MAESTRI DI CALCIO - "Big Mal" Allison, il manager playboy

- Malcolm Allison

di CHRISTIAN GIORDANO © 
Maestri di calcio: i grandi allenatori stranieri
© Rainbow Sports Books

Uno showman in panchina, e che showman. Lussuoso e lussurioso, è stato l'epitome del football man dei Seventies. Gli altri, specie i successori, potevano al massimo cercare di emularlo. Senza riuscirvi.

Immediatamente riconoscibile per il montone a doppiopetto, il borsalino (il fedora d'oltremanica) calcato sul davanti come a nascondersi dentro la nuova di fumo che usciva dall'immancabile sigaro, la mascella squadrata da duro del cinema. Aveva tutto per non passare inosservato, perché Malcolm Allison è stato l'archetipo del playboy manager. 

Solo in una cosa è stato uno dei tanti, un infortunio che ne ha accorciato la carriera di discreto centr'half di Charlton Athletic, West Ham United (soprattutto) e Romford. Nel suo caso, però, anche quello non poteva essere un banale incidente di gioco. No, era stata la tubercolosi che gli costò l'asportazione di un polmone. Non che questo abbia poi avuto effetti sulla sua voglia di smettere di fumare, anzi. 

Nato a Dartford, nel Kent, il 5 settembre 1927, comincia la sua seconda carriera nel 1960 come coach al Manchester City di Joe Mercer. E in tanti ritengono fosse "Big Mal" la mente dietro il decennio di successi che ne seguì, il più vincente nella storia del club pre-sceicchi: Second e First Division, FA Cup e League Cup, due Charity Shield e la Coppa delle Coppe 1970.

La reputazione di showman però era già ben consolidata quando arrivò al Crystal Palace nel 1973. Appena retrocesso dalla massima serie, il Palace era a caccia d'ispirazione oltre che di rilancio. Allison però non era l'uomo giusto, visto che nella sua prima stagione le Eagles precipitarono in Third Division.  «Big cigar, big hat, big mouth», lo ribattezzò un tifoso con la mirabile sintesi che solo la lingua inglese consente: sigarone, gran cappello, bocca bella larga. E si capisce perché, nonostante i pessimi risultati in campo, il fosse Palace fosse sempre sui giornali. Sempre per la ragione sbagliata.

Nell'aprile 1976, però, Allison portò la squadra in semifinale di FA Cup, persa 2-0 contro il Southampton. E i media, che già lo adoravano, ci sguazzavano. Lui per i riflettori sbavava e non mancava mai di metterci del suo: vedi la relazione con la pornstar Fiona Richmond, immortalata il mese dopo dai fotografi nella vasca dello spogliatoio assieme a lui e ai giocatori che festeggiavano non solo la fine della stagione. Allison quell'estate firmerà per il Galatasaray.

«Tanta gente nel calcio non ha tempo per la stampa, ma quelli sono dilettanti», una delle sue frasi-cult. Ai giorni nostri avrebbe fatto la fortuna dei tabloid e viceversa, ma all'epoca non era ancora così diffusa la kiss and tell culture, il fenomeno oggi dilagante del bacia (eufemismo) e corri a spifferarlo. Naturalmente dietro lauto compenso. Esagerato in tutto, Big Mal: anche nella prole (6 figli). O per faccia tosta: «John Bond (suo successore al Man City, nda) mi ha rovinato la reputazione con le sue insinuazioni dulla vita privata degli allenatori. Le mie due mogli se la sono presa».

Nel suo palmarès extra-calcio, diciamo così, fece epoca la storia segreta con Christine Keeler, modella e showgirl in seguito nota per il Profumo Affair, il sexy-scandalo che nel 1963 squassò il governo di Harold Macmillan. Keeler aveva una relazione clandestina con il Segretario di Stato per la Guerra, John Profumo, poi dimessosi «per motivi di salute», e al contempo era l'amante di Eugenij Ivanov, addetto navale dell'ambasciata russa e presunta spia sovietica. In piena guerra fredda, apriti cielo. 

Mai fatto mistero di amare champagne e belle donne, "Malcolm XXX" è stato uno Sven-Göran Eriksson ante litteram. E come per il più algido svedese la sua parabola di innovatore è stata una sinusoide impazzita di pochi zenit (Man City, poi il triplete portoghese allo Sporting Lisbona) e troppi nadir (debiti di gioco, sbronze colossali, polemiche velenose e "gite" in prigione). Quasi una legge del contrappasso la triste fine, arrivata a 83 anni da alcolista con demenza senile, il 14 ottobre 2010.

«Non sei un vero allenatore finché non sei stato esonerato», era una delle sue frasi a effetto. E in questo senso Malcolm Allison "vero allenatore" lo è stato. Pure troppo. Ma quando oggi in tv riconoscete certi finti showman della panchina, non dimenticate che sono solo una ridicola imitazione dell'originale. L'unico e solo Malcolm "Big Mal" Allison.


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