Rocca e i suoi “fratelli”


Lo Zambia a Seul 88, l’altra «Corea» del calcio italiano

di CHRISTIAN GIORDANO
Guerin Sportivo, giugno 2003

Alla fine, è pure andata grassa.

Alle Olimpiadi, il quarto posto dell’Italia viene ritenuto l’obiettivo minimo. Ma a Seul '88, tenendo conto della concorrenza, raramente di così alto livello, e della batosta presa con lo Zambia dell’iradiddio Kalusha Bwalya, autore di una tripletta, poteva davvero andare peggio.

Gli azzurri erano tra i favoriti in virtù dell’ottimo cammino compiuto nelle qualificazioni, sotto la guida di Dino Zoff. Proprio le imprese della selezione Olimpica, che eliminò Germania Est, Portogallo, Olanda e Islanda, avevano convinto la Juventus a scegliere “Dinomito” come successore di Trapattoni (Maifredi era vincolato al Bologna, che non lo mollò) e così sulla panchina azzurra fu promosso il vice di Zoff, Francesco Rocca.

L’indimenticato “Kawasaki” non seppe rivelarsi all’altezza dell’illustre predecessore, però fu anche sfortunato. Infortuni importanti (Ancelotti) e polemiche interne (per mettere a posto le cose si mosse addirittura il Ct della nazionale maggiore, Vicini) gli furono fatali, ma più di tutto poté la scoppola subita contro gli zambiani.

Sul banco degli imputati finirono Cravero, Carnevale, Colombo e Galia, ma la squadra, che aveva nomi più o meno celebri quali Tacconi, Brambati, Crippa, Evani, Virdis e Rizzitelli, subì una dura lezione di calcio. Africano.

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