MAESTRI DI CALCIO - Goethals, La Science esatta


Alexis Carrel, premio Nobel per la Medicina 1912, soleva ripetere che «poca osservazione e molto ragionamento conducono all’errore. Molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità». Nel calcio, come nella medicina, la verità è fatta di risultati. E nel calcio pochi hanno saputo essere più concreti di “Raymond-La Science”, luminare che come tradizione di chi ha giurato a Ippocrate eccelleva pure nell’arte di propagandare se stesso e i propri successi: a mezzo stampa, fra gli addetti ai lavori, con le parcelle.

Raymond Goethals nasce il 7 ottobre 1921 a Forest (Vorst in fiammingo), 50mila anime alla periferia sud-ovest di Bruxelles. Sfugge a un destino di industrie metalmeccaniche, chimiche e tessili firmando, nel 1933, il suo primo cartellino, come portiere del Daring. Compiuta la trafila nelle giovanili, debutta in prima squadra a 18 anni e mezzo. Nel 1940-41 il club milita ne i campionati provinciali, dall’anno dopo fa parte della Division 2, dove rimane fino al 1944, quando l’attività viene sospesa per una stagione a causa delle vicende che avrebbero portato, di lì a un anno, alla fine della Seconda guerra mondiale. Dal ’45 al ’49 riprende a giocare al Daring, sempre in D2, prima di salire di categoria passando al Racing Bruxelles, dove si ferma tre anni come penultima tappa di una carriera modesta, ma sempre da titolare, chiusa nei dilettanti al Renaisienne in P1.

A Bruxelles frequenta la scuola per allenatori dell’Heysel che gli fa trascorrere diversi periodi all’estero. Nel 1956-57 inizia ad allenare, all’Hannutois di P2. L’anno successivo, allo Stade Waremmien, vince il campionato e conquista la promozione in D3. Nel ’59 compie il doppio salto in D1, al St-Trond, che lascia dopo il secondo posto del ’66. L’insperato risultato coi gialloblù gli apre le porte della nazionale belga, dove subentra ad Arthur Ceuleers come aiuto del direttore tecnico federale Constant Vanden Stock, un’istituzione all’Anderlecht di cui Vanden Stock è stato giocatore, tecnico e presidente, e che il club ha ricambiato dedicandogli lo stadio. Il primo match del biumvirato, a Rotterdam, è Olanda-Belgio 3-1 del 17 aprile 1966.

Due anni dopo, fallito per due punti il pass per gli Europei, Goethals diventa Ct unico: direttore tecnico, selezionatore e allenatore. Nella nuova, triplice veste esordisce il 19 giugno 1968 battendo 2-1 la Finlandia a Helsinki nel primo incontro di qualificazione a Messico ’70. Al mondiale il Belgio ci arriva guidando il Gruppo 6 davanti alle ostiche Jugoslavia e Spagna e la più morbida Finlandia. All’Azteca di Città del Messico, nel Gruppo 1 supera 3-0 El Salvador (doppietta di Wilfried Van Moer e rigore di Raoul Lambert), poi perde 4-1 con l’URSS (doppietta del futuro Ct Anatoly Bishovets, gol di Kakhi Asatiani e Vitali Khmelnitski e, a 4’ dalla fine, Raoul Lambert) e 1-0 coi padroni di casa e torna a casa. Goethals assembla una formazione discreta, che punta sulla regia di Wilfried Van Moer, sul talento offensivo del capitano Paul Van Himst e sulla sagacia del Ct. Paga però un pesante tributo al fattore campo, in omaggio al quale l’arbitro argentino Ángel Norberto Coerezza accorda ai messicani il rigore, più che dubbio, poi trasformato da Gustavo Peña.

Che la squadra sia pronta per le grandi competizioni internazionali si capisce al suo Europeo, nel 1972. Il Belgio ci arriva vincendo il girone contro Portogallo, Scozia e Danimarca. Nei quarti, dopo lo 0-0 di Milano, elimina l’Italia (2-1 dei soliti noti Van Moer e Van Himst e penalty di Gigi Riva). Nella fase finale, in casa, si arrende (1-2, doppietta di Gerd Müller e gol di Odilon Polleunis) alla Germania (Ovest) forse più forte di sempre. Alla vigilia Goethals, più realista del re, dichiara che l’unica speranza di battere uno squadrone pieno di fuoriclasse in ogni reparto – Maier in porta, Beckenbauer dietro, Netzer in mezzo, Müller davanti e Breitner dappertutto – è ai rigori. I suoi, per regalarglieli, ce la mettono tutta, botte comprese, ma i bianchi sono di un’altra categoria. Il terzo posto dietro tedeschi e sovietici, arrivato superando 2-1 (Lambert e Van Himst) l’Ungheria, è comunque straordinario.

Goethals & C. provano a rifarsi nelle eliminatorie del Mondiale successivo, ma la Dea bendata non li aiuta. Pochi lo ricordano, ma al torneo che l’avrebbe resa immortale la grande Olanda di Johan Cruijff e del Calcio Totale arriva solo per la migliore differenza reti: +22 contro +12. A contenderle la qualificazione è proprio il Belgio di Goethals, che come gli oranje (0-0 nel doppio confronto) raccoglie 10 punti in 6 partite nel Gruppo 3, di cui fanno parte anche Norvegia e Islanda.

Il mancato approdo mondiale non trova riscatto nell’Europeo del ’76. I “Diables Rouges” si qualificano ai danni di Germania Est, Francia e Islanda, ma nei quarti l’Olanda torna quella di due anni prima: 5-0 a Rotterdam e 1-2 a Bruxelles, per il Belgio il sogno europeo finisce lì. Per Raymond, si era già infranto il 25 aprile, dopo la prima delle due batoste con gli olandesi. Goethals se ne va con un bilancio di 44 gare, 25 vittorie, 8 pareggi e 11 sconfitte; 69 i gol fatti, 37 quelli concessi. Al suo posto, il suo opposto: Guy Thys, grande e grosso, mai ciarliero, antipatico alla stampa e poco compreso da molti addetti ai lavori, ma insieme con il predecessore tra i più grandi tecnici nella storia del calcio locale.

Nel 1976-77 comincia l’epoca d’oro di Goethals e continua quella dell’Anderlecht, che tanti avevano dato per finito dopo la cessione della stella Van Himst al Molenbeek. Il club della capitale ha appena vinto la Coppa delle Coppe, primo trofeo internazionale della propria storia: rimane quindi competitivo, ma per restare al top gli manca ancora qualcosa. Al suo primo anno sulla panchina biancomalva, Raymond arriva infatti tre volte secondo: in Campionato e in Coppa del Belgio (3-4 in finale) dietro l’insaziabile Bruges, in Coppa delle Coppe battuto nella finale di Amsterdam dall’Amburgo (2-0), ma vince la Supercoppa Europea: all’andata i belgi perdono 1-2 a Monaco contro il Bayern (vantaggio di Haan e doppietta di Gerd Müller), ma a Bruxelles seppelliscono (4-1) i tedeschi grazie agli acuti di Rensenbrink, Van der Elst, Haan e ancora Rensenbrink, che vanificano il tentativo di rimonta (1-3) firmato dal “solito” Müller. Quello di Goethals è forse l’Anderlecht più forte di sempre, ma più in campo continentale che in patria, dove il Bruges continua a farla da padrone. A confermare l’assunto provvedono la Coppa delle Coppe e la Supercoppa Europea, vinte dall’Anderlecht nella stagione successiva. La prima arriva piegando a Parigi l’Austria Vienna. Il 4-0 del Parco dei Principi (doppiette di Rensenbrink e Van Binst) è da applausi. Pressing e fuorigioco sistematici, sovrapposizioni e interscambi, gol a grappoli: se non è un clone della grande “OlandAjax” della prima metà dei Settanta, poco ci manca. La seconda è il frutto del 3-1 casalingo al Liverpool (Vercauteren, pareggio di Case, Van der Elst e Rensenbrink), che ad Anfield, nel finale, non completa la rimonta: 2-1 per i Reds (Hughes, Van der Elst, Fairclough) e trofeo a Park Astrid.

Goethals sente che è ora di cambiare aria. Nello stesso anno solare, il 1980, passa con discreta fortuna dalla panchina del Bordeaux, voluto dal presidente Claude Bez per rimpiazzare l’argentino Luis Carniglia (e i Girondins risalgono dal 18° al 6° posto), a quella del São Paulo (solo per 19 partite, ma senza sconfitte). È allora che il tecnico si guadagna i soprannomi di “Raymundo” e “Colombo”, prima di tornare, nel giugno seguente, in Belgio, allo Standard Liegi.

Punto di incontro tra il mondo latino e quello germanico, Liegi sembra la piazza ideale per il calcio di Goethals: un riuscito mix di temperamento e fantasia, che lo stereotipo impone mediterranei, e concretezza e affidabilità, che lo stesso stereotipo vuole teutoniche e che erano state introdotte dall’austriaco Ernst Happel, suo illustre predecessore su quella panchina. In due anni con il Tiranno, la squadra aveva centrato un secondo posto e una Coppa del Belgio. Con Goethals, nel triennio 1981-84, arrivano due campionati consecutivi (1981-82 e 1982-83), una finale di Coppa nazionale (persa 0-2 contro il Gand nell’84) e una di Coppa delle Coppe (1981-82, 1-2 al Camp Nou con il Barcellona).

Il 29 febbraio 1984 per Goethals finisce un incubo. Scade infatti la squalifica comminatagli dal giudice Bellemans in seguito alle indagini che hanno fatto scoppiare il cosiddetto “affaire-Waterschei”, episodio di corruzione risalente proprio al match con i “diavoli rossi” di Liegi. Durante la sospensione del tecnico, la panchina dello Standard viene affidata all’assistente di Raymond, Léon Semmeling, ma una volta terminata la sanzione il club prende altre strade. Goethals cerca di rinascere in Portogallo, al Vitória Guimarães edizione ’84-85, ma senza fortuna. Ci riprova l’anno dopo in Francia, all’RC Jet di D2, come direttore tecnico (l’allenatore è Daniel Renders): al secondo posto in campionato aggiunge la vittoria nel gironcino finale e la conseguente promozione in D1. Nel marzo ’87 lo richiama l’Anderlecht e arriva subito il titolo belga sempre sfuggito al suo primo passaggio sulla panchina biancomalva. Dopo un altro secondo posto in campionato e due Coppe del Belgio consecutive (doppia vendetta dell’ex, sempre per 2-0, contro lo Standard nel biennio ’88-89), Goethals assaggia un’altra minestra riscaldata, quella del Bordeaux, che con lui al timone è secondo in D1.

Ma è a Marsiglia, dove subentra a Franz Beckenbauer nel gennaio ’91, che Goethals trova l’elisir dell’eterna giovinezza. A quasi settant’anni, “le Belge”, il belga, come lo chiama l’allora suo presidente Bernard Tapie, vanta già una carriera lunga quanto le risate che provocava fra i giocatori o fra i giornalisti ogni sua “uscita”, inconfondibile, per l’accento “bruxellois”, quasi caricaturale, e quasi mai banale. All’Olympique “il Mago” compone con “le Boss” Tapie un tandem di perfetti commedianti la cui apoteosi, archiviati due titoli nazionali e altrettante finali di Coppa di Francia (0-1 dal Monaco nel ’91; non disputata quella con il Bastia per la tragedia del Furiani nel ’92), è scritta a caratteri d’oro a Monaco di Baviera il 26 maggio ’93, contro il Milan, nella finale della Champions League, a due anni dalla delusione di Bari (sconfitta ai rigori contro la Stella Rossa). La zuccata di Basile Boli, che supera nello stacco il compagno Rudi Völler e i totem Frank Rijkaard e Franco Baresi, fa del 71enne Goethals l’allenatore più vecchio a vincere il trofeo, il primo per un club francese, e una leggenda nonostante lo scandalo-Valenciennes, che al club costerà la retrocessione in D2 e la revoca del titolo francese 1992-93 e al presidente Bernard Tapie due anni di detenzione di cui uno senza condizionale.

Goethals, però, ne esce pulito. Nel 1995-96, torna all’Anderlecht per rimpiazzare Herbert Neumann e tentare di acciuffare, all’ultima partita, la qualificazione alla Champions League. L’1-1 con il Ferencváros gliela nega e così La Science lascia il mestiere. Non il calcio, la sua vita: presidente della rinomata Ecole Fédérale des Entraîneurs, il Supercorso di Coverciano belga; opinionista provocatorio, colorito e astutamente “svagato” com’era in panchina («Zidane a Madrid? Sportivamente inutile e i risultati lo dimostrano»).

Goethals è stato fino alla fine, arrivata a 83 anni nella sua Bruxelles il 6 dicembre 2004, il personaggio sanguigno e verace, quasi da film, quello che nel ’97 David Millekowsky gli ha dedicato: “Raymond La Science”. Uno che al microfono raccontava sempre come aveva battuto il grande Milan in due Coppe dei Campioni, nei quarti nel ’91 e nella storica finale ’93. Il calcio non è una scienza esatta, ma da un “osservatore” così la verità si fa sedurre più volentieri.
CHRISTIAN GIORDANO
Guerin Sportivo


La scheda di RAYMOND GOETHALS
Nato: 7 ottobre 1921, Forest (Belgio); deceduto a Bruxelles il 6 dicembre 2004.
Ruolo: portiere.
Club da giocatore: Daring CB (giovanili 1933-40, prima squadra 1940-49), Racing CB (1949-52), AS Renaisienne (1952-53).
Club da allenatore: Hannutois (1956-57), Stade Waremmien (1957-59), St-Trond (1959-66), Anderlecht (1976-79, 1987-89, 1995-96), Bordeaux (Francia, 1980 e 1989-90), São Paulo (Brasile, 1980), Standard Liegi (1981-84), Vitória Guimarães (Portogallo, 1984-85), RC Jet (1985-87), Olympique Marsiglia (1991-93), Anderlecht (1995-96).
Palmarès da allenatore: Coppa delle Coppe (1978), 2 Supercoppe Europee (1976, ’78), 3 campionati belgi (1982, ’83, ’87), 2 Coppe del Belgio (1988, ’89), 2 campionati francesi (1991, ’93), Champions League (1993).
Nazionale da Ct: Belgio (1966-68, assistente di Constant Vanden Stock; 1968-76, Ct unico).


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