista con la frattura di otto costole e di una clavicola, la frantumazione dell'omero, danni polmonari e alle vertebre. Un mese di ospedale seguito da interventi chirurgici. Sarebbe proprio il caso di dire basta e invece Rodolfo non molla. 

Ricomincia nel 2000 vincendo una tappa del Midi Libre e continua a pedalare per altre quattro stagioni. Non ho parole per un atleta così cocciuto, così testardo, così ammirevole ed esemplare nella sua costanza e spero di rivederlo nell'ambiente ciclistico dove avrebbe molto da trasmettere.

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