Sanremo 1999 - Illusione Pantani, Classicissima a Tchmil


di LEONARDO COHEN
la Repubblica, 21 marzo 1999

SANREMO - Il Pirata scatta cattivo alle 15 e 45, dopo 266 chilometri di nulla o quasi. Risveglia l'ultima Milano-Sanremo del secolo dal torpore delle solite interminabili fughe-bidone. Un urlo l'accompagna: quello felice della gente. Uno sguardo d'impotenza lo insegue: quello stralunato di Bartoli, che resta sui pedali e non resiste all'allungo del romagnolo. Soffre di tracheobronchite, il toscano, con Pantani ha parlato in corsa, "inventiamoci qualcosa prima del Poggio", il Pirata l'ha preso alla lettera, bruciandolo in un amen. Uno a zero per Marco.

E' appena cominciata la salita della Cipressa: per chi divora il Mortirolo e fa a bocconcini il Tourmalet, uno scherzo, un esercizio di stile, una prova d'autore. Pantani va su come una scheggia, lascia stecchito il resto del gruppo, raggiunge le moto che penano a stargli davanti, continua temerario l'arrampicata. Ci prova, a vincere la Sanremo. Parte da lontano, da meno ventisette. Chilometri, s'intende, i più duri della corsa, quelli che mancano all'arrivo. L'ultimo a vincere una Sanremo partendo dalla Cipressa è stato il giovane Gabriele Colombo, nel '96. Dietro, Bartoli si riprende dal cazzotto. Lo raggiunge il russo Gontchenkov, il gruppo è sfilacciato, in testa avanzano Soerensen e Sciandri, l'arrembaggio del Pirata è veemente ma scarsamente efficace. Il vantaggio su Bartoli e Gontchenkov si riduce a 6", 14 sul duo Soerensen-Sciandri, 18 sul gruppone. Ma fa niente: chi ama il ciclismo ama il coraggio, la voglia di rischiare. Il tifo del cuore è per Marco, comunque. Due a zero.

A via Roma, palcoscenico finale della Sanremo, è infatti tripudio, speranza, passione. Venti chilometri più ad est, Pantani scollina solitario, lo attendono tre chilometri e mezzo di discesa, una picchiata verso l'Aurelia zeppa di insidie, quando i muscoli grondano tossine. E infatti Pantani sbaglia subito una curva, la piglia larga, è costretto a rialzarsi, a spingere sui pedali per riprendere velocità. Non demorde, il Pirata, ci crede, spinge indemoniato mentre dietro si fa largo la maglia rossa di Paolo Savoldelli, uno dei ciclisti preparati dal discusso medico Michele Ferrari, inquisito dalla magistratura di Brescia, di Ferrara e di Bologna.

Spizzichi di cronaca, per non dimenticare che alle 4 e mezzo della notte la commissione medica dell'UCI è andata a svegliare bruscamente 32 corridori di quattro squadre per i controlli ematici a "tutela della salute": il più furibondo è il tedesco Erik Zabel, vincitore delle ultime due Milano-Sanremo. Sbotta: "Questa è una provocazione. Noi ciclisti siamo sempre in prima linea, prelievi del sangue, delle urine, stavolta avete esagerato". Perché così tardi? Perché i medici dovevano andare all' ospedale di Como per gli esami, non avevano la macchinetta con sé, è una delle prime imbarazzate spiegazioni, e tutto doveva essere svolto prima del via da Milano. I controlli dimostrano che i valori del sangue dei 32 ciclisti sono nella norma. La rabbia no, la rabbia è a livelli di guardia. "Una vergogna, faremo dure proteste", dirà più tardi Enrico Ingrillì, segretario dell'Associazione Corridori Professionisti.

Intanto, alle spalle di Pantani si forma un gruppetto: Bartoli è affiancato dal luogotenente Bettini, poi ci sono gli olandesi Van Bon e Den Bakker, lo svizzero Marcus Zberg, il polacco Zbigniew Spruch, il belga Aerts, l'attivissimo Savoldelli. Pantani rallenta, temporeggia, si arrende. Meglio rifiatare che morire lentamente. Due a uno: Bartoli sogghigna.

Ha annullato le velleità del rivale. Che è solo, nel gruppetto, mentre don Michele può contare su Bettini. Allora il Pirata, malizioso, sfodera un nuovo scattino, tanto per irritare Bartoli. Che replica inviando Bettini all' attacco. Punture di spillo. Chi ci guadagna sono gli altri. Si avvicinano Zabel, Vandebroucke, Rebellin, Tchmil: i veterani, gli opportunisti del plotone. Bartoli inutilmente sollecita Spruch a collaborare. Il polacco nicchia, Bettini è stremato, Pantani ha già dato: così il tentativo sfuma. Tutto da rifare. Peccato: mezz'ora appena di gran ciclismo. Basta un duello vero e la strada s'infiamma.

Il finale è ingarbugliato, casuale, mediocre. Scappa Colombo che tenta il bis del '96, vola sul Poggio, confida nelle 23 curve e nei 6 tornanti che lo separano dalla gloria. Beat Zberg è il suo killer: lo riprende tra il rondò Garibaldi e il corso Raimondo. Sprint? Il moldavo Andrei Tchmil (belga dal '98), 36 anni suonati, anticipa Zabel d'un istante, guadagna 30 metri, li regge disperato, si volta persino col terrore d'essere ingoiato dal possente tedesco: controtempo perfetto il suo, vince la novantesima Sanremo. E' il più anziano vincitore del dopoguerra. Questo passa il convento.

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